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Navi russe e assetto da Guerra fredda. Il punto di Sanfelice di Monteforte

La preoccupazione su un “uso limitato della forza” da parte della Russia. Magari colpendo in qualche punto più debole, come per esempio le fibre ottiche che attraversano l’Adriatico o gli oleodotti che attraversano il Canale di Sicilia. Così l’ammiraglio Sanfelice di Monteforte commenta la presenza di navi russe nel Mediterraneo, confermata ieri dal comandante De Carolis

Il comandante in capo della Squadra Navale, Aurelio De Carolis, ha confermato ieri la presenza di navi russe nel Mare nostrum, a margine della cerimonia di avvicendamento del comando tattico dell’operazione Mediterraneo sicuro. Non è in realtà una novità, visto che storicamente le navi russe hanno sempre solcato il Mare nostrum.  Dallo scoppio della guerra russo-ucraina lo scorso febbraio, era infatti già stato avvistato l’incrociatore di classe Slava, Varyag, progettato principalmente per il combattimento anti-nave, seguito da altri avvistamenti nel corso dell’anno. Sarà compito della Marina militare italiana tenere sotto controllo da vicino la situazione e monitorare gli spostamenti delle navi del Cremlino. Della strategia navale messa in campo dalla Russia di Putin e delle possibili prospettive ne abbiamo parlato con l’ammiraglio Ferdinando Sanfelice di Monteforte, esperto militare e docente di Studi strategici.

Le navi russe hanno sempre solcato le acque del Mare nostrum, cosa cambia questa volta?

Siamo ritornati a un assetto di Guerra fredda. C’è la portaerei americana, ci sono le navi russe che seguono la portaerei e poi ci sono ancora altre navi russe che orbitano molto pericolosamente vicino al mare Adriatico. Si tratta di uno scenario che ho vissuto quando ero un giovane ufficiale inseguendo navi e sommergibili russi: mi sembra di essere tornato indietro nel tempo di cinquant’anni.

Come sta cambiando la strategia navale del Cremlino?

In realtà non sta propriamente cambiando, quanto sta ritornando a fare ciò che faceva durante la Guerra fredda. Una parte delle forze russe sono infatti impegnate nel Mar Nero contro l’Ucraina, mentre il resto è impiegato per compiti di contro-deterrenza nei confronti delle forze occidentali e mette in scena provocazioni per far vedere la propria presenza nelle aree di maggiore instabilità come il Mare Adriatico.

In questo caso gli assetti messi in campo da Mosca ci fanno preoccupare più del passato?

La Russia non se la passa molto bene dal punto di vista navale e ha quindi messo in campo tutto ciò che è più o meno in grado di galleggiare, mantenendo le forze soprattutto nel Mar Bianco dal momento che per la Federazione russa l’Artico è fondamentale, anche sul piano delle risorse. I russi fanno quindi ciò che possono in un Mediterraneo che però non è più lo stesso dei tempi della Guerra fredda. In questo contesto si inserisce la preoccupazione in merito a ciò che la Russia potrebbe fare adottando quello che in strategia viene chiamato “’uso limitato della forza”. Cioè colpirci in qualche punto più debole, come per esempio le fibre ottiche che attraversano l’Adriatico o gli oleodotti che attraversano il Canale di Sicilia, in modo da danneggiarci. Il fatto che ci sia stata una nave idrografica e oceanografica, impropriamente da molti chiamata nave-spia, proprio nell’area fa venire dei sospetti.

Cosa si potrà aspettare la Marina militare italiana che ha un ruolo di primo piano nel monitorare questa situazione?

La nostra Marina sta facendo ciò che deve e rispetta a pieno il suo compito, tallonando e monitorando i russi in modo che potenziali atti violenti contro di noi vengano documentati e soprattutto prevenuti.

Perché Mosca guarda con grande interesse all’Adriatico?

L’attenzione e il coinvolgimento della Russia nell’Adriatico è particolarmente interessante. In primo luogo, perché non si tratta di una tendenza strategica recente ma di vecchia data. Secondariamente, perché l’Adriatico è la faglia fra diverse civiltà in conflitto fra di loro. Per questo Mosca cercherà di mettere un fiammifero acceso nella polveriera. Non è un caso, infatti, che storicamente già i tedeschi nel 1921 avevano cominciato a chiamare il Mediterraneo “mare di mezzo”.

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