Il governo cinese ha dovuto far fronte alla gigantesca ondata di Covid, distraendo risorse da altri settori. L’industria dei chip ha inghiottito centinaia di miliardi di dollari di sussidi statali e ora il governo di Xi Jinping vuole rivedere le proprie strategie, frustrato dagli scarsi risultati rispetto alle enormi risorse investite. In ballo c’è la competitività economica e militare cinese rispetto agli Stati Uniti
Il governo cinese ha messo in pausa i giganteschi investimenti volti a sostenere un’industria dei chip in grado di competere con gli Stati Uniti, secondo Bloomberg. Il motivo andrebbe ricercato nelle enormi risorse che Pechino ha dovuto distrarre per contenere la nuova ondata di Covid.
Ora il dibattito si concentra su come abbandonare i generosi sussidi alle compagnie tecnologiche che, finora, hanno portato scarsi frutti e scatenato le sanzioni statunitensi. Alcuni sostengono che sia il caso di continuare ad elargire centinaia di miliardi di dollari, mentre altri cercano metodi alternativi. Ad esempio, abbassare il costo dei materiali semiconduttori.
Se vincesse questa seconda opzione questo sarebbe un grande cambiamento nell’approccio cinese all’industria dei chip. Il settore è considerato altamente strategico per sfidare il dominio statunitense e mantenere la competitività economica e militare della Repubblica Popolare. Al momento non è chiaro quali alternative siano effettivamente sul tavolo ed è comunque possibile che il governo di Xi Jinping decida di dirottare risorse da altri settori per proseguire con i finanziamenti.
Nel 2014 era stato creato un fondo, il National Integrated Circuit Industry Investment Fund. Un veicolo finanziario che da allora ha raccolto circa 45 miliardi di dollari, sostenendo decine di aziende tra cui i due campioni dei chip Semiconductor Manufacturing International Corporation (Smic) e Yangtze Memory Technologies Company. L’amministrazione Xi ha accumulato negli anni una discreta frustrazione per il fatto che decine di miliardi iniettati nell’industria non producessero risultati significativi rispetto alla competizione con gli Usa. Il motivo, soprattutto per Smic e Yangtze risiede nelle sanzioni di Washington.
Nell’estate 2022, alti funzionari di Pechino avevano ordinato una serie di indagini anti-frode su figure di spicco del settore, accusate di sprechi e inefficienze. Tutto questo avveniva mentre l’industria dei semiconduttori diventava sempre di più un campo di battaglia tra Usa e Cina. Xi ha più volte sottolineato l’urgenza di rendere la Repubblica Popolare indipendente dagli approvvigionamenti stranieri, soprattutto nelle tecnologie critiche.
Quando è stato rieletto per un terzo mandato, Xi ha affermato che “sforzi verranno fatti per migliorare il nuovo sistema di mobilitazione delle risorse a livello nazionale per realizzare progressi tecnologici fondamentali e potenziare la forza della Cina nella scienza e nella tecnologie strategiche”. Il fatto è che un gettito fiscale basso, il calo delle vendite di terreni e i costi per arginare il Covid hanno compresso le finanze del governo, portando il deficit fiscale a un livello record lo scorso anno, $1.1 trilioni.
Dall’altra parte dell’Oceano, il rivale statunitense è sempre più aggressivo sulla tecnologia. Come riportato da Formiche.net, Washington ha implementato diverse misure lo scorso anno per limitare la capacità cinese di acquisire vantaggio tecnologico, come ad esempio i controlli sull’export. Il colpo più recente è stato l’allineamento (in principio) sulle posizioni americane di Giappone e Olanda, Paesi chiave nella produzione di chip avanzati.