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La sfida italiana alla crisi idrica tra utilities e sostenibilità

Di Uberto Andreatta

Cosa si è detto all’evento “Crisi idrica e ruolo degli asset owners – Il caso inglese e la prospettiva italiana” che ha visto tra i relatori Francesco Profumo, presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo e di Acri, Giovanni Maggi, presidente di Assofondipensione, e Alessandra Franzosi, head of Buyside Italy & ESG Investing, Borsa Italiana-Euronext

La parabola geopolitica di questi ultimi trent’anni dell’ex impero britannico può essere raccontata dai corsi d’acqua dell’isola di Albione e da come Londra ha deciso, diversamente da Edimburgo, Cardiff e Belfast, di attrarre le risorse per finanziare il servizio idrico non dai propri contribuenti ma prevalentemente dai fondi che gestiscono la previdenza di insegnanti o dipendenti pubblici delle ex colonie canadesi e australiane.

E l’Italia? Estranea a tali dinamiche post-imperiali, come intende affrontare Roma la questione dell’oro blu, resa ancor più drammatica dalla recente, perdurante siccità, a sua volta portata dalla crisi climatica?

Se n’è parlato martedì 29 novembre nel corso di un live talk dal titolo “Crisi idrica e ruolo degli asset owners – Il caso inglese e la prospettiva italiana”, organizzato da Formiche e che ha visto tra i relatori Francesco Profumo, presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo e di Acri, Giovanni Maggi, presidente di Assofondipensione, e Alessandra Franzosi, head of Buyside Italy & ESG Investing, Borsa Italiana – Euronext.

Dopo una breve illustrazione del percorso che ha portato alla creazione delle fondazioni di origine bancaria e al loro affermarsi come motore di sviluppo sostenibile e di sostegno alla socialità del nostro Paese, Francesco Profumo ne ha delineato le modalità di intervento finora adottate nel settore idrico, evidenziando come queste spazino dall’investimento diretto nell’azionariato delle utilities quotate (si è menzionato il caso della partecipazione della Compagnia di San Paolo in Iren, di cui lo stesso Profumo è stato presidente fino a qualche anno fa), al supporto “di processo” ai Comuni sul versante dell’impiego dei fondi legati al Pnrr, alla sottoscrizione, vista come particolarmente promettente in prospettiva futura, di strumenti di reddito fisso il cui sottostante sia guidato da criteri di sostenibilità.

Alessandra Franzosi ha invece fornito un quadro molto dettagliato di come utilities, energia e sostenibilità trovino accoglienza nell’ambito dell’altra grande piattaforma di attrazione di capitali, domestici e internazionali, ossia quella Borsa Italiana da poco entrata nel circuito Euronext. Si è così sottolineato come le utilities, ossia il veicolo attraverso cui il servizio idrico viene indirettamente quotato presso Borsa, non soltanto assistano ad una crescita della presenza degli asset owners (fondazioni, casse previdenziali, fondi pensione) all’interno del proprio azionariato accanto al tradizionale socio pubblico, ma si stiano affermando sempre più come emittenti leader di quegli strumenti, cui faceva cenno anche Francesco Profumo, legati alla sostenibilità sia di progetto (green bonds) che corporate (sustainability-linked bonds).

Le utilities quotate nel nostro mercato sembrano così avere le carte in regola, per come hanno imparato a gestire il partenariato pubblico-privato, per far fronte alla sfida lanciata dai grandi investitori istituzionali domestici e internazionali, sempre più orientati a chiedere conto alle società in cui investono di come intendono affrontare il tema della scarsità idrica.

Di pari interesse anche l’intervento conclusivo di Giovanni Maggi, il quale, dopo aver tratteggiato le linee di intervento generali dell’universo dei fondi pensione domestici nonché il loro peso complessivo nell’ambito della comunità degli investitori, ha altresì evidenziato come accanto ai fondi pensione nazionali si siano affiancati negli ultimi tempi anche fondi territoriali. Uno di questi, in particolare, ossia Solidarietà Veneto, ha sottoscritto una quota dell’emissione complessiva multi-tranche di hydro bonds ad opera del consorzio di gestori del servizio idrico Viveracqua operante nel territorio veneto. Più in generale, Giovanni Maggi ha poi ribadito come anche tra gli aderenti all’associazione da lui presieduta sia maturata la consapevolezza che la sostenibilità sia un componente indefettibile del loro processo decisionale in materia di investimento.

La conclusione che si può trarre da questo dibattito ricchissimo di spunti è che l’Italia sia ben attrezzata sul piano dei capitali domestici a disposizione per sostenere le sfide drammatiche poste dalla crisi climatica e da quella idrica che ne deriva. Chi li fornisce possiede quelle caratteristiche di “pazienza”, di orientamento al lungo termine, di declinabilità territoriale e di “connessione sentimentale” con i beneficiari delle erogazioni dei fondi, senza le quali tra l’asset idrico e le sue fonti di finanziamento si crea un disallineamento che sottrae efficienza al sistema.

La consapevolezza è comunque che rimanga del potenziale inespresso dal punto di vista sia delle masse impiegate sul versante del servizio idrico sia degli strumenti da adoperare per veicolarne l’utilizzo. Al contempo, sembrano esservi pochi dubbi sul fatto che, anche agendo in una prospettiva di sistema e dialogando col decisore pubblico sia centrale che territoriale, tale gap possa essere rapidamente colmato sia per evidenti motivi di preservazione della risorsa più strategica per qualsiasi Paese sia per non dipendere eccessivamente, sul piano finanziario, da quella che gli inglesi chiamano la “cortesia dello straniero”.

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