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Suona il gong per alcune Ong? Il commento di Pennisi

Sarebbe errato demonizzare il comparto, ma è un urgente fare una riflessione che serva a distinguere tra quelle che operano per i loro scopi sociali ed assistenziali e quelle sotto il cui ombrello si mascherano altre cose. L’analisi di Giuseppe Pennisi

Il Qatargate ha posto i riflettori su alcune Ong che in effetti non erano utilizzate per fini umanitari o sociali o di aiuto allo sviluppo ma come veicoli per il trasferimento di fondi verso lidi poco chiari. Sarebbe errato demonizzare il comparto, ma è un urgente fare una riflessione che serva a distinguere tra quelle che operano per i loro scopi sociali ed assistenziali e quelle sotto il cui ombrello si mascherano altre cose.

Precisiamo che una Organizzazione non governativa (Ong) è un’organizzazione senza fini di lucro che è indipendente dagli Stati e dalle organizzazioni governative internazionali. Sono organizzazioni molto diverse tra di loro, impegnate in una vasta gamma di attività, spesso a carattere umanitario o sociale, assumendo forme giuridiche differenti nelle varie parti del mondo: alcune possono avere lo status di enti benefici, altre possono essere registrate per l’esenzione fiscale basata sul riconoscimento di scopi sociali. Altre possono costituire dei fronti per interessi politici, religiosi o di altro tipo. Tipicamente sono finanziate tramite donazioni oppure elargizioni di filantropi, quelle più grandi sono sostenute anche da denaro pubblico.

Le Ong di cooperazione allo sviluppo sono libere associazioni, create da privati cittadini che, per motivazioni di carattere ideale o religioso, intendono impegnarsi a titolo privato e diretto, per dare un contributo alla soluzione dei problemi del sottosviluppo, principalmente quelli del sud del mondo (Africa). Queste, non avendo fonti di finanziamento istituzionali, ed essendo per statuto senza finalità di lucro, in ragione della filosofia umanitaria e sociale che le anima, realizzano le loro attività grazie a finanziamenti esterni; si basano comunque anche sull’apporto di lavoro volontario, gratuito, offerto da membri e simpatizzanti.

I due caratteri essenziali per definire un’organizzazione non governativa di cooperazione allo sviluppo, sono costituiti dal carattere privato, non governativo dell’associazione, e da quello dell’assenza di profitto nell’attività. Caratteristica di queste organizzazioni è una forte spinta ideale, finalizzata a contribuire allo sviluppo globale dei Paesi socialmente ed economicamente più arretrati; esse rientrano nel circuito della democrazia partecipata, in quanto coinvolgono persone motivate in iniziative non strettamente politicizzate.

La Banca Mondiale descrive le Ong come “organizzazioni private che intraprendono attività per alleviare le sofferenze, promuovere gli interessi delle persone impoverite, proteggere l’ambiente, fornire servizi sociali di base o promuovere lo sviluppo della comunità”. Queste organizzazioni possono essere di molti tipi: grandi e piccole, locali o internazionali, focalizzate su un singolo tema o che sostengono un’ampia gamma di questioni. Nell’ultimo decennio, il numero di Ong e la loro influenza in diversi settori sono cresciuti in modo esponenziale. Oggi queste organizzazioni non solo lavorano a livello di base, ma forniscono anche consulenza a governi, organismi internazionali e persino alle Nazioni Unite.

Negli Anni Settanta, quando ero dirigente in Banca Mondiale, venne finanziato un progetto in Lesotho in cui una Ong, oggi settantenne, la Oxfam, partecipò fornendo assistenza tecnica e supporto a spese di parte corrente. Era una forma di cofinanziamento parallelo ossia ciascuno finanziava parti distinte di un progetto integrato. Alla fine degli Anni Settanta, rappresentai la Banca Mondiale a un convegno a Roma, al complesso monumentale Santo Spirito, dove varie Ong di matrice cattolica esploravano il modo migliore per cooperare con le agenzie delle Nazioni Unite: la conclusione era allora che cofinanziamento parallelo era la forma più efficace anche in quanto le Ong erano soprattutto utili in componenti progettuali piccole ma spesso determinanti per il successo di progetti. La Banca Mondiale esplorò varie modalità di cofinanziamento congiunto ma si giunse alla conclusione che sarebbe stato molto difficile a ragione se non altro della debole struttura contabile di numerose Ong dell’epoca. Alcune ambivano a partecipare all’attuazione di (parte) di progetti finanziati dalla Banca Mondiale, chiesero deroghe alla regola generale di concorrere a gare d’appalto internazionale e, allora, non se ne fece nulla.

In Italia le Ong sono delle particolari Onlus che concentrano la loro attività nella cooperazione allo sviluppo e che sono riconosciute dal ministero degli Esteri ed inserite in una specifica lista, in base alla legge del 26 febbraio 1987. N.49 . A partire dagli Anni Settanta, molte Ong italiane hanno aderito a federazioni che svolgono un ruolo di coordinamento. Negli Novanta, il ministero degli Esteri face fare uno studio per distinguere il grano dal loglio, ossia individuare le “vere” Ong. Forse, sarebbe il tempo di farne uno aggiornato.

Tanto per citare un caso, un mio amico italo-canadese venne invitato a presiedere una Ong; dopo un paio di settimane si accorse che la struttura (che avrebbe dovuto fornire formazione di qualità) era essenzialmente una scatola per convogliare finanziamenti ad una corrente di una parte politica. Tornò di corsa sull’altra sponda dell’Atlantico.

In Italia non mancano Ong esemplari. Ad esempio, il “Verbania Center” prima come gruppo di amici e poi come specifico e autonomo Fondo inserito all’ interno della “Fondazione Comunitaria del VCO”. Le sue attività si basano su pochi punti:  a) nessun tipo di spesa generale: tutto quello che si raccoglie lo si utilizza e lo si rendiconta; b) le iniziative finanziate debbono prevedere il coinvolgimento di gruppi o popolazioni locali che devono co-partecipare mettendoci almeno il lavoro materiale e quando i progetti sono destinati a delle specifiche comunità, il loro utilizzo non è mai completamente gratuito, ma sempre soggetto ad un piccolo pagamento o a una modesta retta di mantenimento, perché tutti siano responsabilizzati al sacrificio e le iniziative siano ben mantenute. Nel caso di realizzazioni importanti si sottoscrive un accordo con le autorità locali; c) ogni intervento ha sempre un responsabile locale conosciuto e serio, che possa così rispondere personalmente della qualità e della rendicontazione di quello che viene realizzato. Da oltre quaranta anni, ha realizzato iniziative di successo in Africa e America Latina.

In Italia, ci vorrebbero più “Verbania Center” e meno Ong il cui finanziamento pubblico viene utilizzato per pubblicità in prime time televisivo. Per queste è bene che suoni il gong della chiusura.



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