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Cosa può fare il governo contro inflazione e recessione

Attenzione ai bonus e simili. Spingere invece sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Sono circa vent’anni che in Italia l’investimento pubblico langue (e la crescita pure). Rispettare il cronoprogramma definito con l’Unione europea non è solo assolvere un obbligo, ma l’unica arma che abbiamo per evitare una recessione che potrebbe essere pesante e portare a instabilità anche politica

Chiuso, tra breve, il capitolo sulla legge di bilancio, il governo dovrà affrontare quello di come articolare la politica economica in un 2023 che si presenta, in tutte le previsioni econometriche, caratterizzato dal binomio inflazione e recessione. Per contenere ed auspicabilmente far fare marcia indietro alla prima non basta la politica monetaria che, anzi, potrebbe aggravare la seconda (come avvenne all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso). Per frenare la recessione, la politica della spesa pubblica in disavanzo è, nel nostro Paese, fortemente limitata da un debito della Pubblica amministrazione pari al 150% del Pil, nonché da dubbi su come funzionerà il Transmission Protection Mechanism (‘Tpi’) appena varato dalla Banca centrale europea (Bce) per impedire che, accantonato il Quantitive Easing, la danza (un po’ macabra) degli spreads impedisca il buon funzionamento dell’eurozona.

In questi giorni, sono usciti suggerimenti non richiesti in due lavori a cui il governo, alle prese con la legge di bilancio, non certamente notato: un paper dell’Istituto Bruno Leoni (Ibl) uscito il 12 dicembre e un libro di Giorgio La Malfa che ha affiancato una carriera accademica ad una politica in libreria da circa dieci giorni. Il primo riguarda direttamente il problema immediato. Il secondo contiene, invece, una raccolta di saggi su come interpretare quello che potrebbe essere chiamato “il vangelo keynesiano”.

Il paper dell’Ibl, firmato da Giacomo Da Ros (fellow dell’Istituto) e Carlo Stagnaro (direttore ricerche e studi dell’Ibl) suggerisce una serie di riforme che potrebbero determinare risparmi consistenti, pari a circa 900 euro all’anno per la famiglia media, nei settori dell’energia, del trasporto pubblico locale, negli stili di vita e nella spesa farmaceutica. Lo studio si intitola “Modeste proposte contro l’inflazione: misure a costo zero (o quasi) su energia, trasporto pubblico, stili di vita e farmacie” ed è liberamente disponibile sul sito dell’Istituto. Da Ros e Stagnaro mostrano come una maggiore concorrenza o una razionalizzazione dell’imposizione fiscale possano contribuire a significativi risparmi sul bilancio familiare. In particolare, i temi presi in considerazione sono l’energia (elettricità, gas e carburanti), il trasporto pubblico locale, gli stili di vita (bevande alcoliche, prodotti a base di nicotina e soft drink) e la spesa farmaceutica privata.

Le riforme suggerite vanno quasi sempre nella direzione di una maggiore concorrenza: il superamento dei regimi di tutela per l’energia elettrica e gas, l’eliminazione dei vincoli all’apertura di nuove stazioni di rifornimento (in particolare presso i supermercati), la liberalizzazione dei farmaci di fascia C e l’affidamento tramite gara dei servizi di trasporto pubblico locale oltre al rafforzamento della concorrenza nel trasporto su medio-lunga percorrenza (ferroviario e bus). In altri casi, gli autori propongono una razionalizzazione del sistema tributario (per esempio allineando l’imposizione fiscale su benzina e gasolio a un valore intermedio tra le attuali accise quando verranno superati gli sconti temporaneamente in vigore) e invitano a evitare di introdurre nuove tasse o di aumentare quelle esistenti (come nel caso dei prodotti a base di nicotina, della plastic tax e della sugar tax). Ciascuna delle proposte è quantizzata accuratamente.

Il volume “Keynes, l’eretico – Vita e opere del grande economista che ha cambiato l’Occidente” di Giorgio La Malfa è una raccolta di dieci saggi che spaziano dalla eredità di Keynes a Keynes politico al pragmatismo di Keynes all’economia vista come scienza morale al ruolo di Keynes nella Seconda guerra mondiale e, soprattutto, nella ricostruzione delle regole per l’economia internazionale dopo la fine del conflitto. Quale è il messaggio essenziale trarre per la politica economica oggi in Italia.

Keynes viene di solito interpretato come fautore di spesa, anche di parte di corrente, in disavanzo. Questo sarebbe il messaggio da recepire? Nient’affatto. Non solo una lettura attenta Teoria Generale dell’Occupazione, dell’Interesse e della Moneta ma anche di altri scritti e di parte dell’epistolario (riportato nei saggi del volume), Keynes auspicava quello che oggi viene chiamato deficit spending non solo unicamente per contrastare cicli economici sfavorevoli e da farsi con investimenti pubblici di qualità e che nel giro di alcuni anni, con il moltiplicatore, avrebbero “reso” almeno quanto investito. Quindi, attenzione ai bonus e simili. Spingere invece sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Sono circa vent’anni che in Italia l’investimento pubblico langue (e la crescita pure). Rispettare il cronoprogramma definito con l’Unione europea non è solo assolvere un obbligo, ma l’unica arma che abbiamo per evitare una recessione che potrebbe essere pesante e portare a instabilità anche politica.

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