“L’obiettivo deve essere la decarbonizzazione. La strategia per l’idrogeno mi sembra un’ottima base di partenza”. Intervista a Giuseppe Ferrandino, europarlamentare del Terzo Polo, sui temi aperti in Europa
Dopo il rinvio di novembre, l’accordo su price cap e acquisti comuni è pronto a tornare sul tavolo nell’ambito dell’ennesimo Consiglio europeo straordinario, il prossimo 13 dicembre. Le azioni comuni per creare una governance europea nel mercato dell’energia, a discapito dell’orso russo, sono nuovamente davanti a un muro. La misura era stata criticata perché la soglia di prezzo e la durata troppo alte sarebbero figlie della resistenza di Olanda e Germania. Per il ministro Pichetto Fratin è una misura insufficiente, capace di alimentare la speculazione piuttosto che arginarla. Il Commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni, ritiene che la proposta rappresenti un primo segnale, ma che comunque dovrà essere fatta luce rispetto alla portata della sua efficacia. Quale sarà il punto di caduta?
Per analizzare lo scenario attuale, Formiche.net ha raggiunto l’europarlamentare Giuseppe Ferrandino. Classe 1963, è arrivato a Bruxelles dopo essere stato sindaco di Ischia e consigliere provinciale a Napoli nelle liste del Pd. Ora nelle file del Terzo Polo, gruppo Renew Europe a Strasburgo, è membro della Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare e di quella per i problemi economici e monetari.
Dopo 15 anni nel Pd ha deciso di abbracciare il progetto del Terzo Polo, nato da un’idea di Matteo Renzi e Carlo Calenda. Quale è stata la scintilla che l’ha portata a compiere questo passo e cosa pensa dell’attuale assetto dei dem?
Ad oggi il Pd mi sembra in balia delle onde. Non c’è una linea politica, si vivacchia in difesa di posizioni consolidate, senza tener conto di cosa accade nella società e di quale dovrebbe essere l’azione di un partito riformista. Non si ha avuto nemmeno il coraggio di ammettere la sconfitta alle politiche, di convocare la segreteria e di avviare la fase congressuale. È un partito impantanato nella guerra intestina tra correnti. La politica deve essere proposta, idee, innovazione. Il Terzo Polo ha questa forza motrice che è insita nella sua stessa natura.
La proposta della Commissione europea sull’energia divide l’Europa. Esiste una ricetta per mettere tutti d’accordo salvaguardando le imprese e le famiglie italiane?
La proposta della von der Leyen mi sembra abbastanza fine a se stessa, sia per le tempistiche, decisamente lunghe, sia per la sua stessa formulazione. Lo dico con onestà: il price cap ha un senso se aiuta effettivamente famiglie e aziende a fronteggiare l’ondata dei rincari dell’energia. Se deve essere un’iniziativa di bandiera, senza alcuna ricaduta utile, allora meglio lasciar perdere e concentrarsi su altro, a cominciare dal sostegno economico.
Qualora non si riuscisse a trovare la quadra nel breve periodo, quali sono le azioni che l’Europa dovrebbe mettere a fuoco per scongiurare distorsioni della concorrenza scatenate da un prezzo dell’energia che resterebbe così diverso da Paese a Paese?
L’obiettivo deve essere la decarbonizzazione. La strategia per l’idrogeno mi sembra un’ottima base di partenza. E ovviamente bisogna tassare gli extraprofitti, sia perché è giusto, sia perché, in questo modo, si eviteranno future e più violente speculazioni.
La crisi energetica, insieme al Covid e alla guerra hanno minato la stabilità economica dei 27. Ritiene che uno strumento di debito comune possa aiutare i Paesi a reagire?
Assolutamente sì e aggiungo che ne abbiamo già la riprova, maturata nell’esperienza del Covid. Per dare risposte immediate, l’Ue ha l’esigenza di smarcarsi da vincoli e lacciuoli che spesso la imballano. Aggiungo che è fondamentale una riforma dei Trattati, altro tema uscito troppo velocemente dal dibattito ma necessario. Oggi il Consiglio non solo è una istituzione vetusta, ma spesso rappresenta il maggior ostacolo alle politiche comunitarie. Va riformato, l’Ue va completata così come la avevano immaginata i padri costituenti.
Altro fronte caldo, la direttiva sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio che sarà presentata dalla Commissione europea e su cui sarebbero in corso delle revisioni, giunte a valle delle critiche degli Stati membri, Italia in primis. Cosa si aspetta?
L’Italia già oggi è leader europeo nel riciclaggio. Condivido la politica di riduzione degli imballaggi, ma bisogna rispettare determinate tempistiche, soprattutto per dare l’opportunità alle aziende di riconvertire. La transizione secondo gli studi di impatto potrebbe garantire un maggior livello occupazionale. Non dobbiamo avere paura di accogliere il futuro, ma ciò non esclude che, da parte della Commissione, serva una certa flessibilità nel consentire questa transizione, soprattutto in zone dove ci si muove con maggior lentezza, come ad esempio nel Mezzogiorno.
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