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Sussidi alle industrie europee. Così si tenta di rincorrere Usa e Cina

Se vuole evitare di scomparire di fronte alla competizione cinese e statunitense, l’Unione europea deve erogare sussidi industriali come fanno i competitor. Perfino la Germania, Paese storicamente contrario a questo tipo di interventi, lo ha capito e si sta muovendo

L’Unione europea starebbe lavorando a uno schema di emergenza per erogare sussidi alle industrie ad alta tecnologia tramite il fondo di sovranità europeo, di cui la presidente Ursula von der Leyen ha parlato durante il discorso sullo stato dell’Unione. La mossa, rivelata da Politico, arriva nell’allarme generale suonato in questi mesi a Bruxelles dopo che diversi politici e funzionari hanno accusato le misure protezionistiche statunitensi, contenute nel Green Deal approvato a fine estate, di svantaggiare i concorrenti europei.

Il cosiddetto Inflation Reduction Act (Ira) americano era già stato criticato dagli europei per il suo “buy American”, che consisteva in una serie di incentivi principalmente nel settore automotive a cui possono accedere anche le aziende canadesi e messicane, ma non quelle europee. Dal 2023 è previsto uno schema di sussidi del valore di $369 miliardi per supportare l’industria green.

La mossa potrebbe spostare gli investimenti di settore più verso gli Usa che non verso l’Europa. Lunedì il Commissario Europeo Thierry Breton ha affermato che il pacchetto di sussidi pone una “sfida esistenziale” all’economica europea. Il rischio è che i settori europei più ad alto valore, come aerospazio o industria delle rinnovabili, vengano completamente travolte da una competizione inarrivabile.

Gli osservatori più liberisti fanno notare che una corsa ai sussidi potrebbe risultare in un ulteriore aumento dell’inflazione nell’eurozona, oltre a premiare potenzialmente le aziende più brave a fare lobbying piuttosto che quelle innovative. Tuttavia, le altre due potenze economiche globali, Cina e Stati Uniti, stanno attuando politiche di sostegno delle proprie aziende strategiche. Come ha detto il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire: “l’Europa non può essere l’ultimo dei Mohicani”.

L’adozione di un pacchetto di incentivi romperebbe il tabù europeo sugli aiuti di Stato dei Paesi più “rigoristi”. Tuttavia, la guerra in Ucraina e soprattutto  la competizione sino-statunitense ci obbligano a uscire dai paradigmi puramente economicisti. Oltretutto, sono gli stessi statunitensi, nelle parole della rappresentante al Commercio Usa Katherine Tai, a dire all’Ue di rafforzare il sostegno alle aziende europee nell’ottica del decoupling dalla Cina.

Gli Stati Uniti non hanno incluso l’Unione europea negli incentivi, ma piangersi addosso non aiuterà l’industria europea. Le tecnologie strategiche sono un settore su cui Washington per prima mette in atto processi di reshoring e invita gli alleati a fare lo stesso. Qui si gioca la sopravvivenza del sistema economico europeo nel quadro globale. Perfino la Germania, baluardo del rigorismo europeo, lo ha capito e si prepara a elargire fondi alle proprie aziende strategiche tramite il quadro Ue.

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