Quella di Parigi è una conferenza di donatori, “però potrà essere occasione di ulteriore incontro della comunità occidentale che sostiene l’Ucraina in questa tormentata vicenda”. Conversazione con l’ambasciatore Michele Valensise, già segretario generale della Farnesina, presidente del Centro italo-tedesco Villa Vigoni
Il presidente francese Emmanuel Macron che rientra dagli Stati Uniti, la conferenza dei Paesi donatori per l’Ucraina, lo spazio di manovra italiano, l’unità del fronte occidentale. Abbiamo affrontato questi temi in una conversazione con l’ambasciatore Michele Valensise, già segretario generale del ministero degli Esteri e ambasciatore in Germania, presidente del Centro italo-tedesco Villa Vigoni.
Cosa ci possiamo aspettare dalla conferenza dei donatori all’Ucraina indetta per il 13 dicembre?
Sarà un ulteriore momento di coordinamento tra i Paesi che contribuiscono al sostegno dell’Ucraina. E’ una conferenza dei donatori, ma potrà essere anche un’occasione di raccordo politico della comunità occidentale, anche se è bene non nutrire aspettative eccessive circa possibili sviluppi diplomatici del conflitto. Dal colloquio Joe Biden-Emmanuel Macron è emersa anche una disponibilità degli Stati Uniti all’esplorazione di una soluzione diplomatica, sulla base ovviamente di criteri accettabili, ma la Russia ha risposto negativamente.
Le frizioni franco-tedesche avevano lasciato un po’ in ombra la Francia. Ora Parigi riacquista un ruolo di primo piano con il viaggio di Macron?
È il riconoscimento del ruolo di un Paese importante come la Francia. Poi noi europei dobbiamo stare attenti a non lasciarci troppo prendere dalla competizione per il “primo della classe”. L’importante è che l’Europa sia coesa. Da quello che ho visto, Macron ha portato avanti una linea sicuramente francese, ma anche europea, soprattutto per quanto riguarda i dossier economici.
Tra le due sponde dell’Atlantico c’è una forte coesione, il che non significa allineamento totale. Su alcune questioni di concorrenza ci sono dei punti che occorre sollevare e sui quali mi pare ci sia una disponibilità di fondo degli americani ad ascoltare le priorità europee.
Che spazio può ritagliarsi l’Italia in tutto questo?
L’Italia si è già ritagliata un ruolo positivo. E’ un Paese importante dell’Unione Europea e dell’Alleanza Atlantica. La linea del governo non lascia dubbi sulla nostra coerenza e sul nostro impegno al sostegno coordinato dell’Ucraina. Continuo a pensare che il nostro ruolo sia più forte se saldamente inserito in nel quadro europeo e atlantico, piuttosto che cercando di procedere da soli.
Questo per quanto riguarda l’Ucraina. E per quanto riguarda la diatriba commerciale?
Beh, c’è un dibattito aperto con gli Stati Uniti. Un dibattito fisiologico tra Paesi amici e alleati. Naturalmente è stata più visibile l’azione di Macron, che ha avuto l’opportunità di parlare direttamente con il presidente Biden. Confido che anche l’Italia si riconosca in quella linea. E credo che alla prima occasione, quando sarà la presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni ad andare negli Stati Uniti, farà la sua parte.
Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel in visita in Cina ha fatto pressioni perché Pechino convinca Mosca ad avvicinarsi al tavolo negoziale
La Cina, come sappiamo, è un protagonista importante sulla scena internazionale. Dieci mesi fa siglò con la Russia, un po’ in fretta, un accordo di cooperazione senza limiti. Da allora, sembra che le posizioni cinesi siano diventate un po’ più tiepide nei confronti di Mosca. Non ci sono stati strappi, ma c’è preoccupazione crescente per la guerra. Anche perché la Cina ha bisogno di un mondo in equilibrio, che favorisca la sua espansione economica e tecnologica. Il contrario del caos scatenato dalla Russia.
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