L’esecutivo ha presentato una novella per attribuire al Mef le spese per le intercettazioni dell’intelligence, diverse da quelle giudiziarie e delle forze di polizia in ambito investigativo. È un pezzo della riforma Nordio secondo cui “devono essere solo uno strumento per la ricerca della prova e non la prova in sé”. Novità anche sul domicilio dopo il QatarGate
Tra gli emendamenti presentati dal governo alla Manovra c’è anche un articolo intitolato “Spese per attività demandate ai servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica” che riguarda le intercettazioni preventive. La novella interviene sulla legge del 2005 che prevede “Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale” e, si legge nella relazione illustrativa, “intende garantire che le spese relative alle intercettazioni” svolte per fini di intelligence (diverse da quelle giudiziarie e da delle forze di polizia in ambito investigativo), attualmente a carico del ministero della Giustizia, siano più “correttamente imputate all’apposito programma di spesa concernente il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze”. In questo modo, “si consente anche di evitare la circolazione al di fuori del Comparto intelligence di documentazione contabile contenente elementi di natura sensibile, come numeri telefonici e autorità giudiziaria autorizzante, che rende riconducibile la relativa attività ai Servizi di informazione, determinando un evidente vulnus alle esigenze di riservatezza che caratterizzano le suddette operazioni”.
È un pezzo della riforma voluta da Carlo Nordio, ministro della Giustizia, sulle intercettazioni (“Le intercettazioni devono essere solo uno strumento per la ricerca della prova e non la prova in sé”, ha detto nei giorni scorsi). La relazione illustrativa recita che per “coerenza e coordinamento, al fine di realizzare una sistematizzazione e chiarificazione della disciplina sostanziale delle intercettazioni preventive per fini intelligence”, sono stati eliminati i collegamenti con l’articolo 226 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (Intercettazione e controlli preventivi sulle comunicazioni) “atteso che l’ancoraggio delle captazioni del Comparto informativo alle previsioni codicistiche ha determinato criticità e difficoltà interpretative”.
Dunque, l’emendamento prevede anche “la distruzione dei supporti e dei verbali e l’ambito della documentazione oggetto di distruzione, comprendendo le richieste di proroga degli ascolti, di nuove attivazioni, nonché la relazione conclusiva, in quanto, nell’esplicitare le motivazioni sottese all’esigenza informativa prospettata all’[autorità giudiziaria], tali documenti possono recare anch’essi gli esiti degli ascolti”. Inoltre, è prevista un’ipotesi di differimento del deposito dei verbali e dei supporti, previa autorizzazione del procuratore generale, per un periodo non superiore a sei mesi, su richiesta motivata dei direttori dei servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica, comprovante particolari esigenze di natura tecnica e operativa.
L’autorizzazione spetta al procuratore generale della corte di appello di Roma, le intercettazioni possono durare “40 giorni” prorogabili “per periodi successivi di venti giorni”. Va redatto un “verbale sintetico” da depositare entro 30 giorni dalla fine delle intercettazioni che vanno distrutte dopo le comunicazioni del presidente del Consiglio al Copasir.
Inoltre, la novella prevede le intercettazioni anche “se queste avvengono nei luoghi indicati dall’articolo
614 del codice penale, quando siano ritenute indispensabili” per le attività di Aisi e Aise. L’articolo in questione riguarda la “Violazione di domicilio”. In pratica, se l’emendamento verrà approvato, l’intelligence potrà, previa autorizzazione del procuratore generale, intercettare le comunicazioni “anche per via telematica”, cioè con microspie, nelle abitazioni come accaduto per il QatarGate.