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Il dito e la luna. Il caso carburanti visto da Becchetti

Il modo meno intelligente di intervenire è quello di continuare a spendere un miliardo di fondi pubblici al mese per ridurre il costo del carburante non solo ai poveri ma a tutti, anche a chi può permettersi tranquillamente di pagare 18 centesimi in più al litro. Spingendo così la domanda di mercato verso le fonti fossili, ovvero nella direzione opposta a quella in cui dovremmo andare. Il commento di Leonardo Becchetti

Ormai è una settimana che non facciamo che parlare di accise. Il circuito mediatico-politico insegue o crea presunte emergenze perdendo in questa frenetica giostra lucidità e visione sistemica. Proviamo ad alzare lo sguardo. A distanza ormai sempre più frequente eventi estremi ci dicono che il clima è impazzito. Dovremmo dunque pensare a risposte in grado di incidere positivamente sia sul problema del costo della vita che su quello del clima e non dare una medicina per curare la polmonite che però ti fa venire l’infarto. L’emergenza climatica non è una questione radical chic per ricchi fricchettoni perché sono e saranno i ceti più deboli a pagare le conseguenze più gravi avendo meno risorse e possibilità per difendersi.

Per questo è totalmente schizofrenico (o meglio è Alzheimer economics) affrontare il problema importante del caro prezzi partendo dalla riduzione delle accise dimenticandosi di quello che era il problema del giorno prima e sarà il problema degli anni a venire. Il 2022 è stato un anno terribile, il più difficile da un po’ di anni a questa parte per le tasche degli italiani. L’inflazione a più del 10% significa di fatto che fatti cento reddito, salario o risparmi il loro vero valore a fine anno (in termini di potere d’acquisto) è diventato 90. A questo si è abbinata una dinamica negativa dei mercati azionari ed obbligazionari che ha ulteriormente ridotto il valore dei risparmi.

La causa di tutto questo problema sta nell’esplosione dei prezzi delle fonti fossili (che producono da 100 a 200 volte più emissioni delle rinnovabili). La logica ci dice quindi che la risposta giusta è ridurre più rapidamente possibile la nostra dipendenza dalle fonti fossili. Contribuendo in questo positivamente alla lotta al riscaldamento globale ed eliminando la nostra dipendenza da questa fonte d’inflazione che incide negativamente sui bilanci di famiglie e imprese. La notizia straordinaria è che non ci vogliono decine di anni per farlo e neanche miliardi e miliardi di fondi pubblici. Basta liberare le energie della società civile che ha da tempo progetti pronti e favorire ed accelerare una trasformazione comunque in pieno corso.

Per far capire la questione in modo semplice in Italia ci sono circa 2 milioni di ettari capannoni industriali. Essendo estremamente prudenti e considerando di poterne usare efficacemente solo un quarto per installare pannelli solari avremmo solo da questi 250terawatt ovvero più del fabbisogno di energia di tutto il paese riducendo al contempo i costi di energia delle nostre imprese. Per non parlare dei tetti delle scuole e dei parcheggi. Che aspettiamo?

Il modo meno intelligente di intervenire invece è quello di continuare, anche quando i prezzi del gas iniziano a scendere, a spendere un miliardo di fondi pubblici al mese per ridurre il costo del carburante non solo ai poveri ma a tutti anche a chi può permettersi tranquillamente di pagare 18 centesimi in più al litro. Spingendo così la domanda di mercato verso le fonti fossili, ovvero nella direzione opposta a quella in cui dovremmo andare. Viviamo una coincidenza di convenienze su clima, inflazione, prezzi ed indipendenza energetica così straordinaria che non puntare sulle rinnovabili sarebbe puro masochismo.

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