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Lobby, non servono divieti ma trasparenza e “disclosure”

Di Federico Anghelé

In attesa di un provvedimento sistemico il cui obiettivo primario dovrebbe essere quello di migliorare i processi decisionali su cui speriamo il governo si pronunci presto, il presidente Fontana potrebbe subito mettere mano al codice di condotta dei parlamentari, inibendo quelle attività parallele all’incarico pubblico che potrebbero generare conflitti di interessi. L’intervento di Federico Anghelé, direttore The Good Lobby

Per chi si occupa di regolamentazione del lobbying da svariati anni, il Qatargate ha avuto almeno un effetto positivo: quello di costringerci nuovamente a parlare dei rapporti tra i decisori pubblici e i portatori di interessi. Con la fine anticipata della diciottesima legislatura è venuta meno la (concreta) speranza di vedere approvata una legge sul lobbying. E il tema era sembrato cadere nel dimenticatoio, tanto più che nessun programma elettorale delle forze politiche che compongono l’attuale maggioranza faceva accenno all’atteso provvedimento.

Il gravissimo scandalo di corruzione che ha travolto il Parlamento europeo ha spinto due importanti esponenti della nuova maggioranza a prendere posizione in materia di regolamentazione dei rapporti tra policy makers e portatori di interessi, tirando fuori dal surgelatore un tema che anche nella precedente legislatura non aveva goduto di particolari estimatori nel centrodestra. Prima il Guardasigilli Nordio che, dalle colonne del Corriere della sera, ha confermato che all’Italia servirebbe una legge sul lobbying; poi, il presidente della Camera Fontana, secondo il quale i parlamentari italiani andrebbero messi al riparo dalle ingerenze di potenze straniere sul processo decisionale nazionale.

Al di là del fatto che forse non è la via dei divieti, bensì quella della trasparenza e della disclosure (anche se si parla dell’influenza delle potenze straniere, peraltro consentita dal diritto internazionale) la strada da seguire, l’augurio è che non si tratti solo di dichiarazioni isolate, bensì della volontà politica di riprendere un cammino interrotto.

Una buona legge che regolamenti i rapporti tra decision makers e portatori di interessi sarebbe urgente come da anni lamentano gli addetti ai lavori e raccomandano gli organismi internazionali. Il buco normativo risulta ancor più evidente da quando l’introduzione del reato di traffico di influenze illecite ha tracciato i confini di cosa non si possa fare nella rappresentanza di interessi (lasciando al legislatore, come affermano le sentenze dei giudici, il compito di stabilire cosa sarebbe invece lecito fare).

Non dimentichiamo, poi, che un’approssimativa normativa sul finanziamento alla politica ha gettato partiti dalle casse vuote sul mercato delle donazioni private, col rischio che soggetti privati sostengano i partiti in cambio di decisioni a loro favorevoli.

In attesa di un provvedimento sistemico il cui obiettivo primario dovrebbe essere quello di migliorare i processi decisionali su cui speriamo il governo si pronunci presto, il presidente Fontana potrebbe subito mettere mano al codice di condotta dei parlamentari, inibendo quelle attività parallele all’incarico pubblico che potrebbero generare conflitti di interessi (comprese consulenze, regali, viaggi offerti anche da Stati esteri o da entità a essi riconducibili); introducendo regole chiare sulle porte girevoli affinché gli ex parlamentari improvvisatisi facilitatori, non abbiano libero accesso a Montecitorio (e ai suoi dossier) cessato il mandato; creando un registro degli agenti stranieri, facendo tesoro dei limiti mostrati dai registri americano e inglese, che non sempre sono sembrati efficaci nel far emergere il ruolo importante di entità estere nell’influenzare la politica nazionale.

Chi, come noi, si batte da anni per introdurre regole volte a rendere più trasparente e aperto l’accesso al potere, è prontissimo a collaborare con il presidente Fontana e con chiunque intenda seriamente proporre misure efficaci volte a migliorare l’integrità delle nostre istituzioni. A patto che le chiacchiere di queste settimane non partoriscano poi solo la solita operazione di facciata.

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