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Estremismi, golpisti tedeschi e ideologie ibride. L’analisi di Antinori (Sapienza)

Di Arije Antinori

Gli arresti della polizia tedesca hanno portato alla luce la corrente sotterranea di teorie cospirazioniste eversive che si diffondono, evolvono e si mescolano nella sfera digitale. Arije Antinori, professore di Criminologia e sociologia della devianza alla Sapienza ed esperto dell’Osservatorio europeo sull’odio online, legge l’accaduto e le origini

La vasta operazione di polizia condotta nei giorni scorsi dalle autorità tedesche, che ha portato (principalmente in Germania, ma non solo) all’arresto di 25 persone per terrorismo, colte nella flagranza di pianificare un colpo di stato, consente di operare una riflessione, seppur sintetica, sulla sicurezza in Europa alla luce dell’emersione e sviluppo delle nuove minacce di natura estremistico-violenta e terroristica.

Il gruppo Reichsbürger, Cittadini del Reich, è parte di un più ampio movimento subculturale sommerso, di natura estremistica, dalle radici non del tutto chiare, ma tendenzialmente negazionista e caratterizzato da una certa conflittualità interna derivante dalle dispute tra i diversi corpuscoli che lo popolano. Il movimento si sostanzia per la variabile intensità delle pratiche, per lo più nonviolente, di espressione del dissenso, auto-separazione e/o alienazione volontaria, nonché aperto conflitto con lo Stato. Tuttavia, negli ultimi anni sono state compiute alcune azioni particolarmente violente, eterodirette ed anti-sistemiche.

In tale contesto, il gruppo oggetto dell’intensa attività investigativa condotta sia sul campo che online, si autolegittima attraverso l’adesione alla (pseudo-)ideologia eversiva di ispirazione nazionalsocialista che identifica la Repubblica federale di Germania come uno Stato di fatto illegale in quanto ritenuto privo di riconoscimento giuridico, a differenza invece del “Deutsche Reich” in grado, quindi, di trascendere la limitata esperienza spazio-temporale rivendicata nella storia tedesca. I membri del gruppo Reichsbürger si nutrono digitalmente di narrazioni estremistico-violente prettamente antisemite, negazioniste, islamofobiche e più genericamente divisive.

L’arresto in questione, infatti, unitamente ad analoghe recenti attività poste in essere dalle autorità dei singoli Stati Membri, soprattutto nel contesto nazionale e europeo post-pandemico, mette in evidenza una serie di cogenti problematiche relative alla radicalizzazione, all’estremismo violento e al terrorismo interno/internazionale, in uno scenario in continuo mutamento ed evoluzione.

Negli ultimi anni stiamo affrontando, con grande attenzione e in modo transdisciplinare, sia sul piano strategico che operativo, nel quadro delle diverse attività della Radicalisation Awareness Network (Ran), le questioni relative alla prevenzione, contrasto e anticipazione delle emergenti minacce alla sicurezza nell’Unione Europea.

Qui si evidenzia la caotica gemmazione delle cosiddette “ideologie ibride” alla base di patchwork identitari-reazionari che si sostanziano nell’adesione a comportamenti devianti e/o criminali rispettivamente antisociali, antigovernativi e antisistemici. Sul piano della pervasività connettiva ideologico-violenta, desta particolare preoccupazione l’eventuale, qualora accertata, contiguità con ex-membri delle forze di polizia e forze armate, che farebbe pensare ad un certo livello di profonda permeabilità del tessuto socio-culturale e istituzionale tedesco.

Si evidenzia, inoltre, la capacità attrattiva che suscitano oggi le visioni cospirazionistiche e i complottismi, soprattutto grazie alla loro ampia diffusione e socializzazione online, ossia nell’ecosistema (cyber-)sociale, ove risulta molto più coinvolgente sostenere, accettare e credere nell’esistenza di una realtà occulta, o meglio occultata da un gruppo ristretto di potenti macchinatori, disvelando (improbabili) connessioni logiche, in cui non vi è posto per la casualità, ma “ogni cosa” sarebbe il risultato di attenta e predeterminata pianificazione operata da oscure lobby intente a far apparire l’esistente come non è nella sua sostanza, al fine di perseguire i propri interessi di dominio anche attraverso pratiche disumane, se non addirittura trasformative dell’essere umano stesso, come nel caso dei rettiliani.

Ulteriore elemento da sottolineare è la crescente espansione di ciò che viene generalmente definito odio online, attraverso la diffusione massiva sia a livello nazionale che globale di narrazioni tossiche e divisive volte a disgregare, frammentare e contaminare l’ecosistema (cyber-)sociale, spesso coinvolgendo giovani soggetti fragili – anche grazie alla memetica e alla comunicazione emozionale – in cerca di riconoscimento identitario nella loro comfort zone digitale. Infine, si rappresenta la minaccia derivante dalle interconnessioni tra gruppi e/o movimenti più o meno formalizzati, ma “connettivamente” organizzati all’interno delle infosfere dell’odio, e attori ostili esterni in grado di interferire e influenzare il regolare corso delle democrazie occidentali.

Alla luce di tutto ciò, occorre, quindi, l’elaborazione di nuove strategie di osservazione e interpretazione della complessità delle minacce alla sicurezza, tanto pubblica quanto nazionale e dell’intera Unione, in un quadro caratterizzato dalla significativa contrazione dell’orizzonte strategico, all’interno di uno scenario post-pandemico già compromesso dagli effetti – per il momento solo di breve termine – dell’invasione militare russa dell’Ucraina, dalla crescente frammentazione e tensione sociale, dal progressivo impoverimento economico, incertezza del futuro, insicurezza percepita e interdipendenze attoriali transcontinentali, in cui il rapido sviluppo tecno-sociale, la gamification dell’esistente e l’immersività dell’esperienza onlife aprono il fronte a nuove e inesplorate vulnerabilità socio-cognitive, in particolare sul piano della radicalizzazione violenta e dello spontaneismo destrutturato attraverso l’ecosistema (cyber-)sociale.

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