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I fatti, prima delle proteste. Becchetti legge Valditara

Possiamo discutere se agire sui salari dei dipendenti pubblici sia la forma più indicata per risolvere il problema della povertà strisciante. Il dibattito è aperto. Ma per favore partiamo dai fatti prima di schierarci contro o a favore. Il corsivo di Leonardo Becchetti

L’intervento del ministro Valditara che ha ventilato l’ipotesi di salari diversi per i professori al Nord e al Sud, in modo da tener conto delle differenze di costo della vita ha risollevato un tema più volte dibattuto nel nostro paese. Se i costi della vita variano e di molto nelle diverse aree geografiche, i salari (e in questo specifico caso quelli dei dipendenti pubblici) non dovrebbero essere differenziati su questa base ? Ogni volta che si solleva la questione si alza un coro di critiche.

Credo che in primo luogo si debba partire dalla realtà dei fatti e poi stabilire quali sono le policy migliori. La differenza di costo della vita è evidente. Se vogliamo misurarla su un tenore di vita molto basso, quello della soglia di povertà Istat, basta andare sul sito ed interrogare la maschera per rendersene conto (il lettore può farlo andando qui). La soglia di povertà è il valore monetario di un paniere di beni ritenuti essenziali (i beni sono gli stessi in ogni zona del paese).

Calcolate per l’anno 2021 la soglia di povertà per un single di età 18-59 anni che vive in un “centro di area metropolitana” nel Nord del paese e confrontatelo con quello di un single della stessa fascia di età che vive in un comune fino a 50mila abitanti (diverso da quelli della fascia metropolitana) nel Mezzogiorno. I redditi che servono per comprare lo stesso paniere di beni essenziali sono 852,23 euro nel primo caso e 576,63 nel secondo.

Tradotto, la vita costa molto di più nel primo che nel secondo caso e la differenza è quasi un 48 per cento in più. Se ne deduce automaticamente che il salario di un professore nell’area metropolitana del Nord dovrebbe essere più alto del 48 per cento che nel piccolo comune del Mezzogiorno? Innanzitutto dovremmo considerare che la qualità dei beni non è la stessa nelle due aree. Se andiamo a vedere quella dei beni alimentari il divario di convenienza potrebbe ancora essere più favorevole al Sud. Ma se consideriamo valore ed accessibilità a beni fondamentali come salute ed istruzione la situazione si rovescia pesantemente.

Un abitante del piccolo centro del Mezzogiorno è costretto a muoversi dal proprio territorio se vuole fruire di molti servizi (università di qualità per i propri figli, ospedale di qualità per cure importanti, molti altri servizi che nel piccolo centro possono non esistere). Se consideriamo questi elementi le differenze si assottigliano. Nel caso in cui il vantaggio di minor costo della vita del Sud restasse saremmo di fronte al fatto che lo stesso salario è un sussidio implicito nei confronti del Sud. I trasferimenti verso le aree meno ricche di un paese fanno parte della politica economica e possono avere diverse forme (ad es. agevolazioni fiscali per l’insediamento di imprese nelle aree economiche speciali).

Possiamo dunque discutere se quello attraverso i salari dei dipendenti pubblici è la forma più indicata o andrebbe sostituito da altri. Il dibattito è aperto. Ma per favore partiamo dai fatti prima di schierarci contro o a favore. E usiamo in questo modo anche i social in modo tale che diventino luogo di dibattito ed approfondimento dove è possibile in un tempo straordinariamente breve proporre idee ed avere commenti e reazioni e non il posto dove ci si sfoga da tifosi cercando un nemico da mettere alla gogna per partito preso


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