L’intesa sul Fcas tra Italia, Regno Unito e Giappone è un seme da cui germoglierà un albero. Con il tempo potremo valutarne i frutti. Sperando in una futura convergenza dei sistemi europei. Per l’Italia può essere il momento di ottenere il giusto riconoscimento delle proprie capacità industriali, secondo Giuseppe Cossiga, presidente Aiad
Cosa significa l’intesa sul progetto Tempest per l’industria della difesa italiana? Come porsi davanti all’alternativa franco-tedesca? Quali sono le motivazioni geopolitiche dell’interessamento del Giappone? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Cossiga, presidente della Federazione delle Aziende italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza di Confindustria (Aiad).
Che significato si può attribuire all’intesa sul progetto Tempest?
Mi sembra la conferma dell’apprezzamento delle capacità dell’industria italiana a livello globale. È un’intesa estremamente significativa, è anche la prima a livello transcontinentale che vediamo su un sistema così complesso come il Tempest. Tuttavia è un’intesa e quindi è come un seme per un albero, dovremo aspettare per valutarne i frutti, io la apprezzo molto, ma sono sempre prudente.
Cosa pensa dello sviluppo parallelo di un Fcas franco-tedesco?
Io credo che la ragione vorrebbe che non esistessero due progetti di questo livello, con il coinvolgimento di Paesi europei così rilevanti, Francia, Germania, Regno Unito, Italia e gli altri. Resta da vedere se verranno trovate le condizioni di politica industriale e politica tout court per permettere una convergenza dei due programmi. Il rischio è quello di sprecare risorse.
Avverrà questa convergenza?
Io me lo auguro, ma quando i progetti sono così ambiziosi possono prevalere motivazioni non puramente razionali. Stiamo vedendo anche sul progetto Gcas quanto le tematiche di orgoglio nazionale abbiano inciso. Anche le logiche di mercato poi detteranno le regole. Le risorse per progetti di questo genere sono talmente alte e complesse che sembra strano che ci si possa permettere di averne due, o tre se consideriamo quello americano. Gli statunitensi lasciamoli da parte, ma che non si riesca a trovare un accordo tra i Paesi europei non è il massimo.
Cosa significa l’accordo per l’Italia?
Questa è una seconda occasione. L’Italia non ha avuto i ritorni che si aspettava sull’F-35. Mi auguro che questa volta saremo in grado, tutti insieme, di dare all’industria italiana le competenza e le capacità che merita. È incoraggiante che sia la presidenza del Consiglio ad occuparsene.
L’entrata del Giappone nell’accordo è stata una sorpresa.
Questo è il grande ritorno del Giappone, l’uscita dall’isolamento industriale che aveva permesso agli Stati Uniti di fare programmi in collaborazione con Tokyo. Ora che vuole rilanciarsi come grande potenza industriale e tecnologica potrebbe aprire nuovi orizzonti a tutto questo mercato. Il vero rischio è la crescita rapidissima della Cina in campo militare.