La manovra prevede l’istituzione del Polo nazionale della subacquea a La Spezia sotto la supervisione e il controllo della Marina Militare. “Sarà necessario sviluppare capacità per operare senza limiti di quota al fine di rispondere alla domanda di protezione delle infrastrutture critiche nazionali (strategiche per la connettività dati e per i flussi energetici) dalle crescenti minacce”, spiega il sottosegretario
Un emendamento alla Manovra presentato dai relatori prevede lo stanziamento di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2023 per la creazione del Polo nazionale della subacquea che nascerà a La Spezia. È un progetto lanciato negli anni scorsi dal Segretariato generale della Difesa e Direzione nazionale degli armamenti per rafforzare ricerca e innovazione nel dominio sottomarino e per mettere quest’ultimo in sicurezza al fine di favorire anche le opportunità industriali ed economiche. Ne parliamo con Matteo Perego di Cremnago, sottosegretario di Stato al ministero della Difesa.
Quali sono i prossimi passi verso l’operatività del Polo nazionale della subacquea?
Allo scopo di valorizzare, implementare e promuovere le potenzialità e la competitività del nostro Paese nel campo dell‘underwater è stato finalmente approvato un emendamento alla Legge di Bilancio 2023-2025 che prevede l’istituzione del Polo nazionale della subacquea nella sede di La Spezia sotto la supervisione e il controllo della Marina Militare. È stato già individuata la sede ideale nel Centro di Supporto e Sperimentazione Navale (CSSN) sia per le attività attualmente svolte dallo stesso Centro sia per la vicinanza ad altre strutture e infrastrutture con interessi affini agli obiettivi prefissati. Il CSSN è polo di eccellenza (civile e militare) della Marina militare che gestisce già i processi di ingegneria del supporto logistico per lo strumento navale ed è, inoltre, centro per la sperimentazione e lo sviluppo dei programmi scientifici e tecnologici della Marina Militare anche nel settore ambientale (marino) in forza dell’accordo di cooperazione siglato con il Centro di ricerca e sperimentazione marittima della Nato.
E successivamente?
Con una location già individuata andranno poi assunte iniziative volte a individuare idonee risorse economiche (è al momento autorizzata la spesa annua 2 milioni di euro a decorrere dal 2023) necessarie alla realizzazione dei progetti individuati nel Piano Nazionale della Ricerca Militare (PNRM) attinenti al cluster underwater, al fine di dare concreta e tempestiva applicazione agli obiettivi da perseguire. Parallelamente si dovrà sostenere l’eccellenza del settore, rappresentata dalla filiera delle piccole e medie imprese, da coinvolgere direttamente nei programmi e bisognerà istituire un tavolo tecnico di coordinamento interministeriale permanente allo scopo di favorire l’attività di ricerca e sviluppo, il supporto operativo alla difesa, la creazione di un modello economico di sviluppo del settore, la creazione e il consolidamento di una rete permanente di collaborazione tra le realtà coinvolte.
Quali sono le potenzialità da sfruttare nel campo dell’underwater tramite il Polo Nazionale della Subacquea?
La dimensione underwater interessa gli assetti subacquei militari – prima tra tutti la componente subacquea con scopi di deterrenza dal punto di vista militare – e i corridoi strategici legati all’approvvigionamento energetico, alla connettività, alla presenza di gasdotti e di dorsali sottomarini per la trasmissione del traffico dati e che come tali devono essere sorvegliati e protetti. Nell’ambiente subacqueo – che si distingue per la rilevante importanza e la puntuale attualità – sarà necessario sviluppare capacità per operare senza limiti di quota al fine di rispondere alla domanda di protezione delle infrastrutture critiche nazionali (strategiche per la connettività dati e per i flussi energetici) dalle crescenti minacce anche di tipo unmanned. I sistemi unmanned e autonomi avranno un ruolo sempre più cruciale nei futuri scenari e, pertanto, vanno considerati come una opportunità da cogliere, anche con un maggiore impiego delle Forze Speciali e specialistiche, da sempre vanto della nostra Marina Militare.
Come si articolerà il supporto operativo della difesa?
