Diversamente dalla Capitale, in tutte le più importanti capitali europee la gestione dei rifiuti è una componente positiva dell’economia urbana, in termini di recupero di materia ed energia. Mentre aspettiamo il termovalorizzatore e l’idrogeno, Roma spende almeno 200 milioni all’anno solo per trasferire i suoi rifiuti in altre Regioni e nei Paesi europei. E la città è sempre sporca. Eppure da dieci anni abbiamo la soluzione. Il commento di Corrado Clini, già ministro dell’Ambiente
L’art. 35 del decreto semplificazioni bis del 31 maggio 2021, n.77, “Misure di semplificazione per la promozione dell’economia circolare” , convertito con la legge del 29 luglio 2021, n. 108, ha stabilito che “la sostituzione dei combustibili tradizionali con CSS-combustibile conforme ai requisiti di cui all’art.13 del decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela e del territorio del Mare del 14 febbraio 2013,n.22, in impianti o installazioni già autorizzati non costituiscono una modifica sostanziale”.
Ovvero l’impiego di Css-combustibile negli impianti di produzione di cemento e nelle centrali termoelettriche alimentate a carbone non richiede una specifica autorizzazione.
Il decreto 22 del 2013 è il “decreto Clini”, che ha fissato gli standard di produzione del Css derivato dai rifiuti non pericolosi, e ha stabilito le norme di impiego con limiti molto rigorosi per il contenuto di cloro e mercurio, e per i metalli pesanti (arsenico, cadmio, cromo, nichel, piombo).
L’impiego di Css consente una sostituzione del carbone nelle centrali termoelettriche fino al 20%, e del pet-coke/polverino di carbone nei cementifici fino al 70%, con effetti significativi sull’efficienza del processo di produzione, sulla riduzione delle emissioni, sull’importazione di fonti energetiche primarie.
L’Italia del “No” ha contestato per anni l’impiego del Css e il “decreto Clini”, raccontando che i cementifici e le centrali diventavano inceneritori. Ma il Css non è un rifiuto, è un combustibile “end of waste” alternativo ai combustibili fossili, come previsto dalle regole europee.
E tuttavia ci sono voluti 8 anni perché il Tar e il Consiglio di Stato confermassero che “l’impiego del Css risulta conforme alle politiche europee per la creazione e promozione dell’economia circolare, nel pieno rispetto della gerarchia europea dei rifiuti”.
E il decreto semplificazioni bis ha codificato le decisioni di Tar e Consiglio di Stato.
Il Css-combustibile assicura prestazioni ambientali molto più elevate non solo dei combustibili tradizionali ma anche del combustibile derivato dai rifiuti (Cdr) già impiegato da anni in Italia sia negli impianti di produzione di elettricità che nei cementifici.
Il potere di sostituzione del Cdr è molto inferiore rispetto al Css-combustibile, ed è assoggettato alle autorizzazioni previste per l’impiego dei rifiuti.
La centrale Enel di Fusina-Venezia ha impiegato fino al 10% di Cdr in sostituzione del carbone, mentre nei cementifici il Cdr sostituisce in media il 15% del pet-coke/polverino di carbone.
Per avere un termine di riferimento, in Germania il potere di sostituzione del Css nei cementifici è in media del 70%.
Il Css-combustibile può essere facilmente prodotto a Roma. Con il decreto del 25 marzo 2013, che recepiva il “Patto per Roma” sottoscritto dalla Regione Lazio, dal Comune e dalla Provincia di Roma, avevo stabilito che la riqualificazione dei Tmb della Regione avrebbe dovuto assicurare almeno il 35% di produzione di Css-combustibile da utilizzare negli impianti autorizzati nella Regione. Non è successo nulla. Proviamo a ripartire dal 2013.
Se a Roma fosse prodotto – come previsto dal “Patto per Roma” – Css- combustibile in quantità pari ad almeno il 35% dei rifiuti urbani trattati (circa 700.000 tonnellate/anno) destinato ai cementifici e alle centrali termoelettriche della Regione, sarebbe possibile ottenere molteplici risultati ambientali ed economici.
Assumendo come riferimento il tasso di sostituzione del pet-coke/polverino di carbone nella stessa percentuale della Germania (70%), l’impiego nei cementifici di Guidonia e Colleferro di circa 25o.000 tonnellate/anno di Css, consentirebbe una riduzione
- delle emissioni di CO2 pari ad almeno 850.000/tonnellate/anno, con un risparmio sulla tassa di carbonio applicata dal sistema Ets dell’Unione Europea pari, ad oggi, tra 55 e 65 milioni €/anno;
- del costo di trasporto e smaltimento dei rifiuti di Roma nelle altre Regioni o all’estero per almeno 50 milioni€/anno;
- del costo di approvvigionamento di pet-coke/polverino di carbone per almeno 25milioni€/anno.
E assumendo come riferimento lo stesso tasso di sostituzione del carbone nella centrale Enel di Fusina-Venezia (10%), l’impiego di 450.000 tonnellate/anno di Css nella centrale Enel di Civitavecchia, consentirebbe
- la riduzione delle emissioni di CO2 di almeno 1.600.000/ tonnellate/anno, con un risparmio sulla tassa di carbonio applicata dal sistema Ets dell’Unione Europea pari, ad oggi, tra 105 e 125 milioni€/anno;
- del costo di trasporto e smaltimento dei rifiuti di Roma nelle altre Regioni o all’estero per almeno 90 milioni€/anno;
- del costo di approvvigionamento di carbone per almeno 45 milioni€/anno.
Per “pulire” Roma, per ridurre i costi e migliorare la qualità dell’ambiente, in attesa del termovalorizzatore e dell’idrogeno dai rifiuti, nel periodo di funzionamento residuo della centrale di Civitavecchia, il Css-combustibile è una risorsa strategica.
Le norme ci sono. I vantaggi sono evidenti. Ora serve la capacità di scelta, ovvero serve la politica.