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Pessimismo e sicurezza nazionale, un paradigma da cambiare

Di Antonino Vaccaro

Cambiare il paradigma sub-culturale della lamentela a tutti i costi è un dovere civile che riguarda tutti noi, per il bene del nostro Paese nell’immediatezza di una situazione internazionale assai complicata. L’intervento di Antonino Vaccaro, professore ordinario e direttore del Center for Business in Society presso lo Iese Business School di Barcellona, presidente della commissione per l’internazionalizzazione della Società italiana di Intelligence

Durante gli ultimi tempi ho avuto il piacere di svolgere alcuni seminari divulgativi in Italia. È stata per me una bella opportunità per confrontarmi con studenti universitari, imprenditori e manager.

Ho deciso, non a caso, di cominciare queste interessanti chiacchierate sottoponendo ai partecipanti due quesiti. Il primo, riguardava le statistiche sulle rapine in Europa. Ho elencato i nomi di 10 Paesi europei e ho chiesto ai partecipanti di identificare i tre Paesi con il più alto numero di rapine pro-capite nel 2020. Il lettore intuirà facilmente che l’Italia è stata menzionata da oltre il 90% dei partecipanti nella “triade nera” dei Paesi europei con il più alto tasso di rapine.

Ho poi chiesto ai partecipanti di identificare i tre paesi europei con il più alto numero di omicidi pro-capite nel 2020, fornendo previamente una lista di 10 paesi europei. Ancora una volta l’Italia è stata identificata da oltre il 90% dei partecipanti tra i tre Paesi con i livelli più alti per numero di omicidi pro-capite.

Basta dare uno sguardo ai documenti dell’Eurostat per verificare la visione erronea e grandemente pessimista dei rispondenti italiani. I primi tre paesi per numero di rapine pro-capite sono rispettivamente il Belgio, il Portogallo e la Spagna con valori quasi tripli rispetto quelli italiani. L’Italia è al nono posto.

Andando a guardare le statistiche sugli omicidi, si scopre che l’Italia è in fondo alla classifica, guidata da Latvia, Lituania ed Estonia. I dati sugli omicidi mostrano che l’Italia è molto più sicura della maggior parte dei Paesi europei, tra cui la Spagna, la Francia, l’Austria, i Paesi Bassi e persino la Svizzera (anche se non fa parte dell’Ue).

Potrei continuare con decine e decine di esempi in cui constato giornalmente che le percezioni degli italiani riguardo la situazione nazionale sono ben più pessimiste rispetto la realtà oggettiva dei fatti.

È difficile per me identificare precisamente la causa principale di tale fenomeno. Certamente, parecchi media italiani, interessati al sensazionalismo populista, giocano un ruolo rilevante. C’è poi l’aspetto culturale. Diciamolo pure: fa purtroppo parte del nostro bagaglio (sub-) culturale l’abitudine alla lamentela.

Ci sono due ordini di problemi relazionati al pessimismo italiano che hanno un impatto sul futuro del nostro Paese e che, a tutti gli effetti, riguardano la sicurezza nazionale.

Il primo problema è che a una visione pessimista conseguono scelte miopi di individui e organizzazioni italiane che vedono nell’estero la terra promessa. Le conseguenze sono evidenti: investimenti mancati, imprenditori e professionisti che vanno all’estero perdendo le enormi opportunità offerte dal nostro Paese.

Il secondo problema è che tale percezione pessimista è utilizzata dalla stampa internazionale per screditare l’Italia, descritta persistentemente come un paese insicuro, culturalmente e socialmente retrogrado, vittima delle mafie, e non caso uso il plurale.

Vorrei essere molto chiaro: ogni qualvolta descriviamo l’Italia come un Paese peggiore di quello che è in realtà, forniamo un assist a chi ha interesse a distruggere il made in Italy, un simbolo di eccellenza che il nostro Paese ha conquistato con decenni di eccellente lavoro. Il danno riguarda per esempio, ma non solo, i potenziali investimenti esteri e la crescita del nostro export, che, ricordiamolo, nel 2022 raggiungerà i 600 miliardi di euro.

Bisogna fare attenzione: sono tanti i Paesi europei, e i comparti esteri che hanno enormi interessi ad attaccare la reputazione della nostra tradizione culturale e sociale, delle nostre aziende, dei nostri prodotti, dei nostri servizi e persino delle Istituzioni nazionali. Basta leggere con attenzione un po’ di quotidiani stranieri per constatare quanto l’immagine tanto stereotipata quanto erronea dell’Italia “mafia, pizza e mandolino” torni utile a molti e da tanti è utilizzata per compiere attacchi ben mirati al nostro Paese.

Vale la pena ricordare, per esempio, le decine di articoli della stampa internazionale che durante i mesi estivi hanno attaccato il nostro paese al fine di ridurre proprio quei flussi turistici che adesso stanno sostenendo la crescita della nostra economia nazionale in un contesto internazionale assai difficile e complesso.

Ovviamente, il mito della criminalità in Italia è strategicamente e persistentemente utilizzato dalla stampa estera come freno al turismo nostrano. Le percezioni erronee riguardo la criminalità nostrana vengono così ben amplificate e distorte dalla stampa straniera con conseguenze ben intuibili. Qualche tempo fa, un conoscente, che ha vissuto tutta la vita a Barcellona, mi chiedeva se potesse essere pericoloso trascorrere un week end a Napoli. “Non è che mi sparano per errore?”, mi ha chiesto. Sono stato costretto a passargli un po’ di statistiche per mostrargli che, de facto, Barcellona è ben più pericolosa di Napoli, basta guardare gli sconcertanti dati della capitale catalana relativi alle violenze sessuali, ai furti con violenza o intimidazione e al traffico di stupefacenti.

Ma torniamo agli attacchi reputazionali contro l’Italia. Quest’estate abbiamo osservato delle innovazioni degne di un film di Totò: i giornali tedeschi e inglesi, non sapendo più cosa inventarsi, hanno invocato persino la questione della siccità per consigliare, cito letteralmente “di non buttarsi nel Lago di Garda perché il livello dell’acqua è così basso che potresti facilmente sbattere la testa”. Fatto sta che gli albergatori trentini e veneti hanno ricevuto surreali telefonate di tanti clienti stranieri preoccupati che il lago di Garda fosse evaporato completamente.

Umorismo a parte, quello che mi preoccupa è il registro persistentemente pessimista con cui ci accaniamo a descrivere la situazione nazionale; non basta nemmeno un 3.9% di crescita acquisita nei primi tre trimestri del 2022, l’export in crescita, i dati sull’occupazione con 46 mila occupati in più a settembre e il turismo che ha fatto numeri da record.

Come ho già scritto in questa testata, cambiare il paradigma sub-culturale della lamentela a tutti i costi è un dovere civile che riguarda tutti noi, per il bene del nostro Paese nell’immediatezza di una situazione internazionale assai complicata e nella prospettiva di un futuro pieno di incertezze. A buon intenditor poche parole.

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