Rapporto tra uomo e macchina, implicazioni filosofiche e giuridiche dell’intelligenza artificiale e conseguenze economiche. Questi i temi trattati durante il convegno “L’intelligenza artificiale: distingue frequenter. Come giungere a una comunanza etica nella società del pluralismo” tenutosi all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, Cortile dei Gentili
Rapporto tra uomo e macchina, implicazioni filosofiche e giuridiche dell’intelligenza artificiale e conseguenze economiche. Questi i temi trattati durante il convegno “L’intelligenza artificiale: distingue frequenter. Come giungere a una comunanza etica nella società del pluralismo” tenutosi giovedì 24 novembre presso l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, Cortile dei Gentili. Qui il video integrale.
Ospiti dell’incontro l’Ambasciatore Francesco Di Nitto, Ambasciatore italiano presso la Santa Sede, il Cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della cultura, il Cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, professor Giovanni Maria Flick, giurista, già presidente della Corte costituzionale, Marco Magnani, professore di international economics presso la Luiss Guido Carli, Laura Palazzani, filosofa del diritto ed esperta di bioetica, Antonella Sciarrone Alibrandi, professore di diritto dell’economia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, Monsignor Carlo Maria Polvani, sotto-segretario aggiunto della Segreteria di Stato Vaticana, e il moderatore Giuliano Amato, giurista, già presidente della Corte costituzionale e presidente del Consiglio dei Ministri.
Non esiste democrazia senza pluralismo, e non esiste pluralismo senza diversità. Quella diversità che il linguaggio unico digitale rischia di eliminare, in una moderna torre di babele che illude l’uomo di potersi rendere artefice, dimenticando di essere creatura e non creatore. Flick apre così l’incontro. La computazione avanzata spinge l’uomo verso l’infinito, verso il superamento di limiti inimmaginabili. L’intelligenza artificiale pone seri rischi etici quando viene applicata su processi produttivi che tendono al controllo e all’organizzazione del comportamento umano.
Il monito del professore è: tenete a mente che le Colonne d’Ercole sono state semplicemente spostate più in avanti, ma non sono state eliminate. L’essere umano non può essere sostituito dalla macchina, che non è in grado di cogliere la componente relazionale che rende umano l’uomo. L’umanità è fatta di relazioni sociali, affettive, politiche, culturali.
Di simile avviso è la professoressa Sciarrone, la quale ricorda con il suo intervento come il tema dell’intelligenza artificiale sia impossibile da affrontare senza un approccio interdisciplinare. L’oratrice si concentra sulla necessità per l’Unione Europea di normare la questione non scadendo nella facile tentazione delle regole a compartimenti stagni verticali, ma con criterio trasversale. Ad oggi l’Ue si fa bandiera della regolamentazione etica dell’innovazione tecnologica, identificando quelli che sono gli applicativi più o meno rischiosi, in termini di minaccia alla tutela dei diritti umani di base. Senza trascurare la tutela degli interessi cogenti, è dunque importante non consentire che la protezione di questi stessi interessi scada nella rigidità attuale.
Il professor Magnani apre il suo intervento ricordando come le macchine cosiddette “intelligenti” siano in realtà “efficienti”, nel senso di rimanere ad ogni modo sistemi incapaci di pensare fuori da regole precostituite. A tal proposito, il punto di singolarità – il momento del superamento delle macchine sull’uomo – verrà raggiunto non tanto per l’avanzamento tecnologico, ma per l’arretramento dell’essere umano.
Magnani identifica tre stadi dell’innovazione tecnologica, basati sulla dialettica tra uomo-macchina-finalità. Nel remoto passato l’uomo utilizzava lo strumento (l’aratro) per una finalità che aveva chiara in mente. Durante le rivoluzioni industriali si è arrivati allo strumento che sostituisce l’uomo, ma non ancora la finalità, che è sempre decisa dall’essere umano (aumentare la produzione). Oggi l’interrogativo che ci si pone è se l’intelligenza artificiale possa andare a sostituire anche l’ultimo elemento, l’obiettivo, dato che l’algoritmo si migliora costantemente fino a raggiungere una potenziale autonomia.
Da un punto di vista economico, il vuoto legislativo causato dalla fisiologica lentezza del diritto è causa di insicurezza per l’imprenditore. D’altra parte, il lavoro che l’Unione Europea svolge, nel tentare di armonizzare l’etica con la tecnica, è unico nel mondo.
Tutte le innovazioni hanno sempre prodotto crescita e occupazione, tenuto conto dei necessari aggiustamenti temporali. Oggi potrebbe non essere più così, almeno per quanto riguarda l’occupazione. Il lavoro, che è storicamente stato il mezzo di redistribuzione della ricchezza (pur con tutti i limiti del caso) perde centralità, a causa di distorsioni mai verificatesi prima d’ora.
Tradotto. L’intelligenza artificiale richiede una grandissima intensità di capitale e un lavoro ad alta intensità di competenze. In questo senso, torna utile l’immagine di una società del lavoro piramidale, con al vertice un’oligarchia tecnologica e alla base quelli che sono stati definiti degli “impersonal servers”, mentre al centro si rischia di avere un enorme classe media di in-utili. Con conseguenze di disuguaglianza sociale ed economica molto gravi.
In ogni caso, il luddismo non ha mai funzionato, come ci insegnava già Ricardo. Occorre adottare un approccio non sostitutivo, ma collaborativo. Occorre far sì che la tecnologia sia strumento dell’essere umano e non fine.