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La rivoluzione del Tempest parte da Palazzo Chigi. L’opinione di Nones

È la prima volta che la presidenza del Consiglio annuncia un accordo del genere: segno della consapevolezza del governo di quanto sia strategica la scelta di collaborare con Regno Unito e Giappone allo sviluppo del caccia del futuro. Per l’Italia si aprono prospettive inaspettate

L’Italia, il Regno Unito e il Giappone hanno stretto un’alleanza senza precedenti nel settore della difesa per lo sviluppo e la costruzione del caccia del futuro, un jet supersonico di sesta generazione destinato a sostituire l’attuale Eurofighter Typhoon (frutto della collaborazione tra Italia, Regno Unito, Germania e Spagna): il nuovo aereo da combattimento si chiamerà Tempest e dovrebbe essere operativo nel 2035, con l’avvio della fase di sviluppo nel 2024. Ne abbiamo discusso con Michele Nones, vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali.

Come si può leggere l’annuncio di questo accordo alla luce del peculiare momento storico che l’Italia sta vivendo?

L’intesa raggiunta si muove in quella logica di spostamento dell’attenzione e degli interessi verso l’Indo-Pacifico che si sta verificando su scala internazionale, a cui l’Italia, in questo modo, si aggancia. Io penso che questa scelta sia stata condizionata dalla volontà inglese di trasformare il progetto iniziale, che era europeo, in un progetto globale, allargandolo al Giappone. Sicuramente per noi questa è un’occasione importante per muoverci con un orizzonte strategicamente molto più ampio di quanto è stato finora.

Ritengo molto significativo che questa decisione sia stata assunta e comunicata dalla presidenza del Consiglio dei ministri. È la prima volta nella storia italiana che una decisione in materia di sistemi della Difesa salga a quel livello. E questo corrisponde alla volontà del ministro della Difesa Guido Crosetto di richiedere il coinvolgimento dell’intero governo italiano e non solo del ministero, essendo Tempest una scelta di carattere strategico. I nostri presidenti del Consiglio sono sempre stati molto prudenti nell’esporsi per quanto riguarda il potenziamento delle nostre capacità di difesa. Le faccio un esempio. Quando nel 2015 uscì il Libro Bianco della Difesa, voluto dall’allora ministro Pinotti, si fece un tentativo per inserire una prefazione del presidente del Consiglio, che però si rifiutò.

Ogni progetto di questo genere è una scommessa che sfida i nazionalismi, basti guardare al caso del Fcas franco-tedesco.

Dal punto di vista tecnologico e industriale mi sembra evidente che un progetto con una forte presenza inglese avesse fin dall’inizio delle ottime possibilità di riuscita. Perché nell’ambito dell’industria dell’aeronautica militare le capacità tecnologiche e industriali del Regno Unito sono quelle che, di fatto, hanno portato al successo dell’Eurofighter. Certo, con l’apporto di Italia, Spagna e Germania. Ma non avremmo l’Eurofighter senza l’Inghilterra. Adesso, con la forza economica del Giappone, il progetto Tempest diventa ancora più credibile.

Il Giappone aveva pensato di sviluppare un suo velivolo, con il supporto americano, ma alla fine ha fatto una scelta diversa. Che è quella di entrare per la prima volta in un vero progetto internazionale, rendendosi più autonomo dagli Stati Uniti. Sicuramente è la dimostrazione che il Giappone sta puntando a una maggiore autonomia, sempre nel quadro delle alleanze tradizionali. Io credo che questo progetto avrà un forte impatto sul futuro del Fcas, porterà francesi e tedeschi a una grande riflessione. Nessuno può dire quale sarà il risultato, ma dovranno pensare seriamente se cercare di muoversi all’interno del nuovo team che si è formato. Non credo che senza Regno Unito, Svezia, Italia e con maggiori problemi nel trovare clienti sui mercati internazionali il progetto franco-tedesco possa andare avanti facilmente. Poi bisogna vedere quale sarà la volontà politica e quante risorse sono disposte a investire Berlino e Parigi per portare a termine il programma.

Quali sono le opportunità per l’Italia? Esistono problematiche legate alle catene di approvvigionamento globale, dato il periodo geopolitico?

Per quanto riguarda la supply chain, qui siamo ancora in uno stadio di sviluppo del sistema. A questo livello siamo perfettamente in tempo per individuare fornitori che non siano a rischio. Il tema della guerra in Ucraina e la crisi mondiale delle catene di approvvigionamento riguarda i prodotti che sono appunto in linea di produzione, non in sviluppo. Per l’Italia apre una prospettiva inaspettata, quella di poter partecipare alla grande trasformazione dei velivoli di sesta generazione con una squadra molto forte e molto internazionale, più di quella dell’Eurofighter. Sarà importante vedere come, se e quando i Paesi partecipanti si muoveranno nella prospettiva di portare questo velivolo sul mercato internazionale; che tipo di accordi faranno per ripartirsi i ruoli e i mercati.

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