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Prima guida alla politica estera del governo Meloni

Di Francesco De Palo ed Emanuele Rossi

Ue, Nato, Bali: dalla fisiologica esigenza di “fare le presentazioni”, ora Giorgia Meloni (con il contributo non secondario di Tajani e Crosetto) dovrà programmare e agire sui versanti primari come Balcani, Mediterraneo, Medio Oriente e Nord Africa, ovvero i raggi della politica estera italiana. Su Formiche.net analizzeremo i più importanti dossier internazionali del governo insieme a esperti, diplomatici e accademici

In soli 25 giorni Giorgia Meloni, dopo il giuramento, è stata impegnata in un calendario internazionale molto intenso, tra viaggio in Ue, vertice Nato con Stoltenberg e G20. Si apre adesso una fase in cui, a bocce ferme (ma non troppo vista la contingenza delle emergenze internazionali) è possibile distendere la politica estera del governo nelle aree maggiormente strategiche, come Balcani, Mediterraneo, Mena dove l’Italia deve individuare priorità ed obiettivi strategici per recitare un ruolo e andare, dove possibile, a dama.

Tandem Tajani-Crosetto

Il primo raggio della politica estera italiana si trova sulla dorsale balcanica. L’attivismo del ministro degli esteri Antonio Tajani, al di là della sua recente proposta di un piano Marshall da 100 miliardi per Africa e Balcani, si sposa con la rilevanza primaria di queste due aree, dove si materializza l’intreccio tra più dossier, tutti fondamentali. Immigrazione, energia e geopolitica sono inevitabilmente legati a doppia mandata: da questa consapevolezza il governo potrà partire per le azioni mirate che andranno costruite. Non a caso la visita in tandem di Tajani e Crosetto nell’area balcanica serba e kosovara interessata dalle note tensioni, dà la cifra di quanto essa sia fondamentale per gli interessi italiani, sia tarati sulle relazioni complessive verso le aree interessate dall’allargamento dell’Ue a est, sia esplicitati in specifici progetti (come energia e acqua).

Libia

La Libia non può rappresentare un capitolo secondario, per una serie di ragioni ovvie. La continua mancanza di stabilità al quadro libico produce danni sia sul dossier immigrazione che su quello energetico e geopolitico. Gli scontri tra fazioni rivali sono alla base della destabilizzazione a Tripoli da parte dei fedelissimi di Bashaga, al fine di estromettere Dabaiba, ma il paese resta frammentato in governi rivali, al pari dei players stranieri sulla tattica da adottare. L’Egitto contesta, con la Grecia, l’accordo turco libico per la zee marittima, tramite il quale Dabaiba che rafforza il fil rouge con Ankara mentre il nuovo inviato delle Nazioni Unite, l’ex ministro senegalese Abdulaye Bathily, deve prendere le misure del dossier.

L’incapacità di uscire dallo stallo politico aumenta i rischia di una guerra civile con la diplomazia che fatica a incidere e a orientare la barra verso le elezioni.

Sponda sud

Il governo italiano ha messo tra i vari obiettivi di politica internazionale la sponda sud, e d’altronde non poteva venire meno a un impegno che la geomorfologia nazionale rende imprescindibile. La forma della penisola, naturale portaerei piazzata all’interno del Mediterraneo, rende Roma il centro di dinamiche geostrategiche. La proiezione verso l’Africa è parte di uno spontaneo slancio. I piani non sono ancora definiti pubblicamente, ma diverse sono state le dichiarazioni di interessamento nell’aumentare la presenza (in termini di quantità e qualità) all’interno di un continente che segna in parte, in futuro segnerà anche maggiormente, le dinamiche europee.

La sponda nordafricana è il primo approdo. Meloni si è già mossa attraverso gli incontri con il leader egiziano, Abdel Fattah al Sisi, e quello algerino, Abdelmadjid Tebboune, trovando diversi punti di contatto a cominciare dal cruciale tema della sicurezza energetica (che per l’Italia tocca entrambi i dossier). Contemporaneamente anche il dossier libico è stato dinamizzato attraverso le riunioni europee del ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha invitato al rinnovo della missioni “Irini” – vettore fondamentale per la stabilizzazione del Paese, poiché monitora, sotto comando italiano, l’afflusso di armi in violazione dell’embargo Onu, a maggior ragione adesso, momento delicatissimo che rischia di sfociare in nuovi scontri.

Sfide

Altri incontri potrebbero arrivare a breve, con i membri del governo che avranno contatti con alcuni dei leader del Sahel, altra area di profondo interesse per l’Italia e dove si stanno moltiplicando problematiche securitarie che segnano anche i limiti dell’approccio tenuto finora dall’Europa con la regione. Davanti alla multidimensionalità delle sfide che Roma ha davanti, restano in piedi anche le opportunità. Dal Golfo per esempio è arrivata una chiara manifestazione di interesse rispetto ai risultati elettorali, con le congratulazioni esplicite a Meloni inviate da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar. Tre nazioni in forte sviluppo che rappresentano altre sponde per la proiezione italiana nel confine orientale del Mediterraneo allargato.

Restano le parole espresse in una delle fasi finali del G20, quando Meloni ha detto: “Io credo che questo governo debba avere l’ambizione di ragionare di strategia”, aggiungendo che il suo esecutivo può contare su maggioranze più certe dei precedenti e dunque essere più in grado di sviluppare una visione senza la necessità di “rincorrere l’emergenza”.

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