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Droni e chip italiani. Casi studio di spionaggio cinese per gli 007 Usa

Michael Orlando, direttore del National Counterintelligence and Security Center, ha citato gli affari Alpi Aviation e Lpe per spiegare come cambia il panorama delle minacce alla luce dell’ascesa globale di Pechino e del piano Made in China 2025

Il caso Alpi Aviation è finito nella presentazione di Michael Orlando, direttore ad interim del National Counterintelligence and Security Center (Ncsc) degli Stati Uniti, alla 2022 Threat Conference organizzata da Cipher Brief dedicata ai cambiamenti nel mondo dello spionaggio e del controspionaggio.

Schema di partecipazione e controllo di Alpi Aviation (Guardia di finanza) – Clicca per ingrandire

Mostrando lo schema “molto complicato” attraverso cui due gruppi statuali cinesi avevano acquisito il 75% dell’azienda friulana produttrice di droni e con rapporti con il ministro della Difesa, Orlando ha parlato di “attività molto preoccupante”. L’operazione fu condotta con “modalità opache”, le aveva definite così la Guardia di finanza, “tese a non farne emergere la riconducibilità del nuovo socio straniero”. L’acquisto, spiegavano ancora gli investigatori, non avrebbe avuto scopi di investimento ma l’acquisizione di know-how tecnologico e militare.

A marzo il presidente del Consiglio di allora, Mario Draghi, aveva esercitato i poteri previsti dalla normativa Golden power annullando la vendita per omessa notifica e chiamando la società a ripristinare a proprie spese la situazione ex ante all’operazione. A fine luglio aveva archiviato il procedimento per l’eventuale sanzione pecuniaria per la mancata notifica dell’operazione.

L’attenzione sulla vicenda era stata globale. Ne aveva scritto anche il Wall Street Journal e, come dichiarato dal governo nella Relazione al Parlamento in materia di esercizio dei poteri speciali, la Commissione europea e uno Stato membro dell’Unione (la Danimarca) hanno manifestato “l’intenzione di formulare alcune richieste di informazioni supplementari, a cui la società notificante e la società acquirente (…) hanno fornito i chiarimenti richiesti”.

L’ascesa della Cina come potenza globale viaggia parallela a una moltiplicazione dei vettori d’attacco, ha spiegato Orlando citando attività illegali, come minacce interne, attacchi alla supply chain e attività cyber, e legali come investimenti greenfield, joint venture, collaborazioni scientifiche ed economiche, programmi di acquisizione talenti, fusioni e acquisizioni. “Non utilizzano queste tecniche individualmente, le mescolano tra loro”, ha detto. C’è poi il contesto normativo, profondamente mutato dal 2015, in particolare per quanto riguarda i dati. “Tutte le volte con parlo con un’azienda americana, una delle domande più di interesse è: ‘Quanto siano sicuri i miei dati in Cina?’. Non sono al sicuro”, ha continuato.

Quali sono i settori di maggiore interesse? “Made in China 2025 è una roadmap di ciò che stanno cercando di rubare”, ha spiegato Orlando mostrando i dieci settori del piano con cui Pechino vuole raggiungere il dominio globale nella produzione high-tech: elettronica, macchinari agricoli, nuovi materiali, veicoli elettrici, robotica, information technology, aerospazio, ferrovie, ingegneria navale, dispositivi medici.

Oltre ad Alpi Aviation, Orlando cita un altro caso italiano. Quello di Lpe, azienda di Baranzate specializzata nella produzione di chip, su cui il governo Draghi era intervenuto con un veto sull’acquisizione del 70% delle quote da parte della cinese Shenzen Invenland Holdings per poi dare il via libera alla cessione del 100% del capitale sociale alla multinazionale olandese Asm International N.V. L’americana Magnachip e la britannica Newport Wafer Fab sono altre due aziende citate dal direttore del Ncsc nel settore dei semiconduttori, dove la Cina lavora anche con programmi di reclutamento di talenti, specialmente a Taiwan.

Per far fronte a queste minacce, il Ncsc ha lanciato recentemente lasciando, assieme ad alcuni partner, un progetto di collaborazione tra intelligence e delle comunità scientifiche statunitensi per aiutare le aziende. Si chiama “Safeguarding Science” ed è una “cassetta per gli attrezzi” online pensata per “proteggere la ricerca, la tecnologia e il personale da furti, abusi, usi impropri o sfruttamento”.



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