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Reclusi in fabbrica per il Covid. Scontri nella più grande fabbrica di iPhone in Cina

Foxconn

I dipendenti della fabbrica di Foxconn Technology Group a Zhengzhou stanno protestando per i ritardi sulle paghe promesse dall’azienda e sulle condizioni igienico-sanitarie in cui lavorano. L’episodio rimarca la situazione dei lavoratori cinesi, peggiorata dalle politiche di zero-Covid

Il più grande sito di assemblaggio di iPhone, situato nella città cinese di Zhengzhou, è stato il teatro di scontri tra i lavoratori e le forze di polizia. La fabbrica di Foxconn Technology Group, che impiega più di duecentomila persone, è stata oggetto di rigide misure anti-Covid per diverse settimane. All’origine delle proteste sembra esserci il ritardo dell’erogazione del bonus promesso ai dipendenti neo-assunti per riempire i posti vacanti a causa del Covid, oltre alle condizioni sanitarie a cui sono sottoposti i lavoratori.

I video ripresi dai media locali riportano scene di scontri violenti tra manganellate, lanci di bottiglie e incendi appiccati dentro al compound della fabbrica. La protesta sembra essere partita da un dormitorio vicino alla struttura e si è rapidamente espansa ad altri edifici di ricovero dei lavoratori.

La Foxconn ha emesso un comunicato in cui certifica il motivo delle proteste e aggiunge di avere sempre onorato i propri obblighi contrattuali sugli stipendi e che migliorerà la comunicazione con gli impiegati e con il governo per evitare il ripetersi di simili incidenti. Un dipendente della ditta, intervistato dal Wall Street Journal, ha riferito come nel campus dove vivono i lavoratori non esistano più servizi di base come la distribuzione del cibo.

Apple non ha voluto fare commenti sulla protesta, ma ha annunciato lo scorso mese che le forniture dei modelli più recenti di iPhone sarebbero diminuite a causa delle interruzioni nella produzione. L’ottanta per cento degli iPhone 14 viene assemblato nella fabbrica Foxconn di Zhengzhou. Inoltre la stessa Apple aveva recentemente invitato i fornitori a spostare la produzione fuori dalla Cina, anche a causa delle regole pandemiche particolarmente rigide.

Per questo la Foxconn aveva iniziato la politica dell’elargire bonus ai nuovi ingressi, in una mossa per tentare di aumentare la produzione dopo le decine di migliaia di lavoratori messi in quarantena. Oltretutto, moltissimi dipendenti fuggivano perché si era sparsa la voce che l’azienda facesse lavorare anche gli infetti per mantenere i ritmi di produzione, o comunque li mantenesse nei dormitori comuni. Cose che Foxconn ha negato.

Il numero di casi Covid nella provincia di Henan è in calo, ma l’episodio rimarca nuovamente le condizioni a cui sono sottoposti i lavoratori nella Repubblica Popolare Cinese.

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