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La mossa della maggioranza per tutelare i cavi italiani dal dumping cinese

Un emendamento di Fratelli d’Italia al cosiddetto “decreto Priolo” prevede che l’Agcom fissi gli standard dei bandi per la realizzazione dell’infrastruttura di rete. Da tempo il gruppo Prysmian lanciava chiari segnali all’esecutivo

La maggioranza ha deciso di alzare un muro contro il dumping cinese sui cavi in fibra ottica. Un emendamento al decreto-legge presentato a inizio dicembre dal governo Meloni (proposto da Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del made in Italy) sulle misure urgenti a tutela dell’interesse nazionale nei settori produttivi strategici (il cosiddetto “decreto Priolo”) prevede l’affidamento all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), sentito il parere del ministero delle Imprese e del made in Italy e nel rispetto della normativa europea e internazionale, l’individuazione, per i cavi in fibra ottica, delle “caratteristiche tecniche” e degli “standard cui devono attenersi gli aggiudicatari dei bandi per la realizzazione dell’infrastruttura di rete, in modo da assicurare adeguati livelli qualitativi e prestazioni elevate di connettività”. È quanto prevede un emendamento all’articolo 2, quello che prevede aggiornamento alla normativa sul golden power, presentato dal relatore in commissione a Palazzo Madama, il senatore Salvo Pogliese di Fratelli d’Italia, su input del ministero.

La premessa è chiara: l’emendamento è stato presentato “in considerazione del carattere strategico dell’infrastruttura di rete in fibra ottica e al fine di assicurare l’interesse nazionale ad una rete che garantisca servizi altamente performanti in banda larga e ultra larga”.

La maggioranza e il governo sono scesi in campo per difendere l’industria italiana che ha in Prysmian un campione mondiale. Soltanto poche settimane fa l’amministratore delegato del gruppo, Valerio Battista, spiegava in un’intervista al quotidiano La Stampa che “gli operatori italiani preferiscono acquistare prodotti cinesi e indiani a basso prezzo, anche se di qualità non paragonabile alla nostra. Il nostro impianto di Battipaglia produce solo per l’export. Evidentemente all’estero c’è più attenzione alla qualità”. Ciò può avere ricadute sullo stabilimento (a rischio 300 posti diretti ed altri 600 indiretti correlati) ma potrebbe anche compromettere la qualità della rete in fibra italiana. “Non invochiamo misure protezioniste, ma sarebbe necessario che la politica stabilisse degli standard obbligatori di qualità per le reti ottiche, che sono strategiche per il Paese. Nei precedenti governi non abbiamo trovato ascolto, vediamo come andrà con quello attuale”, aveva auspicato Battista poche settimane fa.

Il riferimento era al precedente esecutivo, quello presieduto da Mario Draghi, all’interno del quale era andato in scena un bacio di ferro tra Giancarlo Giorgetti e Vittorio Colao sul tema dei cavi in fibra. Il primo, allora ministro dello Sviluppo economico (predecessore cioè di Urso), sosteneva il provvedimento contenuto nell’emendamento presentato dal senatore Pogliese. Come ricordato dal Sole 24 Ore, il secondo, all’epoca ministro dell’Innovazione tecnologica e coordinatore della strategia per la banda ultralarga del Pnrr, aveva dichiarato in Aula am arzo che i bandi di gara hanno previsto “il rispetto della normativa in materia della sicurezza delle reti e della tutela della qualità delle tecnologie”, oltre ai requisiti di sicurezza dell’Agenzia nazionale per la cybersicurezza.

Il nuovo governo e la nuova maggioranza hanno ritenuto tutto questo non sufficiente.

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