L’acquisizione della piattaforma da parte del magnate statunitense ha sollevato diverse critiche. Su tutte spiccano i principali investitori, come il fondo sovrano saudita, e i dubbi sulla cybersecurity. Twitter è una piattaforma che forma le opinioni di centinaia di milioni di persone, e dovrebbe essere trattata come un’infrastruttura critica
L’acquisto da parte del magnate statunitense Elon Musk della piattaforma Twitter ha attirato critiche ed entusiasmi. E le critiche non sono poche, come hanno riportato diverse testate specializzate tra cui DefenseOne, secondo cui i rischi dipendono sia dagli investitori che finanziano le iniziative di Musk, spesso provenienti da Paesi non democratici e che potrebbero quindi influire sulla libertà della piattaforma, ma non solo. A causa dei possibili licenziamenti del personale – negati da Musk ma ugualmente molto probabili – potrebbe diventare sempre più facile hackerare profili e diffondere fake news.
Rapporti con autocrazie
In primo luogo, la fortuna economica del miliardario dipende in larga parte da Tesla. Il gigante dell’automotive dipende fortemente dal mercato cinese, che rappresenta il 24% degli introiti, dove le vendite sono aumentate del 65% nell’ultimo anno (a differenza delle difficoltà incontrate nel resto del mondo), e dove Tesla assembla settantamila auto al mese nella gigafactory di Shanghai. Tradotto: un social network di portata globale è ora nelle mani di un uomo la cui fortuna dipende dai capricci di un Paese autoritario. Il Partito Comunista Cinese, per di più, non ha mai nascosto la propria attitudine a piegare gli interessi economici a quelli politici di governo.
Se ciò non bastasse, la carenza di investitori tech ha costretto Musk a far entrare nel deal diverse entità collegate a governi autoritari, tra cui i fondi sovrani dell’Arabia Saudita e del Qatar. Questi sono i due principali stakeholders, avendo investito rispettivamente 1.9 miliardi di dollari e 375 milioni.
Un problema per Twitter, già prima di possederla
In secondo luogo, dopo anni di wild west la piattaforma aveva iniziato a sviluppare policies di moderazione di contenuti. Magari non piacevano a tutti, ma erano un buon lavoro per limitare la diffusione di contenuti d’odio come quelli dei gruppi suprematisti bianchi, di gruppi terroristi come l’Isis, o campagne di disinformazione su larga scala, come quella collegata alla Russia durante la campagna elettorale di Donald Trump.
Da diversi anni Elon Musk ha abituato l’opinione pubblica a uscite quantomeno bizzarre, e non è un segreto che si opponga personalmente alla moderazione dei contenuti. Musk ha una lunga storia di pubblicazione di notizie poi rivelatesi false, per non parlare dei suoi messaggi privati, resi pubblici dalla causa per la vendita di Twitter, da cui si evince come il neo-proprietario della piattaforma sia abituato a violare consapevolmente le regole. Insomma, il miliardario era già un problema per Twitter quando ancora non aveva acquistato Twitter.
(In)sicurezza cibernetica
In terzo luogo, la sicurezza cibernetica. Violare i sistemi di Tesla è diventato letteralmente un rito di passaggio nelle conventions di hacker. Ogni volta che viene esposta una vulnerabilità, il magnate annuncia che interverrà, ma non è una cosa sana agire solo dopo che la notizia viene resa pubblica. La resistenza di un’azienda alle minacce cibernetiche dipende dal livello di attenzione che i suoi dirigenti assegnano alla questione. Oggi si parla moltissimo di guerra dell’informazione: immaginiamo che agenzie di intelligence conducano un attacco hacker sofisticato e su larga scala contro una una piattaforma che diffonde contenuti in tutto il mondo giocando un ruolo di primo piano nell’informare le coscienze di centinaia di milioni di persone. Effetti devastanti.
Per di più, la decisione di monetizzare il verification status apre nuovi modi per gli hacker di sfruttare la piattaforma. Visto che Twitter è una piattaforma molto usata per fini mediatici e per seguire situazioni in rapida evoluzione, se un utente decide di abbandonare la piattaforma per non pagare gli otto dollari (forse venti) richiesti, attori malintenzionati potrebbero prendere il controllo del profilo vacante, assumendo l’identità dell’utente reale e sfruttando la fiducia dei suoi followers. In pratica l’ennesimo coronamento del rischio di diffondere fake news.
Rientrare nei costi
Quarto, il valore azionario di Twitter è calato del quaranta per cento dall’offerta di Musk ad aprile 2022, e il risultato è che il miliardario ha sborsato molto più del suo reale valore (come peraltro dimostrato dai falliti tentativi di tirarsene fuori). Questo lo costringerà ad adottare misure per rientrare nei costi, tra cui licenziamenti di massa. I tagli del personale, che avverranno nonostante Musk dica il contrario, non aiuteranno a mantenere la qualità e l’efficacia dei team addetti alla sicurezza informatica. Inoltre renderanno l’azienda un bersaglio più appetibile per gli hackers.
Diversi studi hanno ormai da tempo evidenziato come la diffusione di informazioni false su canali come questo portino a oscillazioni gigantesche sui mercati, piuttosto che influenzare decisivamente un’elezione. Non è un caso che Dmitry Medvedev si sia congratulato con Musk dopo l’acquisizione: la piattaforma social è da considerare un’infrastruttura critica, e come tale andrebbe trattata.