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Ecco perché Blinken ha aperto un ufficio per le tecnologie emergenti

Dopo la China House, il dipartimento di Stato americano ha inaugurato un desk dedicato a sfide come biotecnologia, supercomputer, intelligenza artificiale e quantum che richiedono il coinvolgimento di alleati e partner. Sta crescendo il divario tra tecno-democrazie e tecno-autocrazie

Martedì scorso il dipartimento di Stato americano ha annunciato l’apertura e l’inizio delle operazioni di un nuovo ufficio competente per le tecnologie critiche ed emergenti. Meno di un mese fa il dipartimento di Stato ha inaugurato la China House per gestire “responsabilmente” la competizione con la Repubblica popolare cinese e di portare avanti la propria visione di un sistema internazionale aperto e inclusivo.

Il nuovo ufficio è a riporto del vicesegretario Wendy Sherman e sotto la supervisione di Nathaniel Fick, ambassador-at-large per politiche digitali e cyberspazio. Alla guida per ora c’è, come vice inviato, Seth Center, già al dipartimento di Stato e al Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca durante l’amministrazione Obama, consigliere della National Security Commission on Artificial Intelligence guidata da Eric Schmidt, già amministratore delegato e presidente esecutivo di Google. Sarà Center a gestire il lancio dell’ufficio in attesa dell’individuazione di un inviato.

Nell’ambito di un “più ampio programma di modernizzazione”, il segretario Antony Blinken ha istituto questo ufficio in quanto “il complesso di tecnologie critiche ed emergenti che stanno ridisegnando il mondo è ora parte integrante della conduzione della politica estera e della diplomazia degli Stati Uniti”, ha dichiarato il portavoce Ned Price in una nota. “La tecnologia è sempre più centrale nella competizione geopolitica e nel futuro della sicurezza nazionale, della prosperità economica e della democrazia”, ha spiegato poi lo stesso funzionario in un punto con la stampa. L’amministrazione presieduta da Joe Biden “ha effettuato investimenti storici nelle industrie del futuro, così come nelle infrastrutture e nelle catene di approvvigionamento che le sostengono, dal Chips Act all’executive order sulle biotecnologie e la bioproduzione, fino all’Inflation Reduction Act”, ha aggiunto.

La creazione del nuovo ufficio interessa anche gli alleati e i partner degli Stati Uniti. Infatti, come ha spiegato il portavoce Price, “fornirà un centro di competenza per sviluppare e coordinare la politica tecnologica internazionale e per coinvolgere i partner stranieri nelle tecnologie emergenti che trasformeranno le nostre società e le nostre economie, tra cui biotecnologia, supercomputer, intelligenza artificiale e tecnologia informatica quantistica”. Inoltre, aiuterà il dipartimento “ad adempiere alla sua missione di lavorare con alleati e partner per garantire che la tecnologia sia sviluppata e utilizzata in modo da proteggere i nostri interessi comuni e sostenere i nostri valori condivisi”.

Il nuovo ufficio al dipartimento di Stato conferma due tendenze. La prima è quel “divario crescente tra tecno-democrazie e tecno-autocrazie” a cui aveva fatto riferimento due anni fa il segretario di Stato Antony Blinken davanti alla commissione Affari esteri del Senato statunitense in occasione della sua audizione di conferma. La seconda è l’approccio multilaterale degli Stati Uniti a questa situazione. I valori condivisi sono al centro di questo approccio, che interessa inevitabilmente anche la Nato, come ha spiegato in una recente intervista a Formiche.net David van Weel, assistente segretario generale per le sfide emergenti in materia di sicurezza.

Inoltre, riaffermare la leadership tecnologica statunitense serve anche a contrastare in Africa della Cina e dei suoi colossi come Huawei, come ha scritto Sam Howell, ricercatore del Center for a New American Security, su The Diplomat.


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