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Lettera aperta a Giorgia Meloni sul patto sociale

Di Corrado De Rinaldis Saponaro e Luigi Tivelli

Lettera al presidente del Consiglio firmata dagli eredi della tradizione politico-culturale di Ugo La Malfa sin dal 1962 Corrado De Rinaldis Saponaro, segretario nazionale del Partito Repubblicano Italiano e Luigi Tivelli, presidente dell’Academy di politica e cultura Giovanni Spadolini

Illustre presidente Meloni,
siamo gli eredi di una tradizione politico-culturale che sin dal 1962 con Ugo La Malfa ministro del Bilancio ha proposto una forma di patto sociale accoppiata con una seria politica dei redditi. Un patto sociale non a caso varato nel 1993, nel quadro di una condizione economico finanziaria del Paese molto grave, con successo grazie anche al coinvolgimento delle parti sociali, al tempo dell’allora presidente del Consiglio Ciampi.

Ora Lei sa bene che il Paese versa in una situazione economico-finanziaria molto grave per vari aspetti, che Lei ben conosce, derivanti sia dal quadro europeo e internazionale, sia sul piano interno. Come Lei mostra di essere ben consapevole, l’eredità difficile e complessa che ha trovato non deriva solo dai problemi dell’immediato ieri e di oggi, ma da vari problemi che si sono accumulati nell’ultimo trentennio.

Basti pensare ad esempio che negli ultimi trent’anni la produttività è cresciuta di circa il 60% in Germania, del 27% in Francia e di circa il 5% in Italia e quindi non a caso siamo un Paese in cui i salari da allora sono sostanzialmente fermi, a differenza di quanto è avvenuto negli altri Paesi europei.

Credo che Lei abbia ben presente che questa grave condizione della produttività non dipende tanto dal sistema delle aziende quanto soprattutto risente di un settore pubblico inefficiente, e per certi versi obsoleto riguardo la produttività. Tra le altre eredità che il Paese ha davanti c’è il fardello del debito pubblico che si avvicina al 150% del Pil. Si potrebbero citare vari altri fattori economico-sociali, ma crediamo che bastino questi per evidenziare l’esigenza di un vero patto sociale promosso dal governo, con il coinvolgimento delle forze politiche e delle forze sociali, in un quadro di responsabilizzazione sui più gravi problemi del Paese, al fine di realizzare un vero patto sociale.

Il primo a proporlo, circa un anno e mezzo fa, è stato, all’assemblea di Confindustria, il presidente Bonomi e ricordiamo che, sempre in quella sede, l’allora presidente del consiglio, Mario Draghi, manifestò la volontà di fare propria questa proposta di patto sociale: ciò che nei fatti non avvenne (nonostante anche il segretario della Cisl Sbarra mostrò una sostanziale condivisione dell’idea) grazie alla serie di emergenze politiche ed economiche che conseguirono. Abbiamo apprezzato il fatto che tra i primi suoi atti di governo c’è stata una convocazione delle parti sociali – che dimostra una sua sensibilità a questo tipo di questioni – e pertanto riteniamo che a questo punto occorra una accelerazione per puntare a un patto sociale.

Solo con un vero patto sociale si può rispondere ai veri problemi economici e sociali del Paese, mentre la legge di bilancio cerca di offrire una risposta a fattori contingenti di politica economica a cui si è voluto far fronte, a cominciare dai sostegni per l’energia, nonostante certamente non si riveli adeguato nel disegno di legge il sostegno ad un fattore cruciale quale la ricerca e sviluppo ad opera delle imprese.

Ne citiamo solo alcuni per brevità, a cominciare ovviamente dall’esigenza di fare tutto il possibile per tenere sotto controllo l’inflazione: il troppo basso livello dei salari che pone problemi seri alle famiglie, tanto più in un quadro in cui l’inflazione riduce il potere d’acquisto dei salari stessi; l’esigenza di por mano finalmente ad una vera e seria politica attiva del lavoro, necessaria sia per dare valore aggiunto per quello che rimarrà del reddito di cittadinanza, sia per la ricollocazione dei lavoratori anche cinquantenni, sia per far fronte ai problemi della disoccupazione femminile e giovanile, sia per risolvere la questione della discrasia tra domanda ed offerta di lavoro e delle troppe ricerche di lavoro inevase; l’incidere ulteriormente, rispetto ai primi segnali emersi dall’ultima legge di bilancio, sul cuneo fiscale soprattutto a vantaggio dei lavoratori; recuperare una forma seria e moderna di politica industriale, che incentivi tra l’altro la ricerca e sviluppo delle imprese.

Tutte gravi questioni da tempo aperte e non risolte che incidono gravemente sulla condizione economica e sociale del Paese e che sono solo nel quadro di un vero patto sociale basato su un forte senso di responsabilità nazionale di tutti gli attori in campo, si possono sicuramente affrontare e risolvere.

Non abbiamo ricordato tra l’altro che come Lei sa l’Italia soffre di una grave malattia della crescita da più di venticinque anni e con la sua media di 0,… si colloca sostanzialmente al livello più basso dei Paesi europei. Purtroppo anche nel 2023 torneremo ad uno 0,… e solo con un patto sociale si potrebbe finalmente sostenere una vera crescita creando anche un ambiente favorevole all’attuazione del Pnrr.

Altri fattori, aspetti e questioni potremmo elencare, ma ci fermiamo qui ritenendo che gli aspetti evidenziati motivino con forza la necessità del patto sociale, che solo grazie ad una sua coraggiosa assunzione di responsabilità (caratteristiche che non le mancano affatto) potrà essere avviato, previo confronto e coinvolgimento dei vari attori in campo e finalmente varato nell’interesse superiore del Paese.

 

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