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Iran e diritti umani. Mattarella sceglie la linea dura

Non si ricorda un’occasione in cui il Presidente della Repubblica abbia espresso “la sua personale indignazione” a un diplomatico nel corso della presentazione delle lettere credenziali, una cerimonia rituale. È accaduto durante l’incontro con il neo-ambasciatore Sabouri, invitato a portare a Teheran un messaggio chiaro: “Porre immediatamente fine alle violenze rivolte contro la popolazione”

Quello di ieri tra il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il nuovo ambasciatore iraniano Mohammad Reza Sabouri (qui il suo profilo) per la presentazione delle lettere credenziali, una cerimonia rituale, è stato un “breve colloquio”. Un piccolo ma cruciale particolare contenuto nella nota diffusa dal Quirinale, che dice molto. “Nel breve colloquio il Presidente Mattarella ha espresso la ferma condanna della Repubblica Italiana e la sua personale indignazione per la brutale repressione delle manifestazioni e per le condanne a morte e l’esecuzione di molti dimostranti”, si legge. Ed ecco un altro particolare importante: non si ricorda un’altra occasione in cui il Capo dello Stato abbia comunicato “la sua personale indignazione”.

Il Presidente Mattarella ha “sollecitato” l’ambasciatore a “rappresentare” alle autorità iraniane “l’urgenza di porre immediatamente fine alle violenze rivolte contro la popolazione. Il rispetto con cui l’Italia guarda ai partner internazionali e ai loro ordinamenti trova un limite invalicabile nei principi della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”, si sottolinea nella nota del Quirinale.

La mossa è stata concordata, per prassi diplomatica, con la Farnesina. Presente all’incontro al Quirinale anche Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri, esponente di Fratelli d’Italia, partito che ha depositato una mozione – primo firmatario il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata – per designare i pasdaran come “entità terroristica”. Abbiamo chiesto a tutti i Paesi, tra cui Italia, di non entrare in ambiti come questo, che costituiscono una linea rossa per la Repubblica islamica dell’Iran”, ha commentato l’ambasciatore Sabouri in conferenza stampa.

Nei giorni scorsi Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, aveva dichiarato a SkyTg24 che “l’Iran ha superato la linea rossa, il punto di non ritorno, cominciando a eseguire le condanne a morte”. Due settimane fa il ministro Tajani aveva convocato il neo-ambasciatore chiedendogli di “inviare un messaggio a Teheran con il blocco delle condanne a morte. Mi pare che la risposta giunta informalmente vada nella posizione opposta”, ha spiegato sempre a SkyTg24.

Oggi, audizione alle commissioni congiunte Esteri di Camera e Senato, il ministro ha spiegato che il governo ha chiesto “a Teheran un vero cambiamento ma nei fatti il segnale richiesto non è arrivato, le autorità continuano nella cieca repressione”. “Quanto sta succedendo in Iran è inaccettabile”, ha detto il ministro, commentando quanto dichiarato oggi ai giornalisti dall’ambasciatore iraniano. “Anche noi commettiamo errori”, ha detto, “ma non accettiamo letture politiche e ingerenze. Rispettiamo i valori umani, ma non accettiamo la pretesa di alcuni Paesi di imporre la loro cultura e il loro stile di vita ad altre società”, ha aggiunto.

Ieri Rafael Mariano Grossi, direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, era a Roma. Ha incontrato il Presidente Mattarella e il ministro Tajani. “Sosteniamo il monitoraggio sulle attività nucleari, a cominciare dall’Iran”, ha dichiarato quest’ultimo.

Davood Karimi, presidente dell’Associazione dei rifugiati politici iraniani residenti in Italia, ha scritto al Presidente Mattarella esprimendo, a nome delle mamme, papà, figli, mogli e mariti dei caduti, “la nostra gioia immensa” per la ferma e determinata posizione contro le condanne a morte e per la richiesta di fermare le esecuzioni e le violenze in Iran. “Nelle sue parole noi troviamo non solo un Presidente di un Paese, quale l’Italia, solidale ma anche un uomo di casa della grande famiglia iraniana”, si legge. “Noi non dimenticheremo mai chi ci è stato vicino nei momenti più bui della nostra storia”, conclude Karimi.


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