Nel giorno in cui i sondaggi certificano il successo di Meloni e di FdI (che arriva al 31,7%) abbiamo chiesto a Flavia Perina e Massimiliano Panarari come potrà la premier spezzare la maledizione dei leader italiani dell’ultimo decennio e trasformare i consensi del 2022 in azione politica e solidità istituzionale
Il 2022 è stato l’anno dei record per Giorgia Meloni: da unico partito all’opposizione del governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi, il 25 settembre ha incassato oltre il 26% dei consensi alle elezioni politiche. Da unica donna leader di partito è diventata la prima donna presidente del Consiglio. E, meno raccontato eppure non meno sorprendente, Fratelli d’Italia è il primo movimento nato da una scissione ad aver preso molti più voti del “partito-madre” (Pdl/Forza Italia), dai tempi della spaccatura tra comunisti e socialisti nel 1921.
Meloni chiude l’anno con sondaggi da incorniciare
Oggi la premier chiude l’anno con il sondaggio di Pagnoncelli, che sul Corriere della Sera certifica una luna di miele ancora in corso. Il gradimento personale di “Giorgia” è al 58%, FdI cresce al 31,7% e fa arretrare tutti gli altri: Pd (16,3%), Lega (7,8%), Forza Italia (6,2%). Gli unici a crescere sono i 5 Stelle, che passano dal 15,4% delle politiche al 17,6% del 22 dicembre. Un paio di numeri che fanno riflettere: a gennaio 2022 Pd (20%), Lega (19,7%) e FdI (19,5%) erano separati solo dallo 0,5%, mentre ora FdI li stacca con un vantaggio che va dai 15 ai 23 punti. Il partito di Meloni riesce a essere in testa tra gli operai (39%, con il Pd al 9%) e pure tra i più benestanti.
In questo momento Meloni, che ha una certa dose di autoironia, starà facendo gli scongiuri. Ma restando in tema di scaramanzia, la domanda che molti si fanno è se riuscirà a interrompere la maledizione che ha colpito i leader italiani dello scorso decennio: Grillo, Renzi e Salvini non sono stati in grado di mantenere il grande successo politico che in momenti diversi avevano raggiunto. Quali mosse potrà mettere in campo per mantenere (o incrementare) la sua leadership, il successo del suo partito e dare una spinta all’azione di governo?
Formiche.net lo ha chiesto a Flavia Perina e Massimiliano Panarari.
Non la rivincita della destra ma una nuova classe dirigente
Secondo Perina, “la principale sfida che vedo nel 2023 per il primo governo italiano guidato dalla destra è quella del senso dello Stato, e cioè della capacità di immaginare se stessi non come i protagonisti di una rivincita politica ma come la classe dirigente dell’ottava o nona potenza economica del mondo. Il bivio che hanno davanti è quello tra accontentare la loro curva o governare con soluzioni nuove la complessità del presente. Se sceglieranno la prima strada avremo un anno di leggine-bandiera, sul tipo di quella contro i rave. Se sceglieranno la seconda si potrebbe verificare qualcosa di più interessante: ad esempio, nel nome del loro dichiarato patriottismo, potrebbero mettere su un binario morto la sciagura dell’autonomia differenziata che ci perseguita da un ventennio e depotenziare le repubblichette regionali che ricattano lo Stato senza peraltro la capacità di sostituirsi ad esso. Vedremo.”
FdI dovrà diventare il partito conservatore italiano
Per il professore di sociologia della comunicazione, “la sfida che Giorgia Meloni si trova davanti, accanto a quelle collegate al governo, riguarda la definizione del campo politico e il consolidamento di Fratelli d’Italia come possibile partito pigliatutto. In questi anni ha potuto imparare la lezione delle leadership instabili dei partiti populisti e neo-populisti che l’hanno preceduta, rispetto ai quali Meloni ha compreso come sia necessario dare forza e struttura per non finire nel vicolo cieco della caducità e dell’intermittenza.
La mia sensazione dunque è che oltre a lavorare sul governo, come annunciato in conferenza stampa, e a far sì che esso duri un’intera legislatura, questo quinquennio le servirà anche per consolidare Fratelli d’Italia e trasformarlo nel partito conservatore che – nei suoi piani – si mangia settori di Lega e Forza Italia. In questa prospettiva, restano però alcune questioni aperte, a partire dall’eredità di una destra che è stata post-fascista e rispetto alle cui ambiguità e ambivalenze, per molte ragioni, Meloni non ha voluto sciogliere i nodi di Gordio”, conclude Panarari.