Yandex, il principale motore di ricerca russo, sta cercando di evitare la nazionalizzazione completa. La strategia sarebbe quella di spostare molte delle sue operazioni fuori dal Paese, ma l’ingerenza del Cremlino è un grosso ostacolo. L’analisi di Alena Popova, Public Policy Fellow del Wilson Center e fondatrice del think tank Ethics and Technology
Yandex è il Google russo. Oltre a essere il principale motore di ricerca del Paese – con una quota di mercato del 62% rispetto al 37% del concorrente statunitense – offre novanta servizi che dominano gran parte del mondo digitale russo, tra cui un client di posta elettronica e un’app per i taxi. Ha superato i tentativi di Google di recuperare terreno offrendo servizi localizzati di qualità superiore, tra cui mappe e messaggistica.
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha messo in crisi il management di Yandex. L’azienda ha cercato di depoliticizzarsi e di disinvestire dai suoi asset più tossici, ovvero le piattaforme di blogging Yandex.News e Dzen, che distribuivano propaganda di Stato. Entrambe sono state vendute al gruppo VK, di fatto di proprietà statale. Dopo l’annessione ufficiale dei territori ucraini, le mappe di Yandex hanno smesso di mostrare i confini internazionali.
Già prima della guerra, la società madre Yandex N.V. era registrata nei Paesi Bassi e quotata al Nasdaq e, nel 2021, i fondi americani hanno aumentato la loro quota di partecipazione. Arkady Volozh, cofondatore dell’azienda, vive in Israele. Il suo trust familiare possiede una quota dell’8,5% della società, con il 45,1% dei diritti di voto.
Dopo il 24 febbraio, i dipendenti di Yandex hanno iniziato a fuggire in massa dal Paese. Ad agosto, circa il dieci per cento degli impiegati (circa millenovecento persone) aveva lasciato la Russia. Hanno persino creato un social network separato, YNDX Family, per i colleghi sparsi in tutto il mondo. Tel Aviv è diventata il punto di ritrovo principale, ospitando gran parte del top management. A maggio, i media russi hanno riferito che tre ministri israeliani hanno chiesto al primo ministro di aiutare Yandex a spostare la propria sede nella capitale israeliana.
Il fondatore di Yandex, Volozh, vuole trasferire all’estero i suoi progetti, tra cui le auto a guida autonoma, i robot autonomi per le consegne, un servizio cloud e lo strumento educativo Yandex Practicum. Yandex gestisce già il suo servizio di taxi Yango e la sua divisione logistica Yango Delivery al di fuori della Russia. L’idea di Volozh è di dividere l’azienda in due parti. Yandex-1 rimarrebbe in Russia e continuerebbe a sviluppare i suoi servizi principali sotto il controllo del Cremlino. Yandex-2 rileverà le filiali estere e avrà sede in Israele, dove Volozh vive.
Ma per la compagnia è difficile sfuggire alle radici russe, anche per le sue operazioni all’estero. A marzo, l’Ue ha imposto sanzioni contro Tigran Khudaverdyan, l’amministratore delegato della divisione russa di Yandex. A luglio, l’UE ha sanzionato Volozh. Entrambi si sono dimessi. Il Nasdaq ha sospeso la negoziazione delle azioni della società e i contatti internazionali hanno sospeso le varie partnership. La Finlandia ha disconnesso il centro dati nel Paese, mentre Lettonia e Estonia hanno bandito le attività di operatore di taxi.
Per trasferire i progetti all’estero permangono alcuni ostacoli significativi. Oltre il 90% della proprietà intellettuale dell’azienda rimane in Russia, e per inviarla all’estero è necessaria l’approvazione del Cremlino. Inoltre, le attività internazionali dell’azienda rimangono poco redditizie e i fondi guadagnati in Russia coprono le perdite.
Inoltre, nonostante gli sforzi per rimanere fuori dalla politica, Yandex rimane parte integrante della propaganda di Stato. Dopo l’invasione dell’Ucraina, l’ex capo di Yandex.News ha definito la piattaforma un elemento chiave “per nascondere le informazioni sulla guerra”. Yandex rimuove dai risultati di ricerca le informazioni che danneggiano l’immagine del Cremlino e consegna i dati personali dei russi su richiesta delle autorità.
La compagnia si difende dicendo che divulga i dati degli utenti solo su richiesta “legittima” delle forze dell’ordine e che aggrega automaticamente i dati, in conformità con i requisiti della legge russa, ha spiegato Ilya Grabovsky, capo del dipartimento di comunicazione di Yandex. Il motore di ricerca rimuove i risultati delle ricerche solo se l’agenzia federale russa Roskomnadzor li vieta e, come le aziende tecnologiche occidentali, pubblica un rapporto di trasparenza che illustra la percentuale di richieste governative di consegna dei dati.
“Yandex non rimuove nulla dai risultati di ricerca”, afferma Grabovsky. “Secondo la legge, i motori di ricerca sono tenuti a escludere i link ai siti e ai loro mirror non appena Roskomnadzor li inserisce nel registro. La sincronizzazione con il registro avviene automaticamente”.
Il Cremlino sta cercando da tempo di assumere il pieno controllo di Yandex. Nel 2014, Vladimir Putin ha espresso la sua insoddisfazione per la registrazione all’estero dell’azienda. A quel tempo, la società aveva già dato a Sberbank una golden share, che permetteva alla banca statale di assicurarsi il controllo del 25% della società. Il rapporto con Sberbank si è presto deteriorato ed è stato creato un Fondo di interesse pubblico per esercitare il controllo statale sulla società.
Un alto collaboratore del Cremlino, Sergey Kiriyenko, sta ora conducendo le trattative per decidere il destino dell’azienda. Secondo quanto riferito, l’ex amministratore delegato Volozh sarebbe disposto a cedere la sua quota in cambio del mantenimento della proprietà intellettuale per lo sviluppo del business all’estero. Secondo questo piano, la divisione russa sarà trasferita dai Paesi Bassi alla Russia, e il presidente Vladimir Putin avrebbe approvato il piano. Secondo il portavoce Grabovsky, Yandex sta valutando “varie opzioni di sviluppo”, avvertendo che gli azionisti stranieri devono approvare “tutti i cambiamenti significativi”.
Il futuro dell’azienda rimane incerto. Il suo motore di ricerca continua a contare ben 85 milioni di utenti mensili. Ma la capitalizzazione della società, pari a 22 miliardi di dollari prima della guerra, ora è di soli 10,7 miliardi. Anche se le parti più preziose di Yandex rimarranno in Russia, l’azienda ha perso molti dipendenti qualificati e sembra destinata a passare sotto il totale controllo dello Stato.
La guerra di Putin in Ucraina non ha solo distrutto gran parte delle industrie manifatturiere e dei servizi tradizionali della Russia. Ha anche gettato una bomba nel suo settore digitale più promettente.
Questo articolo è pubblicato in lingua inglese sul sito del Center for European Policy Analysis (titolo originale: Russian Search Giant Yandex Struggle to Survive) ed è stato tradotto da Matteo Turato per Formiche.net
Photo Credit: REUTERS/Maxim Shemetov