“Non una sola persona al mondo viene risparmiata dal duro impatto” del conflitto, spiega l’economista che ha portato il suo Global Social Business Summit a Torino. “Il mondo intero è sotto attacco da parte di un solo Paese”
L’economista e banchiere bengalese Muhammad Yunus, ideatore del microcredito moderno e premio Nobel per la pace nel 2006, ha partecipato alcuni giorni fa al Global Social Business Summit a Torino, nello spazio eventi La Centrale della Nuvola Lavazza. Ha riunito intorno a sé la comunità mondiale del social business per l’annuale evento da lui fondato nel 2009, per la prima volta in Italia. Presenti rappresentati di circa 45 Paesi del mondo e una cinquantina di organizzazioni internazionali – strutture di social business, Ong, università e aziende – con oltre 300 imprenditori sociali dai cinque continenti, che animeranno la due giorni insieme ad altri 150 partecipanti fra esponenti della politica e dell’economia globale, manager pubblici e privati, studiosi del settore ed esponenti delle istituzioni.
Zero disoccupazione, zero povertà e zero emissioni di carbonio. Come iniziare?
La chiave è l’individuo. Dobbiamo cambiare noi stessi per cambiare il mondo. Ogni singola persona sul pianeta contribuisce a tutti e tre questi megaproblemi, consapevolmente e inconsapevolmente, in maniera minuscola o gigantesca. Dobbiamo riconoscere che se portiamo il nostro contributo individuale a zero in ciascuno di essi – disoccupazione, povertà e riscaldamento globale – possiamo creare un mondo a tre zero. Noi di Three Zero Global Centre stiamo promuovendo un programma tra i giovani per creare dei club “tre zero”. L’impegno dei membri del club è quello di trasformarsi in persone “tre zero”, portando a zero il contributo di ciascuno alla disoccupazione, alla povertà e al riscaldamento globale. Dobbiamo continuare a lavorare su tutti i fronti, su quello imprenditoriale, su quello intellettuale e su quello governativo, per rendere più interessante la creazione e l’investimento nelle imprese sociali.
Come valuta la situazione della globalizzazione oggi alla luce della pandemia Covid-19 e della guerra in Ucraina?
Il Covid 19 ci ha fatto capire che non esiste un villaggio globale, il mondo è fatto di isole isolate. Quando le cose vanno male, tutti si danno da fare per prendersi cura di sé stessi. La guerra in Ucraina si è trasformata in una guerra all’umanità. Ha stravolto le nostre priorità. Le risorse stanziate per combattere il riscaldamento globale hanno dovuto essere dirottate verso i piani per prepararsi alla guerra. La sopravvivenza immediata è diventata più importante della sopravvivenza finale. Non una sola persona al mondo viene risparmiata dal duro impatto della guerra in Ucraina. In un certo senso è diventata una “guerra mondiale” unilaterale, il mondo intero è sotto attacco da parte di un solo Paese.
È ancora convinto che la globalizzazione faccia parte della natura umana?
Gli esseri umani sono orgogliosi della propria identità locale, oltre che di far parte di una comunità globale. Ma la parola “globalizzazione” viene da un’altra direzione. Viene dalla colonizzazione politica o dalla colonizzazione economica. Le relazioni disomogenee non dovrebbero essere chiamate globalizzazione. La globalizzazione dovrebbe essere basata sull’amicizia, sulla condivisione e sulla solidarietà. L’economia che massimizza il profitto non può raggiungere questo obiettivo. Il suo scopo è approfittare delle debolezze altrui, non aiutare a superare le debolezze. Questo è il business del social business. Il mondo futuro dovrebbe essere un mondo di social business.
Come si possono ridurre le disuguaglianze sociali in questo contesto?
L’attuale quadro economico ha un meccanismo incorporato che spinge la ricchezza verso l’alto. In questo sistema la concentrazione della ricchezza è riconosciuta come un successo. Di conseguenza, la stragrande maggioranza delle persone rimane in basso, senza ricchezza o con una ricchezza insignificante. Si tratta di un risultato ottenuto grazie alla progettazione del sistema, non di un suo fallimento. Per annullare la concentrazione della ricchezza dobbiamo costruire un nuovo sistema che inverta il processo: che porti e tenga sempre unite le persone e la ricchezza, e non crei un processo di continua distanza l’una dall’altra. L’inclusione del concetto di social business nel quadro economico sarà l’inizio di questo processo. Il quadro attuale non rappresenta la natura umana. È un sistema innaturale e artificiale. La natura umana si basa sulla condivisione e sulla cura, non sul possesso.