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La transizione non si fa con il deficit, ma con meno burocrazia

Alle istituzioni chiediamo di essere levatrici delle energie della società civile non di fare da tappo. Su questo fronte il nuovo governo ha fatto bene con due decisioni importanti, ma non basta. L’analisi di Leonardo Becchetti

Stiamo pagando il conto salatissimo del nostro ritardo nella transizione ecologica. Abbiamo sprecato 70 miliardi di euro per aiutare cittadini e imprese a pagare bollette quando, se avessimo dato retta solo qualche anno fa all’appello di uscire dalle fonti fossili (prima dei pionieri della finanza etica come Etica sgr 22 anni fa, poi di papa Francesco nella Laudato Si nel 2015) avremmo potuto usare quei soldi per fare altro. E non avremmo avuto né il caro bollette ne l’inflazione, quell’11,8 percento ai dati odierni che erode redditi, ricchezza e risparmi di famiglie imprese e ci rende tutti più poveri.

La risposta all’emergenza climatica, al caro bollette, all’inflazione, al problema della dipendenza energetica da paesi terzi è sempre la stessa, crescere rapidamente nella quota di energia prodotta da rinnovabili. La beffa è che non c’è bisogno di soldi pubblici, di sforamento di bilancio, di deficit che l’Unione Europea potrebbe non approvare. Bisogna soltanto accelerare sul fronte delle autorizzazioni perché ci sono sul tavolo progetti per 280Gw (4 volte quanto richiesto dagli obiettivi di abbattimento della Co2) che aspettano di essere approvati. Siamo un paese ricchissimo di innovazione, progettualità, capacità diffusa sul territorio di risolvere problemi. Alle istituzioni chiediamo di essere levatrici delle energie della società civile non di fare da tappo.

Su questo fronte il nuovo governo ha fatto bene con due decisioni importanti. Il raddoppio dei membri della commissione di Valutazione d’Impatto ambientale e la pubblicazione delle regole chiave dei decreti attuativi sulle comunità energetiche che ha aperto un brevissimo periodo di consultazione che si conclude il 12 dicembre. I prossimi passi sono l’uscita più rapida possibile dei decreti attuativi che possono dare il via ai progetti e le autorizzazioni per i parchi eolici offshore (Terna ha ricordato questa settimana che è pronta ad allacciare fino a 90GW di nuova potenza a breve termine). Per mesi avevamo preferito andare a caccia di farfalle inseguendo l’araba fenice del price cap che ha partorito sinora solo l’idea ridicola di un cap europeo che è talmente alto da non essere stato toccato nemmeno ad Agosto scorso quando i prezzi del gas erano a livelli stratosferici.

Facendo finta di ignorare che l’unico price cap possibile è quello del governo che consente a proprie spese ai consumatori di pagare un prezzo calmierato integrando con proprie risorse e non certo quello che presume che noi abbiamo la forza contrattuale di costringere la Russia a vendere il gas a prezzi più bassi. La via per la soluzione veloce al problema l’ha indicata un noto estremista di sinistra come Vittori Feltri che in un suo blog recente ha spiegato come è riuscito in poco tempo a far passare la sua bolletta da 500 a 40 euro una settimana per installare i pannelli sul tetto e due giorni per l’allaccio (procedura accelerata purtroppo solo grazie ad un suo articolo di protesta). Niente a che vedere comunque con il perpetuare la nostra dipendenza da emiri o dittatori di turno o la strategia di “aspettare Godot” parlando di centrali nucleari o di fusione.

Intanto il mercato corre molto più veloce della politica e le pubblicità su radio e giornali ci parlano in continuazione di pannelli, di pompe di calore e di auto elettriche. E siamo diventati eccellenza e frontiera nella produzione di pale eoliche (Puglia) e di pannelli e batterie di ultima generazione (Catania). L’Italia è il paradiso delle rinnovabili diceva nel suo discorso d’insediamento la premier Meloni. Se vogliamo veramente realizzare come si propone il governo l’obiettivo dell’indipendenza e della sovranità energetica non abbiamo altro che da sederci a tavola. Dimenticavamo il modello di energia diffuso e partecipato da fonti rinnovabili con alcuni grandi impianti e comunità energetiche è anche un grande strumento di pace. Molte guerre nella storia sono state combattute per il controllo delle fonti di energia fossile, Nessuno farà invece la guerra per conquistare il pannello sul tetto del vicino.

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