Dall’Australia al Regno Unito, ecco i Paesi più gettonati per chi ha ricominciato a viaggiare dalla Cina. Prima della pandemia, l’Italia riceveva circa 5 milioni di turisti cinesi ogni anno, che nel mondo spendono circa 250 miliardi di dollari. Ma ora le restrizioni sanitarie limiteranno gli arrivi (e li sposteranno su altre destinazioni che non richiedono test Covid)
Tre anni fa, Xiangming Liu e Yamin Hu, una coppia di turisti cinesi di Wuhan, durante un tour in Italia veniva ricoverata all’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. Erano i primi casi positivi di Covid-19 nel nostro Paese, la pandemia globale doveva ancora iniziare.
A più di 1000 giorni, Xiangming Liu e Yamin Hu hanno parlato con l’agenzia Adnkronos Salute. Raccontano del ritorno alla loro quotidianità a Wuhan e ringraziano ancora l’Italia: “Ricordiamo con grande affetto le cure e l’assistenza ricevute”.
Con la fine della politica zero Covid in Cina, l’Italia si prepara a ricevere i turisti cinesi, confinati nel loro Paese dall’inizio della crisi sanitaria. Il Dipartimento italiano per la promozione turistica e molte compagnie turistiche erano entusiaste del ritorno del turismo dalla Cina. Secondo i dati dell’Istituto nazionale di statistica, nel 2019 – prima della pandemia -, l’Italia ha ricevuto più di 5 milioni di turisti cinesi, posizionandosi tra le mete turistiche più ricercate.
Questo almeno finché le autorità italiane non hanno imposto l’obbligo di un tampone negativo a chi arriva dalla Cina. L’Italia è stato il primo Paese dell’Unione europea a imporre la limitazione. È stata seguita dalla Spagna, che richiede un test con risultato negativo o una prova della vaccinazione. La Francia invece esige un test molecolare o antigenico negativo effettuato meno di 48 ore prima dell’imbarco, così come Svezia, Paesi Bassi Australia, Canada, India, Israele, Malesia, Marocco, Qatar, Corea del Sud, Taiwan e Stati Uniti.
La scelta di destinazioni turistiche “senza vincoli” è dunque ridotta, per cui i cinesi – specialmente i più giovani – stanno scegliendo di fare le valigie, comunque, per andare dove preferiscono. E dopo i Paesi del sud-est asiatico, per vicinanza geografica e costi, sono insieme all’Europa tra le mete preferite.
Il mercato del turismo cinesi è proficuo. Prima della pandemia, i 155 milioni di turisti cinesi hanno speso più di 250 miliardi di dollari solo nel 2019, secondo un’analisi della Cnn. I viaggi internazionali faranno fatica a tornare ai livelli di prima del Covid, anche perché molte persone devono rinnovare il loro passaporto e richiede nuovi visti. Ma l’allentamento delle limitazioni si rifletterà comunque nella crescita industriale e nei conti delle imprese dei Paesi di destinazione.
All’annuncio della riapertura, tra le dieci principali mete dei turisti cinesi ci sono state Australia, Thailandia, Giappone e Hong Kong, ma anche Stati Uniti e Regno Unito. Uno studio di Capital Economics sostiene che anche Cambogia, Malesia, Mauritius, Myanmar, Sri Lanka, Corea del Sud e Filippine avranno dei benefici dall’apertura cinese.
Per Bloomberg, “l’improvvisa riapertura della Cina dopo tre anni è destinata a dare una spinta a un’economia mondiale in crisi. L’impulso alla crescita si farà sentire attraverso i settori dei servizi come l’aviazione, il turismo e l’istruzione mentre i cinesi tornano a fare viaggi internazionali”. Ma non solo. Beneficeranno anche produttori di materie prime come Cile e Brasile.
Di certo è che esiste ad oggi un chiaro scontro tra le autorità turistiche, politiche e sanitarie che preferiscono imparare la lezione del passato e continuare con la richiesta di test per scongiurare nuove ondate di Covid. O almeno provarci…