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A sud del Sahara. L’Unione europea rischia di perdere un’occasione

La riflessione di Giuseppe Pennisi sui rapporti dell’Africa con Cina e Russia a partire dagli anni Settanta a oggi. Con l’Unione europea che si sta lasciando scappare un’opportunità di rapporti con gli Stati dell’area nonostante finanziamenti e cooperaizone

In questi giorni, l’Africa a sud del Sahara è affollata di visite importanti: il papa, i ministri degli Esteri della Repubblica Popolare Cinese e della Federazione Russa, il Segretario al Tesoro degli Stati Uniti, per non citare alcune delle personalità di maggior prestigio. L’Unione europea (Ue) pare assente. O quasi. Anche se nel Sahel ed in Africa Centrale, truppe di Stati europei collaborano con gli eserciti di Stati Africani contro l’estremismo ed il terrorismo islamico.

È importante fare una riflessione che si distingua da quelle, peraltro piuttosto banali, che appaiono in questi giorni e che associano i rapporti dell’Africa a sud del Sahara con Cina e Russia a un risorgere dell’anti-colonialismo.

Credo di conoscere bene l’Africa a sud del Sahara a ragione degli anni lavorati in Banca mondiale, prima, e alla Fao, poi. Ho anche avuto una residenza secondaria a Nairobi per buona parte degli anni Settanta del secolo scorso. Il Presidente della Banca africana per lo sviluppo mi chiese di dirigere il team incaricato di riorganizzare l’istituto, incarico che mi portò, per un certo periodo, a passare una settimana al mese a Abidjan.

Subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, si pose il problema di cosa fare con le colonie africane di alcuni Stati europei. Nel 1952, l’assemblea consultativa del Consiglio d’Europa varò il Piano di Strasburgo che preconizzava un’Eurafrica in cui i due continenti fossero strettamente collegati. Durante i negoziati per la costituzione della Comunità economica europea (Cee), alla Conferenza di Messina nel 1955, la Francia pose sul tappeto il nodo di cosa fare con l’Africa a sud del Sahara, dove si stava avviando un processo di decolonizzazione (che avvenne, in gran misura, nel 1960): la soluzione, nel Trattato di Roma, fu la definizione di una serie di accordi paralleli di associazione –all’inizio diciotto, zone di libero scambio parallele tra i nuovi Stati africani e la Cee ed aiuti comunitari (tramite il Fondo europeo di sviluppo).

Alla decolonizzazione solo pochi Stati ruppero l’ombelico con quelle che erano state le potenze coloniali. L’Unione Sovietica (Urss) e la Repubblica Popolare Cinese (Rpc) tentarono di diventare partner privilegiati di questi “dissidenti” con poco successo anche perché avevano enormi difficoltà di comunicazione. Offrivano anche pacchetti di aiuti pre-confezionati: soprattutto campi sportivi e stadi.

La vera operazione di rottura fu la costruzione (1970-75) “chiavi in mano” della Ferrovia TanZam di circa 2000 chilometri da Dar es Salaam, capitale e principale porto della Tanzania, e Kapiri Mposhi al centro della Copperbelt in Zambia, evitando così che il rame dello Zambia dovesse essere esportato tramite il porto di São Felipe de Benguela in Angola, allora ancora colonia portoghese.

Da quell’epoca molto tempo è passato. Ci sono state fasi in cui alcuni Stati africani si sono avvicinati all’Urss. La Rpc è diventata molto aggressiva da quando ha lanciato la Belt and road initiative (da noi chiamata “la Via della seta”). I rapporti tra gli Stati dell’Africa a sud del Sahara e Urss e Rpc non sono mai stati idilliaci sia perché i progetti d’investimento (quasi sempre concepiti in Russia o in Cina) hanno spesso lasciato a desiderare sia per i prestiti molto onerosi della Belt and road initiative, e il forte indebitamento con la Rpc che ne consegue.

Ci vorrebbe molto più di un articolo per sviscerare questi temi: anni fa, pubblicai un libro per il Mulino. In breve, a me pare che l’Ue si stia lasciando scappare un’opportunità: ha da oltre settanta anni rapporti di “associazione” con tutti gli Stati dell’area, uffici in loco non solo per relazioni diplomatiche ma per la operatività dei finanziamenti europei che si aggiungono alla cooperazione bilaterale. Eppure è straordinariamente silente. Batta un colpo.

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