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Perché il viaggio di Meloni in Libia è stato un momento decisivo

Varie circostanze segnano il momento, decisivo, in cui è arrivato il viaggio della premier Meloni in Libia. Non ultimo il rilancio di un’iniziativa politica guidata dall’Onu, su cui l’inviato Bathily sta cercando la sponda di Roma e Washington

Evidenziare l’importanza della missione italiana guidata dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Libia sembrerebbe banale,  eppure vale sempre la pena sottolineare il valore delle attività italiane all’interno del dossier. Innanzitutto perché il destino libico è un banco di prova per le capacità di proiezione della politica estera italiana, non solo nel dossier specifico, ma nell’intero Mediterraneo allargato.

Lo testimonia la conseguenza temporale del viaggio stesso di Meloni. Arrivato a poca distanza dalla visita libica (e poi egiziana) del direttore della Cia, William Burns, come a evidenziare che sul quadro libico si muovono innanzitutto gli allineamenti Roma-Washington – molto rimarcati dalla linea atlantista presa dall’attuale governo. Ma inoltre, testimonianza che – visto il peso del funzionario federale mobilitato dall’amministrazione Biden – l’interesse americano per ciò che accade in Libia c’è, eccome. Perchè ciò che accade in Libia, spesso non resta in Libia, ma riguarda l’intera regione.

È poi vero, d’altronde, che la Libia sta attraversando un altro dei momenti delicatissimi che hanno caratterizzato questo ultimo decennio. Il Paese è diviso, le tensioni si susseguono, la deriva violenta è – come la storia ci insegna – dietro l’angolo. Un contesto che diventa preoccupante per la tenuta politica della regione, ma anche per tematiche come quelle di sicurezza che riguardano per esempio il terrorismo (che in Africa, soprattutto nel vicino Sahel, è in crescita quasi incontrollata).

Soprattutto, visto anche la situazione interna in Tunisia (oggetto di altre recenti missioni italiani), e quellle destabilizzazioni nella fascia sahariana e sub-sahariana, la questione sicurezza in ballo con la Libia riguarda la tematica dei flussi migratori. L’idea italiana di proiettare il cosiddetto “Piano Mattei” nel Nordafrica ha anche come scopo la facilitazione di un flusso di sviluppo che possa rallentare, se non bloccare, l’immigrazione clandestina.

Questa volontà di Roma di tornare protagonista del destino libico è fondamentale per la pianificazione strategica, ma anche davanti alle evoluzioni tattiche in corso sul dossier. Tanto è vero che l’inviato speciale dell’Onu in Libia, il senegalese Abdoulaye Bathily, sta progettando una sua nuova iniziativa per rilanciare il percorso di stabilizzazione che si è bruscamente interrotto negli ultimi dodici/diciotto mesi.

L’iniziativa di Bathily sarà presentata nelle prossime settimane e dovrebbe creare un percorso nuovo, o quanto meno rinnovato, attraverso la nascita di un governo unificato per poi portare il Paese alle elezioni. Su questo, l’inviato delle Nazioni Unite sta sondando le varie cancellerie, partendo innanzitutto dai Paesi arabi. E contemporaneamente sta cercando il coinvolgimento di sponde internazionali forti come possono essere appunto Roma e Washington. L’iniziativa è meritevole, cerca di coinvolgere la maggioranza degli attori libici e dei player esterni. Solo con un governo unificato, solo con un quadro stabile e participato, si può procedere verso lo svolgimento delle elezioni su tutto il territorio (passaggio che i cittadini libici chiedono).

Il ruolo italiano diventa dunque determinante in questa fase. Roma ha la capacità di mettere insieme le prospettive diplomatiche con la multipolarità e multidisciplinarietà dei contatti costruiti in Libia – non ultimi quelli profondissimi strutturati attraverso il ruolo che storicamente l’Eni ha svolto. Non ultimo, grazie al grande lavoro dell’Aise, ha modo di trasformare le informazioni di intelligence in fondamentali indirizzi per il governo.

In queste dinamiche, l’Italia deve evitare sbilanciamenti, muoversi sugli equilibri, con la consapevolezza delle fragilità interne che per esempio presenta il Governo di unità nazionale quanto quello di Stabilità nazionale, evitando di escludere attori e interessi dal percorso.

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