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Phisikk du role – Il nuovo Cencelli. La classifica dei ministeri nell’era giorgiana

L’alacre Manuale Cencelli studiò il sistema di divisione per fasce omogenee dei ministeri, attribuendo un valore diverso secondo il peso politico, la possibilità di spesa, il prestigio interno ed estero, la capacità di produrre consenso. Ecco quelli del nuovo governo che posto occupano, per ora. La rubrica di Pino Pisicchio

Una premessa per le vaste generazioni degli inconsapevoli, che ad ogni cambio di governo sentono parlare di uno strano manuale, il Cencelli, introvabile nelle librerie della Repubblica.

Massimiliano Cencelli, oggi gagliardo ottantaseienne, è stato un funzionario della Democrazia Cristiana passato alla Storia come autore, appunto, del Manuale che porta il suo nome. Il funzionario diccì deve la sua notorietà alla consacrazione giornalistica provocata dal cronista parlamentare Roberto Venditti che rese noto al mondo la sua invenzione, adesso la chiameremmo “algoritmo”, per la distribuzione del potere interno alla DC. In realtà fu la sublimazione della logica proporzionale: la corrente di X vale il 10%? Vorrà dire che avrà diritto al 10% del potere attribuito alla DC; quell’altra, più grossa, di Y, vale il 20? Avrà il 20 e così via. Gioco pulito, al punto da essere adottato anche per la distribuzione dei pani e dei pesci tra i partiti alleati. Bene, quando il valore del potere è chiaro e divisibile in percentuale. Ma come si fa, per esempio, coi ministeri? Può essere mai che il ministro dell’Economia valga come quello dello Sport? Evidentemente no: già allora i sapienti democristiani ben sapevano che uno non vale mai uno. E dunque che si fa? Ecco che l’alacre Cencelli studiò il sistema di divisione per fasce omogenee dei ministeri, attribuendo un valore diverso secondo il peso politico, la possibilità di spesa, il prestigio interno ed estero, la capacità di produrre consenso, eccetera.

Così nella fascia alta si trovavano gli Esteri, i vari ministeri economici (Bilancio, Tesoro, Finanze, quello che oggi si chiama Attività produttive), le Poste (grandissimo bacino elettorale), l’Agricoltura (altro bacino di voti). Nella fascia intermedia la Difesa (che in tempo di pace aveva peso solo per l’industria collegata, ma lì bisognava dividere le competenze con altri dicasteri), l’Istruzione, i Lavori Pubblici, il Lavoro (fonte di problemi coi sindacati e con il padronato), i Trasporti, la Sanità. Nella terza fascia tutti gli altri, quelli senza portafoglio e quelli con il portafoglio scarso: la riforma della Pubblica amministrazione, lo Sport, la Cultura, la Famiglia (quando c’era, il ministero, intendo), i rapporti con l’Europa, le Regioni, l’Ambiente e via dicendo. Più o meno il Cencelli ha fatto sempre da guida nei decenni che ci separano dall’alba degli anni ’80, almeno fino a quando i contesti non si sono troppo mutati.

Ma oggi può essere ancora citato con la stessa autorevolezza di quel tempo? Beh, qualcosa è cambiato nella hit dei ministeri. Se l’Economia è rimasta saldamente nell’empireo ministeriale, insieme al ministero dell’Interno, così non può dirsi per altri. Il prestigiosissimo ministero degli Esteri, per esempio, competenza che veniva riservata ai capi di partito e agli ex presidenti del Consiglio, oggi certamente non ha perso il suo alone presigioso ma, in un tempo in cui i capi di governo dialogano direttamente e si scambiano i regali di Natale tra le famigliole, e il lavoro di routine lo fanno i diplomatici, tutto sommato ha smarrito almeno una parte dell’appeal d’un tempo.

In salita è il ministero degli Affari Europei: Bruxelles è la vera fonte delle risorse nazionali, soprattutto dopo la stagione del Pnrr; è sicuramente di fascia A il ministero dell’Ambiente, per ovvie e comprensibili ragioni che sono sotto gli occhi (sopra la testa e sotto i piedi) di tutti; così come risale la Salute con l’ascensore del Covid. È il grande tempo del ministero della Difesa, con l’aria che tira in giro per il mondo e persino il ministero della Pubblica amministrazione trova un posto nella classifica più alta nella speranza di rendersi indispensabile. Infrastrutture e Trasporti hanno un buon rilancio.

Restano poi i “ribattezzati”: “Imprese e made in Italy” (con la Comunicazione dentro), Istruzione e “merito”, Agricoltura e “Sovranità alimentare”, Protezione Civile e “Politiche del mare”. Qualche spaesamento per il nostro Cencelli è inevitabile. Diciamo che la posizione se la devono guadagnare. Come diceva quella canzone di Jo Squillo se “oltre il nome c’è di più”.

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