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Rinnovabili e chip, come salvare le catene del valore? Tripodi al Med

La combinazione tra la dinamicità di questo tessuto imprenditoriale e il rinnovato slancio reso possibile dal Pnrr rende il nostro Paese particolarmente adatto ad attirare investimenti esteri, ha spiegato la sottosegretaria agli Esteri

La pandemia da Covid-19 e, successivamente, la guerra in Ucraina hanno scatenato pesanti alterazioni (disruption) delle catene di approvvigionamento globale, le cosiddette supply chain. Qualunque tipo di economia, da superpotenze come Stati Uniti e Cina a Paesi minori, ha dovuto far fronte ai cambiamenti dei flussi commerciali negli ultimi anni. Oggi, l’emergere di due blocchi contrapposti lascia presagire che la globalizzazione del futuro sarà sempre più fondata su macro-regioni di libero scambio, dato che sia il blocco atlantico (l’Occidente allargato), sia il blocco cinese cercano di attuare strategie di “rientro” delle catene del valore. Su questi temi si è soffermato il panel dal titolo “Re-shoring, near-shoring or friend-shoring?” all’interno dell’ottava edizione della conferenza Rome Med – Mediterranean Dialogues, organizzata dal Ministero degli Affari Esteri e dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale.

L’Italia è un Paese particolarmente coinvolto dalle value chains disruptions, per la sua posizione geografica, al centro del Mediterraneo, e per il suo peculiare tessuto economico-industriale di piccole e medie imprese. La combinazione tra la dinamicità di questo tessuto imprenditoriale e il rinnovato slancio reso possibile dal Pnrr rende il nostro Paese particolarmente adatto ad attirare investimenti esteri, soprattutto nei settori delle energie rinnovabili e dei semiconduttori. A evidenziare questo concetto è Maria Tripodi, sottosegretario del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. A suo avviso, l’Italia guarda oggi al commercio adottando un pensiero strategico, e risponde alle sfide poste dallo scenario corrente tramite le ottime relazioni politiche ed economiche con i Paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo.

A proposito di pensiero economico strategico, il sottosegretario degli Esteri giapponese, Shunsuke Takei, ha ricordato come il fulcro dell’azione strategica sia l’identificazione e la protezione dei chokepoints, i colli di bottiglia geografici, attraverso cui transita la stragrande maggioranza delle catene di approvvigionamento. Il canale di Suez ne è un esempio, con il famoso caso della nave che lo bloccò nel marzo 2021, ma ce ne sono molti altri.

Sempre sul tema della cooperazione italiana con il resto del Mediterraneo, “l’Egitto può essere la porta di Roma verso il Nord Africa, per il fatto che i Paesi con il quale confina sono molto dipendenti dalle importazioni”. Così si è espresso Tarek Tawfik vicepresidente della Federazione delle industrie egiziane e del Centro egiziano per gli studi economici e presidente della Camera di commercio statunitense in Egitto. Il Cairo ha effettuato importanti investimenti infrastrutturali negli ultimi anni, che avranno ricadute sul commercio nell’area mediterranea.

Ma come si affronta il cambiamento da un’economia globale basata sul libero scambio in tutto il mondo, a un’economia regionale? La risposta arriva dal Ceo di Philip Morris, Marco Hannappel. La società è un caso-scuola nel senso che riesce a integrare le catene di produzione e del valore locali con una distribuzione su scala globale. Questo modello virtuoso trae la propria forza anche dai felici accordi di libero scambio con partner nel resto del mondo, come è il caso del tabacco tra Italia e Giappone.



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