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Qatargate, Panzeri e Kaili. Così hanno dominato il traffico internet

Pur se il nostro neologismo “Qatargate” ha più del doppio delle menzioni, a trascinare maggiormente le persone è invece il nome dell’ex vicepresidente dell’assemblea europea, Eva Kaili, che di tutto l’ascolto degli ultimi dieci giorni si prende il 53% dell’engagement complessivo. L’analisi dei dati, e del sentiment, di Domenico Giordano (Arcadia)

Il neologismo non è proprio dei più felici, almeno foneticamente non è il massimo e forse l’Accademia della Crusca non lo catalogherà neanche fra quelli meritevoli di entrare nell’elenco delle parole nuove, come è successo qualche giorno fa a bromance, eppure “qatargate” si sta prendendo nell’info-sfera un suo spazio di autonomia.

In particolare, le menzioni digitali, del tutto assenti nella prima decade del mese, fanno la loro comparsa tra il 9 e il 10 dicembre, con la pubblicazione delle notizie sui fermi e sulle perquisizioni da parte delle autorità belghe, e comprensibilmente subito crescono raccogliendo fino a questa mattina circa 7 mila citazioni che non sono affatto poche considerando che il termine di ricerca è di fresco conio.

Ma, al di là della quantità del parlato che lo scandalo che ha investito l’europarlamento ha generato, forse l’aspetto più interessante in questa nostra analisi delle discussioni, in parte forse scontato, ma anche inatteso, è quello che censisce la forza che le singole parole hanno nel coinvolgere le persone.

Infatti, pur se il nostro neologismo “Qatargate” ha più del doppio delle menzioni, a trascinare maggiormente le persone è invece il nome dell’ex vicepresidente dell’assemblea europea, “Eva Kaili”, che di tutto l’ascolto degli ultimi dieci giorni si prende il 53% dell’engagement complessivo e, di conseguenza, i picchi più alti. A riprova del fatto che a prescindere se siamo immersi in una dimensione digitale o fisica, online o al bar, ciò che riesce a stimolare la curiosità umana come nessun’altra molla, è quella sorta di voyeurismo da pianerottolo, che ci spinge a volere conoscere tutti i particolari privati e intimi dell’inquilino del piano di sopra. Tutti, almeno per una volta, non abbiamo resistito alla tentazione di appoggiare l’occhio sul buco della serratura per sbirciare nelle vite altrui.

Del resto, per avere una conferma di quanto appena osservato, è sufficiente aggiungere alla ricerca del parlato il nome dell’ex deputato del Partito Democratico, “Antonio Panzeri”, che dalle prime ricostruzioni sembra essere uno degli attori principali di questa tristissima vicenda.

Così, se le citazioni per il politico originario di Riviera D’Adda in provincia di Bergamo, scendono anche sotto la soglia delle 3 mila menzioni, l’engagement digitale è sostanzialmente identico a quello raccolto dalla Kaili e comunque più coinvolgente rispetto a quello prodotto dal freddo “qatargate”.

Per spazzare via gli ultimi granelli di scetticismo sulle keyword più coinvolgenti, è sempre utile fare un salto veloce su Google Trends, per conoscere le tendenze di ricerca degli italiani. Anche in questo caso, com’era prevedibile, è evidente dalla distanza tra i tre volumi di ricerca come l’amo al quale abbocchiamo più facilmente è quello nominativo.

Infine, prima di soffermarci sul sentiment coagulatosi sulle tre chiavi di ricerca, c’è da fare un’osservazione che riguarda i diversi territori digitali che hanno accolto le discussioni. Mentre “Eva Kaili” e “Antonio Panzeri” presentano le medesime percentuali di parlato su Facebook e Twitter, “Qatargate”, nonostante un engagement più contenuto rispetto alle prime due, risulta essere la keyword che ottiene più discussioni sulle piattaforme social. All’apparenza un paradosso, ma a ben guardare neanche tanto, perché poi sono stati principalmente i siti di informazione a scavare con la benna e senza remore nelle vite dei personaggi coinvolti nell’indagine per portare in superficie tutto, anche i dettagli più insignificanti.

Infine, per farci un’idea chiara dell’intensità e dell’emotività con le quali l’opinione pubblica sta valutando l’intera vicenda e, purtroppo, condannando i suoi protagonisti fermiamoci senza commentare perché non serve in questo caso l’esegesi del dato, la stima del sentiment ottenuto dalle tre keyword.

 


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