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Dal colosso petrolifero alla Cop28. Le sfide di Sultan Al Jaber

Di Federica Matteoli

La nomina del presidente dei lavori della 28esima conferenza sul clima che si terrà a fine anno negli Emirati Arabi Uniti ha fatto saltare sulla sedia molti ambientalisti. Serve fare chiarezza. L’intervento di Federica Matteoli, project manager alla Fao

La nomina di Sultan Ahmed Al Jaber alla presidenza dei lavori della 28esima conferenza sul clima che si terrà a Expo City Dubai negli Emirati Arabi Uniti dal 30 novembre al 12 dicembre 2023, ha fatto saltare sulla sedia molti ambientalisti. Ministro dell’Industria e della tecnologia avanzata, Sultan Ahmed Al Jaber è anche capo del gigante petrolifero statale Abu Dhabi National Oil Company (Adnoc), una delle più grandi compagnie petrolifere del mondo.

Per molte organizzazioni ambientaliste questa nomina è inaccettabile. Si dichiarano allarmate per la nomina dell’amministratore delegato di una compagnia petrolifera alla guida dei prossimi negoziati globali sul clima. Per Greenpeace, “la Cop28 deve concludersi con un impegno senza compromessi per una giusta eliminazione di tutti i combustibili fossili: carbone, petrolio e gas. Non c’è posto per l’industria dei combustibili fossili nei negoziati globali sul clima”. Parole che sottintendono che la nomina potrebbe compromettere decisioni per limitare l’uso dei combustibili fossili e limitare risoluzioni, invece di implementare l’uso delle energie rinnovabili.

Cerchiamo di fare chiarezza.

Sono anni che in tutti i consessi internazionali sul clima si richiede che il settore privato sia convolto nelle discussioni e nei progetti in modo che faccia la sua parte nella lotta al cambiamento climatico.

Il dicembre 2015 ha segnato uno storico accordo sul clima firmato a Parigi da 195 Paesi che si sono impegnati a intraprendere azioni per mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 gradi Celsius, la soglia che gli scienziati prevedono si tradurrà in un riscaldamento irreversibile e in un cambiamento planetario. I firmatari dell’accordo erano nazioni sovrane, ma è stato ampiamente riconosciuto che tradurre l’accordo in azione richiederà l’ingegnosità e la finanza del settore privato.

Nel rapporto dell’Ipcc del 2022 sulla mitigazione al cambiamento climatico si è evidenziato che “la letteratura recente ha riconosciuto un ruolo crescente di attori non statali e subnazionali, comprese le città, le imprese, le popolazioni indigene, i cittadini, comprese le comunità locali e i giovani, le iniziative transnazionali e le entità pubblico-private nello sforzo globale per affrontare il cambiamento climatico”. Invece, il rapporto dell’Ipcc del 2022 sull’adattamento al cambio climatico sottolinea che “lo sviluppo resiliente ai cambiamenti climatici è reso possibile quando i governi, la società civile e il settore privato compiono scelte di sviluppo inclusivo che danno priorità alla riduzione del rischio, all’equità e alla giustizia, e quando i processi decisionali, la finanza e le azioni sono integrati tra i livelli di governance, i settori e i tempi”.

Nella recente riunione a Sharm El-Sheik, il settore privato ha partecipato ai dibattiti e ha organizzato eventi in modo massiccio spiegando che il settore privato si sta attrezzando a limitare le emissioni e investe nella ricerca da anni.

Tutto questo è vero, grazie anche a una campagna di sensibilizzazione che vede in primo piano i consumatori. Sono loro che gestiscono le vendite con le loro scelte, e, preferendo comprare prodotti ecologici/biologici, hanno finito per influenzare anche la scelta del settore privato. Tuttavia, non è solo questo che ha influenzato il settore privato. Ricerche e analisi di mercato hanno evidenziato che se il settore privato non protegge l’ecosistema la loro stessa produzione riceverà un impatto negativo. Come potranno le società dell’alimentazione continuare a produrre se il suolo non sarà più fertile?

L’acqua è essenziale per l’industria in generale e in molti casi è l’ingrediente principale e il suo carattere di risorsa esauribile ha portato le aziende a decidere di non potersi più permettere di sprecare acqua. Ecco che investono in ricerca e tecnologia per salvare questo importante elemento. Questa ricerca e tecnologia pero deve essere messa a disposizione di tutti.

Allora, vediamo che avere un amministratore delegato come presidente della Cop, oltretutto molto impegnato nelle negoziazioni da anni, che ha mediato la US-UAE Partnership to Accelerate Clean Energy (PACE) per catalizzare 100 miliardi di dollari in energia pulita per le economie emergenti e distribuire 100 GW di energia pulita a livello globale, non è forse in linea con quanto richiesto da anni?

Il suo lavoro per accelerare l’adozione delle energie rinnovabili in qualità di amministratore delegato e fondatore di Masdar, la seconda più grande azienda di energia rinnovabile al mondo ha permesso grandi investimenti in energia pulita in oltre 40 >Paesi, gestendo tre degli impianti solari più grandi e più economici del mondo. In qualità di amministratore delegato di Adnoc, ha guidato l’investimento di 15 miliardi di dollari in 5 anni nella strategia di decarbonizzazione e nella nuova attività di soluzioni a basse emissioni di carbonio. Ha guidato lo sviluppo del primo impianto di cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio (CCUS) della regione per catturare 5 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno entro il 2030, pari alla capacità annuale di cattura del carbonio della foresta oltre il doppio delle dimensioni degli Emirati Arabi Uniti. Il 100% dell’energia di rete di Adnoc proviene da energia nucleare e solare pulita, una novità assoluta nel settore. Inoltre, non c’è da dimenticare che sono state nominate altre due cariche importanti nella gestione della Cop28. Due donne: Shamma Al Mazrui, ministro di Stato per la Gioventù negli Emirati Arabi Uniti, e Razan Al Mubarak, presidente dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), una delle più grandi e impegnate associazioni per la difesa della natura. La prima sarà Young Climate Champion, la seconda UN Climate Change High-Level Champion. Entrambe avranno il compito di ascoltare e coinvolgere attori statali e non statali, tra cui organizzazioni non governative, imprenditori, giovani, donne e popolazioni indigene.

Per molti, tuttavia, questo è solo un grande modo per fare greenwashing. Possibile. E allora che fare? Innanzitutto vigilare, è compito delle organizzazioni internazionale, delle organizzazioni non govenrative, della società civile vigilare sulle vere intenzioni di questa nomina e condannare se la Cop28 sarà solo un grande modo per portare interessi alle grandi compagnie petrolifere e non verranno tenuti in considerazione le esigenze dei più poveri e vulnerabili al cambiamento climatico.

La Cop28 sarà un momento fondamentale. Sara il primo Global Stocktake al mondo dell’accordo di Parigi per valutare i progressi compiuti per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. Vedremo se la guida della Cop28 rivelerà il divario tra ambizioni e realtà se riuscirà a fare il punto e agire per riportare il mondo in carreggiata entro il 2030. Le emissioni globali devono diminuire del 43% entro il 2030 per mantenere in vita 1,5 e tutto ciò può essere fatto solo agendo. Il dinamismo del presidente della Cop28 aiuterà o sarà solo un modo per fare gli interessi di pochi a discapito dei più deboli?

Certo è che se questa nomina non porterà i frutti sperati a livello di accordi per ridurre le emissioni e di investimenti per impegnarsi nel campo dell’adattamento al cambio climatico, non metterà in cattiva luce solo gli Emirati Arabi Uniti ma tutto il mondo del settore privato.


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