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Ucraina e non solo. Il parlamento si muova unito, dice Calovini (FdI)

Dopo le mozioni sulle armi, ora riconoscimento dell’Holodomor come genocidio e Iran: convergenze con Pd e Azione-Italia viva sono possibili, spiega il capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Esteri della Camera

Venerdì è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto-legge che introduce disposizioni urgenti per la proroga, fino al 31 dicembre 2023 dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità ucraine. Serve però un atto di indirizzo delle Camere. “Ci aspettiamo un atto di indirizzo del Senato chiaro come quello di questa settimana della Camera”, dice Giangiacomo Calovini, deputato di Fratelli d’Italia, capogruppo in commissione Affari esteri e comunitari della Camera, a Formiche.net.

Quali sono i prossimi passi?

Il centrodestra e il governo presieduto da Giorgia Meloni hanno dimostrato coerenza e coraggio. Ora serve un confronto sugli aiuti con i nostri alleati della Nato e con le autorità ucraine, che in questa fase chiedono soprattutto sistemi di difesa aerea.

Riuscirete a convertire in legge entro Natale il decreto-legge pubblicato venerdì?

L’obiettivo è quello. Ma ci sono discussioni che si sovrappongono come quelle sul bilancio e sul riordino dei ministeri. Al più tardi, a gennaio dovremmo convertirlo in legge anche alla luce della chiara volontà politica emersa in questi giorni.

Lei non era ancora in Parlamento ma nella scorsa legislatura Fratelli d’Italia è stata una forza di opposizione decisa a dialogare con la maggioranza su alcuni temi fondamentali per la politica estera del Paese. A poche settimane dal suo arrivo alla Camera sta riscontrando la stessa disponibilità da parte delle opposizioni?

Sulla questione Ucraina, per esempio, c’è chi sostiene, come il Movimento 5 Stelle, che l’invio di armi andrebbe rimodulato ma non spiega come e mostra una certa incoerenza in politica estera. E c’è chi, come l’Alleanza Verdi Sinistra, auspica il non invio di armi. Ma c’è anche la possibilità di convergenza su questi temi con Partito democratico e Azione-Italia Viva. Su temi di questo tipo si deve e si può trovare un accordo con l’opposizione.

Lei è tra i firmatari di una risoluzione di Fratelli d’Italia per impegnare il governo a riconoscere ufficialmente l’Holodomor come genocidio. Il Partito democratico ha presentato in commissione una risoluzione simile. Come mai il Parlamento italiano si muove ora?

Chiaramente, come buona parte del mondo occidentale, arriviamo in ritardo. La guerra in Ucraina può sembrare recente, ma per gli analisti non è così. Riconoscere l’Holomodor come genocidio è doveroso per sottolineare quanto accaduto 90 anni fa a quel popolo ma anche per mandare un ulteriore segnale rispetto a quanto sta accadendo oggi in quella parte d’Europa.

È uno di quei temi a cui faceva riferimento prima parlando della possibilità di trovare un’intesa con le opposizioni?

Auspico che si possa cercare di convergere su un’unica risoluzione sull’Holomodor. E lo stesso vale per l’Iran: sono state tre risoluzioni in commissione ma la volontà è quella di arrivare a testo unitario.

Spostiamoci nel Pacifico. In campagna elettorale Meloni e nei giorni scorsi Guido Crosetto, ministro della Difesa, hanno detto di non voler rinnovare il Memorandum d’intesa sulla Via della Seta in scadenza a marzo 2024. Per farlo, serve un atto politico forte, cioè una comunicazione da Roma a Pechino, altrimenti l’intesa si rinnova automaticamente. Ne vale la pena?

A livello commerciale sono aumentate le importazioni dalla Cina mentre sono diminuite le esportazioni dall’Italia; a livello politico, invece, il Memorandum ha consegnato l’Italia a un’eccessiva vicinanza alla Cina. Il centrodestra è al governo da poco più di un mese e in politica estera è stato doveroso intervenire sulla questione ucraina. Bisognerà però affrontare anche il dossier Cina, su cui la posizione di Meloni e di Fratelli d’Italia è chiara e su cui sono fondamentali le interlocuzioni con alleati e partner.

L’Italia può guardare all’Indo-Pacifico al netto delle impegnative sfide sul fianco Sud della Nato?

Negli ultimi anni i governi italiani, quelli tecnici in particolare, hanno dato grande attenzione alla politica interna, senza avere una linea chiara in politica estera. Il Pacifico, verso il quale gli equilibri del mondo si stanno spostando, è cruciale. Fermi restando i rapporti fondamentali con l’Europa, un governo politico con ampia maggioranza ha l’occasione di porre un’attenzione forte e di medio-lungo periodo sulla politica internazionale con focus su quel quadrante.

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