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Difesa della pace, ma non solo. Cosa porta Meloni in Iraq

Di Marco Battaglia e Gabriele Carrer

Il premier ha annunciato la sua partenza “per portare gli auguri ai militari impegnati nelle missioni di pace”. La scelta della destinazione non è casuale: nel Paese operano quasi 1.000 militari italiani e l’Italia ha la responsabilità del comando della missione Nato

Un viaggio per portare gli auguri ai militari impegnati nelle missioni di pace, un segnale per chi si sacrifica per il Paese. È così che descrive il senso del suo viaggio in Iraq il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, annunciando nel corso di un incontro con i parlamentari di Fratelli d’Italia per gli auguri natalizi la sua intenzione di raggiungere la missione italiana schierata nel Paese asiatico. “In Iraq l’Italia ha il comando della missione Nato”, ha spiegato il presidente Meloni. “È un gesto per dare un segnale importante a queste persone che sicuramente si sacrificano più di noi”. Insieme al presidente, tra l’altro, “ci sono altri quattro o cinque ministri in partenza per altri teatri dove sono impegnati i nostri militari”: il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, sarà in Libano e quello della Difesa, Guido Crosetto in Ungheria, Romania e Bulgaria.

LO SCHIERAMENTO ITALIANO

Le diverse destinazioni dei ministri da la misura dell’ampiezza dello schieramento militare italiano in questo momento, rappresentato plasticamente anche in occasione del tradizionale saluto per gli auguri di Natale che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rivolto ai militari impegnati nelle diverse missioni dal Comando operativo di vertice interforze, guidato dal generale Francesco Paolo Figliuolo, insieme con il ministro Crosetto. Dal Baltico al Golfo, passando per Balcani, Nord Africa e Sahel, oltre alle missioni lungo il fianco est della Nato e la continua presenza marittima della flotta italiana nel Mediterraneo allargato. Le truppe italiane sono presenti su un arco geografico che comprende praticamente l’intera frontiera esterna dello spazio euro-atlantico. Per il Capo dello Stato, “L’Italia continua a fornire un contributo, sempre di più grande importanza, nell’ambito delle organizzazioni internazionali in cui opera, ossia i pilastri della nostra politica di sicurezza e di difesa: Nazioni unite, Nato e Ue”.

LA MISSIONE NATO IN IRAQ

A maggio il generale Giovanni Iannucci ha rilevato la posizione dal collega danese Michael Lollesgaard alla guida della Nato mission Iraq, l’impegno non combattente di assistenza e addestramento lanciato dall’Alleanza Atlantica che mira a sostenere l’Iraq nel rafforzamento delle sue istituzioni e forze di sicurezza, soprattutto per renderle in grado di stabilizzare il loro Paese e impedire il ritorno di Daesh. La missione è stata avviata nel 2016 su richiesta di Baghdad per contrastare le attività terroristiche del sedicente Stato islamico, e nel 2018 ha ampliato lo spettro delle attività volte a incrementare le capacità militari delle forze irachene. Per l’operazione, il nostro Paese schiera 280 militari, con 25 mezzi terrestri.

PRIMA PARTHICA

Tuttavia, la missione Nato non è l’unica presenza italiana in Iraq. Il contingente italiano, infatti, ha attiva nel Paese anche la missione Prima Parthica, il contributo nazionale alla coalizione internazionale per il contrasto a Daesh che attualmente annovera 79 Paesi e cinque organizzazioni internazionali. Focus principale è l’addestramento delle forze di sicurezza curde e irachene e del servizio contro terrorismo di Baghdad e delle forze speciali dei Peshmerga. In questo caso il nostro Paese schiera 650 militari, 97 mezzi terrestri e undici mezzi aerei, schierati tra Baghdad, Erbil, Kirkuk e in Kuwait, dove opera l’Italian national contingent command air (It Ncc Air) che garantisce l’impiego degli assetti di volo come i KC 767A, gli Eurofighter e i Predator italiani. Inoltre, in questo assetto si sta completando lo schieramento di una batteria contraerea con capacità antimissilistiche basato sui sistemi Samp-T.

LO SCENARIO IRACHENO

In un contesto internazionale aggravato dalla guerra d’invasione russa dell’Ucraina, l’Italia è ai primissimi posti, insieme agli Stati Uniti, per contributi in operazioni e missioni Nato, che comprendono anche il comando delle due principali missioni “fuori area” della Nato, in Kosovo oltreché in Iraq. Come riferito da Maurizio Greganti, dall’ambasciatore d’Italia in Iraq, in una recente intervista all’Agenzia Nova, con la chiusura della missione in Afghanistan quella in Iraq è “divenuta la più importante missione out of area dell’Alleanza”. La situazione in Iraq, che quest’anno ha visto l’elezione di un nuovo presidente della Repubblica (Abdul Latif Rashid) e poi di un nuovo premier (Mohammed Shia al Sudani) si intreccia inevitabilmente con quella in Iran, Paese che mantiene potere e influenza nel Paese ma le cui relazioni con i Paesi europei sono messi in dubbio dalla repressione delle proteste in corso. In particolare, il mese scorso il Nord dell’Iraq è stato obiettivo degli attacchi dei Pasdaran iraniani (contro i gruppi curdo-iraniani). Ma anche della Turchia (contro i gruppi curdi, in primis il Partito dei lavoratori del Kurdistan). Elementi che confermano le difficoltà regionali.

DIFESA, MA NON SOLO

Ma il rapporto tra Italia e Iran va oltre l’ambito militare estendendosi nei settori dell’energia e delle infrastrutture in particolare, con 16 importanti aziende italiane presente in Iraq (Eni è presente nel Paese dal 2009). I dati elaborati dalla piattaforma “InfoMercatiEsteri” raccontato nel 2021 le esportazioni italiane hanno raggiunto il valore di 656 milioni di euro segnando un +22,9 per cento rispetto al 2020 (anno della pandemia di Covid-19) e superiore al dato del 2019 pari a 549,16 milioni di euro, mentre l’import ha toccato quota 3,359 miliardi di euro (+51 per cento rispetto al 2020) con una prevalenza dei prodotti minerari. Tra gennaio e settembre 2022 le esportazioni hanno superato i 526 milioni di euro, il 13 per cento in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, mentre le importazioni dall’Iraq hanno raggiunto 3,970 miliardi di euro, in aumento del 74,9 per cento su base annua.



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