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L’Italia nel mondo. Il programma Tajani analizzato da Coratella (Ecfr)

Di Teresa Coratella

Se non fosse stato per l’attuale contesto di guerra, la percezione è che il dossier migratorio avrebbe probabilmente dominato la presentazione del ministro. L’analisi di Teresa Coratella, Programme manager dell’ufficio di Roma dello European Council on Foreign Relations

Le tre stelle polari dell’Italia rimangono Europa, alleanza transatlantica e multilateralismo. Questo il kick off di Antonio Tajani, ministro degli Esteri, in sede di audizione sulle linee programmatiche del suo dicastero.

Nei 48 minuti di presentazione della politica estera italiana del governo Meloni, il ministro Tajani è partito dal confermare, a seguito della conferenza di Parigi indetta dal presidente francese Emmanuel Macron, come l’Italia rimanga fermamente ancorata a sostenere l’Ucraina lavorando a un tavolo di pace attorno al quale questa possa sedersi come Paese libero e indipendente.

Il secondo tema primario, utilizzato dal ministro come un collante cross-programmatico per affrontare le varie priorità, è la questione migratoria, descritta non come un problema con Francia o Germania, ma piuttosto come un dossier da affrontare in maniera collegial-comunitaria, soprattutto con riferimento alla rotta Sud e a quella Est (intesa come Balcanica), entrambe di egual importanza agli occhi di Roma. Un tema che riguarda la lotta ai trafficanti di esseri umani, la collaborazione sui rimpatri e pure il grande potenziale che un grande piano di investimenti strutturale potrebbe e dovrebbe avere nel favorire crescita e sviluppo e conseguentemente ridurre le ondate migratorie.

Dalla questione migratoria, si è posto poi particolare accento su Balcani e Africa. Nel primo caso, a detta del ministro, per troppo tempo ignorati, soprattutto per quanto rotta migratoria, Kosovo-Serbia e ingerenze di attori esterni. Nel secondo, dimenticata per troppo tempo e diventata vittima del colonialismo commerciale e strutturale da parte della Cina.

Ovviamente il Mediterraneo ha avuto la tradizionale attenzione, con un focus sul suo potenziale di porta di accesso all’Africa; sulla Libia e la questione relazioni commerciali e migratoria; su Egitto e rispetto diritti umani, il caso Giulio Regeni e la libertà di Patrick Zaki; sulla risoluzione del conflitto israelo-palestinese esclusivamente attraverso il caposaldo della soluzione dei due popoli e due Stati.

Molte le proposte concrete poste sul tavolo dal ministro. Tra esse: un vertice sui Balcani a Roma; il gruppo di lavoro composto da Macedonia del Nord, Bulgaria, Italia e Albania sul corridoio numero 8; la richiesta di flessibilità sul Pnrr, concepito in pandemia e per questo assolutamente da aggiornare; apertura verso l’opportunità di dare vita a un nuovo tribunale, diverso dall’Aja, per i crimini commessi nella guerra russa all’Ucraina; un piano di formazione e borse di studio per giovani africani in Italia che possano in futuro diventare ambasciatori dell’Italia in Africa.

Tuttavia, maggiore attenzione avrebbero potuto ottenere dossier di altrettanto primaria importanza per l’ordine multilaterale, come la gestione della relazione con l’Iran, Siria, Yemen, terrorismo, Indo-Pacifico, transizione ecologica ed energetica, America Latina. Come anche maggiore elaborazione avrebbero potuto avere le proposte circa le relazioni con Turchia, definito partner strategico dell’Europa e della Nato, allo stesso tempo problematico per le questioni di tutela di Grecia e Cipro e per il graduale disancoraggio dall’Europa; e la Cina, partner economico ma rivale sistemico, colonizzatore in Africa e minaccia alla sovranità economica dell’Unione europea. E la Russia, declinata attraverso la questione sanzioni per cui il ministro ha confermato l’impegno italiano a rispettarle in accordo con gli alleati, attraverso le scelte fatte con Nato ed Europa, ribandendo tuttavia come ogni decisione sull’invio delle armi passerà sempre per il Parlamento. E maggiore enfasi sarebbe potuta esser posta, in tempo di guerra in Europa, sulla Nato, per cui l’Italia vuole essere protagonista, alleato serio, credibile e affidabile per difendere ordine internazionale e rispondere alle sfide globali ma per cui non sono stati espresse particolari visioni future.

Il parlamento ha goduto di attenzione speciale da parte del ministro, specialmente per la sua importanza nel processo decisionale di sostegno militare all’Ucraina e sulla centralità della diplomazia parlamentare come strumento di rafforzamento del sistema Italia e del ruolo dell’Italia in Europa.

Meno considerazione diretta per l’Europa, descritta attraverso il principio della sussidiarietà come necessaria quando gli stati membri non riescono; la necessità di riforma del patto di stabilità e crescita, soprattutto alla luce della nuova proposta della Commissione, definita dal ministro come piena di luci e ombre; la difesa comune europea, necessaria per avere una politica estera europea.

Se non fosse stato per l’attuale contesto di guerra, la percezione è che il dossier migratorio avrebbe probabilmente dominato la presentazione del ministro. Dossier migratorio affrontato quasi attraverso ogni priorità descritta, soprattutto quella energetica, con la conferma dell’urgente necessità di rafforzamento dei partenariati con i Paesi della sponda Sud per rafforzare autonomia strategica dell’Unione europea e per generare prosperità e crescita nei Paesi di origine. Attenzione alla questione migratoria, quasi a confermare un possibile scenario futuro in cui proprio su questo tema maggiore sarà lo scontro tra Roma e Bruxelles.

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