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Tra diritto di soggiorno e diritto alla salute. La sentenza Ue secondo l’avvocato Vincenzo Salvatore

Di Vincenzo Salvatore

Indipendentemente dalla natura regolare o irregolare del soggiorno di un cittadino di uno Stato terzo in uno Stato membro, se il cittadino ha bisogno di terapie che non possono essergli somministrate nello Stato di destinazione le esigenze di tutela della salute devono prevalere. Il commento alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea di Vincenzo Salvatore, avvocato e leader del Focus Team Healthcare e Life Sciences di BonelliErede

Una importante pronuncia, quella della Corte di Giustizia dell’Unione europea sulla prevalenza che deve essere accordata alla tutela del diritto alla salute rispetto all’esecuzione di un provvedimento di allontanamento di un cittadino di uno Stato terzo, affetto da una grave malattia, il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro sia irregolare.

La vicenda tra origine dal rinvio per interpretazione pregiudiziale promosso da un tribunale olandese adito da un cittadino russo, nei cui confronti era stato emanato un provvedimento di rimpatrio ad esito del non accoglimento di reiterate domande di asilo. Fra le censure sollevate dal ricorrente, la contrarietà del provvedimento impugnato rispetto sia alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cedu), sia alle disposizioni contenute nella direttiva 2008/115/CE, che reca norme e procedure applicabili ai cittadini di paesi terzi irregolarmente presenti sul territorio di uno Stato membro.

In particolare, il cittadino russo lamentava la violazione del diritto a non essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti, in quanto l’eventuale esecuzione del provvedimento di rimpatrio l’avrebbe esposto ad un rischio reale di un aumento rapido, significativo e irrimediabile del dolore derivante dalla propria patologia, a causa dell’indisponibilità di cure adeguate nel paese di destinazione. Il cittadino russo, affetto da una grave forma di tumore del sangue, causa di grandi dolori, beneficia infatti nei Paesi Bassi di un trattamento analgesico a base di cannabis terapeutica, terapia non disponibile in Russia.

L’impossibilità di accedere a tale terapia nel paese di destinazione – e quindi di alleviare i dolori lancinanti causati dalla malattia – lo avrebbe conseguentemente privato della possibilità di condurre una vita dignitosa, se la terapia somministrata nel paese ospitante venisse interrotta. Nel bilanciamento degli interessi in gioco, la Corte non ha escluso che l’autorità nazionale competente possa adottare un provvedimento di rimpatrio nei confronti di un cittadino di uno stato terzo il cui soggiorno in uno Stato membro sia irregolare ma – e questo è il principio che viene scolpito dalla sentenza – afferma che ciò potrà avvenire solo dopo aver preso adeguatamente in considerazione le sue condizioni di salute.

In altri termini, indipendentemente dalla natura regolare o irregolare del soggiorno di un cittadino di uno Stato terzo in uno Stato membro, se il cittadino ha bisogno di terapie che non possono essergli somministrate nello Stato di destinazione, ovvero se le cure disponibili nello Stato di destinazione possono aggravare o deteriorare le condizioni di salute, anche per quanto riguarda le ripercussioni nella vita di relazione, le esigenze di tutela della salute devono prevalere sull’esecuzione di una decisione di allontanamento, non potendo lo Stato ospitante eseguire un provvedimento di rimpatrio.

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