L’evento sportivo, che comincerà il 20 novembre, è da record: superate ampiamente le entrate rispetto al precedente in Russia nel 2018. Si parla di un flusso di circa 6,4 miliardi di dollari, ad oggi. Il bilancio di Bloomberg e il caso delle birre nascoste
Quest’edizione dei Mondiali di calcio in Qatar è segnata dall’inizio dalle controversie. In Italia, persino il comico e presentatore Fiorello si è scagliato contro l’evento, che comincerà il 20 novembre, invitando al boicottaggio: “Noi abbiamo bloccato il nostro campionato, il campionato più bello del mondo, per dare spazio ai Mondiali in Qatar. Un Paese che non è tradizionalmente calcistico. Quando mai in Qatar hanno giocato a pallone? […] Si dovrebbero ritirare tutti da questo Mondiale. Un Paese dove tutti gli abitanti, ‘i qataresi’ sul loro zerbino hanno scritto ‘Diritti umani’. E loro li calpestano ogni giorno”.
La verità è che nonostante le accuse e le polemiche per la situazione dei diritti umani, e le morti sul lavoro durante la costruzione delle strutture che ospiteranno le partite, gli affari dei Mondiali in Qatar sono da record.
Secondo l’agenzia Bloomberg, si parla di entrate maggiori di quelle generate dall’edizione precedente in Russia nel 2018: circa 5,4 miliardi di dollari. La Fifa ha venduto i diritti di trasmissione, circa 240.000 pacchetti di ospitalità e quasi tre milioni di biglietti per l’evento. Si prevede che la Fifa riuscirà a superare l’obiettivo di 6,4 miliardi di dollari per il periodo 2019-2022. In quanto al marketing, tra pochi marchi sponsor come Adidas e Coca-Cola, nel periodo tra il 2019-2022 le attività legate alla Coppa del Mondo produrranno più di 1,8 miliardi di dollari.
Uno degli sponsor della Fifa che si trova in difficoltà è il produttore di birra Budweiser. Budweiser paga circa 75 milioni di dollari per associarsi ai Mondiali di calcio ogni quattro anni. A solo una settimana dall’inizio dell’evento è arrivato l’ordine delle autorità del Qatar di spostare i tendoni per la vendita delle birre in luoghi meno accessibili (e visibili) allo stadio. La richiesta, secondo il quotidiano The New York Times, è arrivata sabato scorso direttamente dalla famiglia reale.
La scelta di spostare i punti vendita sarebbe originata dal timore che la presenza di bibite alcoliche potesse attentare contro la sicurezza e la stabilità della popolazione locale. L’alcol non è vietato in Qatar, ma la vendita è limitata ai bar di alcuni hotel. “Le misure che limitano il marchio Budweiser o colpiscono la capacità di vendere i loro prodotti potrebbe complicare il rapporto della Fifa con un socio potente, per non parlare del rapporto contrattuale tra birrerie, l’organizzazione principale e gli organizzatori dei Mondiali del Qatar”, si legge sul NYT.
“L’aumento delle entrate arriva nonostante la preoccupazione che alcuni fan e sponsor boicottino l’evento – si legge su Bloomberg -, in gran parte a causa del trattamento riservato dal Qatar ai lavoratori migranti che hanno contribuito a costruire gli stadi e le infrastrutture necessarie per mettere in scena il più grande spettacolo sportivo del mondo”.
Il Qatar ha anche suscitato la rabbia di diversi organismi calcistici, gruppi di tifosi e politici per il suo atteggiamento nei confronti dell’omosessualità, che è ufficialmente illegale nello stato del Golfo. Khalid Salman, ex membro della squadra nazionale di calcio del Qatar e ambasciatore dei Mondiali 2022, è stato condannato quando questo mese ha descritto l’omosessualità come un “danno mentale”.
Minal Modha, responsabile della ricerca sui consumatori all’Ampere Analysis, ha ricordato che molti dei contratti che riguardano questo evento sono stati firmati anni fa, “quando la portata delle questioni relative ai diritti umani potrebbe non essere stata così ben documentata. Il vero indicatore sarà l’impatto che questo torneo avrà sulle entrate future”.
Intanto, il Qatar continua a stanziare risorse per espandere l’influenza nella regione. Ci si aspetta che nei prossimi anni saranno investiti per questo fine circa 17 miliardi di dollari; meno di quanto era previsto inizialmente a causa della crisi economica globale.