La guerra in Ucraina ha fornito alcune utili indicazioni su come e quanto l’innovazione tecnologica, anche per quel riguarda l’uso di sistemi a pilotaggio remoto relativamente economici, possa essere efficace di fronte a un avversario impreparato. Tanto nell’affondamento della nave ammiraglia russa nel Mar Nero, la Moskva, quanto nell’attacco ucraino al porto di Sebastopoli nell’ottobre 2022 il ruolo dei veicoli unmanned è stato determinante per neutralizzare navi da guerra molto più grandi e costose. I progressi in termini di osservazione della terra dallo spazio, così come le tecnologie dei sensori e degli Uxv, rappresentano grandi opportunità per le diverse marine militari che desiderino ampliare in modo sostanziale la portata di un sistema di combattimento ben oltre quanto fosse tecnicamente possibile solo un decennio fa. Queste opportunità, tuttavia, dipendono dalla capacità di una flotta di integrare adeguatamente una vasta gamma di sistemi di combattimento navale e i dati da essi prodotti in un’architettura robusta e interoperabile. Questo, a sua volta, dovrebbe essere accompagnato da una significativa evoluzione dottrinale per tenere il passo con l’evoluzione tecnologica. Il supporto operativo della Difesa dovrà essere garantito dalla Marina Militare, le sue navi e le sue componenti specialistiche a partire dal Comsubin e la Brigata Marina San Marco, le Unità Cacciamine e idrografiche e i Sommergibili.
Quali sono i progetti prioritari?
Vanno tutelate le infrastrutture strategiche nazionali preservando tutti i collegamenti subacquei nel Mediterraneo e per tale fine è necessario salvaguardare anche la sovranità tecnologica nazionale; un eventuale fallimento nel conseguire questo obiettivo comporterebbe serie e pericolose conseguenze per il nostro Paese. Per mantenere la sovranità tecnologica occorrerà sviluppare la capacità di percepire con immediatezza (meglio anticipare) le direttrici di sviluppo tecnologico, sviluppando al contempo efficaci misure per sfruttarne le opportunità sul piano militare, dove iniziano a definirsi scenari in cui il campo di battaglia sarà interessato da minacce ibride, spinta competizione per l’accesso alle risorse naturali (ovunque esse si trovino), sfruttamento dei domini cibernetico, spaziale e cognitivo, intensificazione della presenza nell’underwater, e dell’uso dei vettori unmanned.
Quale rapporto immagina con le aziende del settore?
La Marina Militare concorre nella protezione delle vie di comunicazione e delle infrastrutture sottomarine attraverso i sommergibili e altri mezzi anche di tipo unmanned, con spinte peculiarità esplorative e alta tecnologia; questi mezzi rappresentano asset strategici e forniscono un importante contributo all’high-tech e dell’indotto industriale di settore. La superiorità tecnologica, come dicevo prima, va mantenuta e preservata non solo attraverso studi e ricerche, ma soprattutto con investimenti e sinergie tra le industrie nazionali del settore Difesa, realtà che fortunatamente in Italia non mancano. Già la precedente risoluzione in commissione Difesa chiedeva al governo di intraprendere celermente iniziative, anche di carattere normativo, volte all’applicazione della direttiva per la politica industriale della difesa e di favorire la collaborazione e l’integrazione tra le strutture di supporto con il costituendo Polo, al fine di garantire lo sviluppo coordinato del cluster underwater, nonché incentivare gli scambi con le Marine militari alleate e amiche.
E quello con il mondo accademico?
La filiera nazionale della ricerca e della tecnologia underwater ha vissuto negli ultimi decenni un continuo processo evolutivo, che ha visto le realtà italiane affermarsi in campo internazionale con investimenti e successi del comparto industriale della difesa, nonché la fattiva collaborazione con università e centri di ricerca Va ampliato e rafforzato il Piano Nazionale della Ricerca Militare con un più intenso e coordinato coinvolgimento delle industrie nazionali, le piccole e medie imprese, i centri e gli enti di ricerca e le università con un focus sulla innovazione tecnologica. Il mondo accademico rappresenta un importante protagonista di questo processo e rappresenta un fattore abilitante per favorire l’attività di ricerca e sviluppo.