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Il vecchio e il nuovo nella battaglia del Pos. Il commento di Pennisi

Le transazioni elettroniche sono “tracciabili”, rappresentano quindi un limite e un vincolo all’evasione tributaria che in Italia ammonta a circa 100 miliardi di euro, valore abbastanza costante da qualche anno. Il commento di Giuseppe Pennisi

La “battaglia del Pos” – come possiamo chiamare il dibattito parlamentare e mediatico sulla richiesta degli esercizi commerciali e dei loro rappresentanti di una esenzione per le piccole transazioni con pagamenti elettronici cashless – non è stata un’utile perdita di tempo che ha fuorviato la discussione sulla legge di bilancio da temi più importanti, come sostengono alcuni commentatori economici.

Senza dubbio si è fatto molto chiasso su un tema che interessa un numero limitato di italiani e un elettorato rumoroso ma piccolo. Tuttavia, ciò ha dato alla “battaglia del Pos” un valore simbolico per distinguere chi è a favore del vecchio – pure all’interno di una maggioranza che mira a predisporre le condizioni per un’Italia più moderna e più giusta – e chi combatte per il nuovo.

I pagamenti elettronici – come documentato da studi pubblicati in queste settimane – non comportano un aggravio sul funzionamento dei piccoli esercizi commerciali: non solo le commissioni bancarie praticate in Italia sono molto più basse della media dell’Unione europea (Ue), ma gli esercizi con un fatturato modesto possono aderire a “convenzioni” che in pratica quasi azzerano gli oneri. Inoltre, i pagamenti elettronici eliminano i rischi di rapine e furti e il costo di tempo e denaro di recarsi alla banca per versare i contanti in conto corrente. I vantaggi sono numerosissimi; rendono il terziario più efficiente, caratteristica essenziale perché l’Italia torni a crescere dopo vent’anni circa di stagnazione, una leggera ripresa negli ultimi due anni a ragione di politiche di bilancio molto espansioniste per contrastare le implicazioni economiche della pandemia, prima, e dell’aggressione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa, poi, ed ora il rischio di una recessione in tutta l’Ue.

Naturalmente, le transazioni elettroniche sono “tracciabili”; quindi, rappresentano un limite e un vincolo all’evasione tributaria che in Italia ammonta a circa 100 miliardi di euro, valore abbastanza costante da qualche anno. Grosso modo, l’evasione è composta da circa 35 miliardi di Iva (Imposta sul Valore Aggiunto), 33 miliardi di Irpef (Imposta sui Redditi delle Persone Fisiche), 8 miliardi di Ires (Imposta sul Reddito delle Società), 8 miliardi di Irap (Imposta Regionale sulle Attività Produttive), circa 5 miliardi di Imu (Imposta Municipale). Ridurre l’evasione è necessario per andare verso un’Italia più moderna e più giusta, ossia tornare alla crescita e distribuirne più equamente i benefici.

A torto o a ragione, la Commissione Ue, l’Ocse, e l’Agenzia delle Entrate additano da anni il “piccolo terziario” (non solo il commercio ma anche i taxi ed i professionisti fornitori di servizi) come l’area dove c’è maggiore evasione. Le loro associazioni di categoria dovrebbero operare attivamente per contenere e, se possibile, eliminare questo stigma. Trovo incomprensibile che, al contrario, nella “battaglia del Pos” alcune di loro sono scese in campo a difendere quella che è una parte minoritaria, anche se chiassosa, dei loro associati.

Governo e Parlamento dovrebbero continuare su questa strada senza pensare di estendere o ampliare il credito d’imposta del 30% sulle commissioni sostenute per transazione effettuate con carta di credito, debito, prepagata o mediante altri strumenti di pagamento elettronici tracciabili effettuate da consumatori finali. Questa misura è stata istituita nel 2019, e destinata agli imprenditori o lavoratori autonomi, per i quali risultino nell’anno precedente ricavi e compensi inferiori ai 400.000 euro in relazione a cessione di beni e prestazioni di servizi resi nei confronti di consumatori finali. Il credito d’imposta è pari al 30% delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate con privati consumatori mediante strumenti di pagamento tracciabili. È un incentivo adeguato a indurre ad accettare pagamenti tracciabili.



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