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Inflazione e crescita. Le previsioni per l’Italia e l’Europa nel 2023

Fine anno, momento di bilanci, ma anche di stime a breve e medio termine econometriche di vari istituti ed enti specializzati. Ecco cosa aspettarsi dal 2023 e non solo

È il momento di dare uno sguardo all’economia europea nel 2023. Sono state pubblicate in questi giorni le previsioni econometriche di vari istituti ed enti specializzati in stime a breve e medio termine.

Nel 2023 il pieno impatto economico degli aumenti dei prezzi – e la crisi energetica che ne è in gran parte responsabile – si farà sentire in tutta Europa. Una recessione sta arrivando, seguita da una ripresa dolorosamente lenta. Sebbene l’Europa abbia aumentato la sua capacità di importare gas naturale liquefatto (Gnl) dopo che la Russia ha tagliato le vendite, le forniture globali di Gnl non aumenteranno di molto nel 2023, nonostante il price cap definito in sede europea e che avrà comunque un effetto calmierante. Ciò significa che l’energia rimarrà costosa e manterrà alti i prezzi in tutto il resto dell’economia. I consumatori e le imprese duramente colpiti inizieranno a trattenersi, frenando sia la spesa che gli investimenti. La carenza di lavoratori in Europa peggiorerà, il che danneggerà le imprese ma manterrà bassa la disoccupazione. Ma a differenza delle crisi precedenti, l’economia globale non verrà in soccorso dell’Europa: attualmente soffre più o meno lo stesso malessere. Solo una volta che i prezzi dell’energia saranno scesi e l’inflazione in America sarà stata contenuta, la crescita globale sarà in grado di sostenere la ripresa dell’Europa. Questo arriverà, ma non nel 2023.

A partire dagli inizi di marzo 2023, il portafoglio del Programma di acquisto di attività (App) della Banca centrale europea (Bce) sarà ridotto a un ritmo misurato e prevedibile, in quanto l’Eurosistema reinvestirà solo in parte il capitale rimborsato sui titoli in scadenza. Il ritmo di tale riduzione sarà pari in media a 15 miliardi di euro al mese sino alla fine del secondo trimestre del 2023 e verrà poi determinato nel corso del tempo, spiega la Bce.

Per quanto riguarda il Pandemic emergency purchase programme (Pepp), la Bce “intende reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza del programma almeno sino alla fine del 2024” ed ha aggiunto che la futura riduzione del portafoglio del Pepp sarà gestita in modo da evitare interferenze con l’adeguato orientamento di politica monetaria. Per quanto riguarda le future decisioni sui tassi ufficiali del Consiglio direttivo continueranno a dipendere dai dati e seguiranno un approccio riunione per riunione.

Concordo con l’amico e collega Giuseppe Di Taranto, il quale nella sua recente intervista ha sottolineato come la Bce abbia errato guardando più all’inflazione (senza comprendere a pieno che la sua determinante sono i costi e non lo sfasamento tra domanda ed offerta di beni e servizi). All’interno degli organi di governo della Bce hanno adesso il sopravvento i componenti provenienti dagli Stati rigoristi, in particolare Isabel Schnabel, che in Germania ha avuto una lunga carriera accademica e di servizio pubblico.

Le stime della Bce sono comunque un’utile guida perché incorporano quelle delle 19 Banche centrali nazionali dell’eurozona. La Bce ora vede l’inflazione media raggiungere l’8,4% nel 2022 prima di scendere al 6,3% nel 2023, con un’inflazione che dovrebbe diminuire notevolmente nel corso dell’anno. L’inflazione dovrebbe quindi raggiungere una media del 3,4% nel 2024 e del 2,3% nel 2025. L’inflazione al netto di energia e cibo dovrebbe essere in media del 3,9% nel 2022 e salire al 4,2% nel 2023, prima di scendere al 2,8% nel 2024 e al 2,4% nel 2025. Sul fronte della crescita, le proiezioni degli esperti dell’Eurosistema vedono ora l’economia in crescita del 3,4% nel 2022, dello 0,5% nel 2023, dell’1,9% nel 2024 e dell’1,8% nel 2025.

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