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Perché la partnership atlantica deve essere rafforzata. Scrive Pennisi

Anche se l’interesse geopolitico e geo-economico si sposterà sempre di più verso il bacino del Pacifico, la “partnership atlantica” ha ancora una sua funzione. Non solo in Europa e per l’Europa, dove una “partnership” con gli Usa è essenziale per fronteggiare le aspirazioni della Federazione Russa. Ma anche nella dialettica con la Cina. Il commento di Giuseppe Pennisi

È ormai anziana la generazione che è cresciuta nell’aspirazione della costruzione della “partnership atlantica”, basata su due pilastri – Stati Uniti ed Europa – che, con i loro valori e senso della libertà – confrontassero il sistema autoritario che l’Unione Sovietica cercava di esportare in Asia ed America Latina. Il momento forse più alto della “partnership atlantica”, si è avuto, a mio avviso, con il Kennedy Round of Trade Negotiations, il grande negoziato commerciale della seconda metà degli anni Sessanta nell’ambito del Gatt (General Agreements on Tariffs and Trade), il precursore dell’Omc (Organizzazione Mondiale del Commercio) che diede un forte impulso alla liberalizzazione degli scambi commerciali tra i Paesi industriali ad economia di mercato, quindi segnatamente Stati Uniti ed Europa.

Dagli anni Settanta del secolo scorso, la “partnership atlantica” si è, in una prima fase, appannata a ragione sia della fine del sistema monetario internazionale quale allestito nel 1944 a Bretton Woods, sia del neo protezionismo strisciante dalle due parti dell’Atlantico (acciaio, auto). In una seconda fase, è parsa quasi sparire. Il contesto geopolitico mondiale è cambiato con l’Unione Sovietica sfaldatasi e diventata, al più una potenza regionale, la forte crescita dell’Asia, la modernizzazione della Cina, la sempre maggiore attenzione degli Stati Uniti al bacino del Pacifico, e l’Unione europea (Ue) alle prese, da un lato, con l’allargamento ad Est e da un altro, con la definizione di una più stretta integrazione (mercato e moneta unica).

La “partnership atlantica” è parsa acquistare nuova vita pochi mesi fa: l’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina è stata la molla per riattivarla e per fare sì che l’Ue confermasse impegni (a lungo disattesi) in materia di spese per la difesa comune e che gli Usa dessero priorità (e finanziamenti) al conflitto su territorio europeo.

Non è trascorso un anno e la “partnership atlantica” pare di nuovo in crisi. L’aspetto più visibile è stato l’Inflation Reduction Act (Ira) americano che prevede, tra l’altro, circa 400 miliardi di sussidi ad imprese che operano sul territorio americano per la transizione energetica e climatica e altre misure distorsive di commercio e investimenti e dà un duro colpo all’Omc impedita nell’esercitare la propria funzione giurisdizionale in quanto l’amministrazione americana (tanto quella guidata da Donald Trump quanto quella presieduta da Joe Biden) non hanno indicato i giudici di loro competenza.

Occorre ricordare che l’Europa ha a lungo esortato l’America a fare di più nella lotta contro il cambiamento climatico. Ora che lo ha fatto, l’Ue teme che il presidente Joe Biden stia seguendo un approccio “America First”, piuttosto che un approccio “climate-first”. L’Ira di Biden include sussidi protezionistici su prodotti chiave come le auto elettriche e l’elettronica. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha avvertito che l’Ue deve “adattare” le proprie regole sugli aiuti di Stato di fronte ai sussidi verdi americani”. Il testo della legge afferma che le eccezioni possono essere applicate solo ai Paesi con cui gli Stati Uniti hanno un accordo di libero scambio; l’America non ha un accordo del genere con l’Ue. Quasi in parallelo il Cancelliere tedesco Olaf Scholz ha annunciato che la Germania (di gran lunga il Paese più importante dell’Ue) rimanda di un paio di anni il promesso impegno per la difesa della Repubblica Federale e, quindi, anche per il contributo del proprio Paese alla Nato.

Non sono buoni segni per il rilancio della “partnership atlantica”. È destinata, quindi, a finire mestamente tra i ricordi del passato? Ritengo che, anche se l’interesse geopolitico e geo-economico, si sposterà sempre di più verso il bacino del Pacifico, la “partnership atlantica” ha ancora una sua funzione. Non solo in Europa e per l’Europa dove una “partnership” con gli Usa è essenziale per fronteggiare le aspirazioni (tutt’altro che legittime) della Federazione Russa. Ma anche nella dialettica con la Cina sia sotto il profilo economico che sotto quello strategico-militare. Il primo passo potrebbe essere una ripresa della trattativa Usa-Ue abbandonata da alcuni anni per creare una zona di libero scambio.

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