Il colosso cinese ha deciso di puntare su cavi sottomarini e cloud computing dopo le restrizioni imposte dagli Usa. Washington ora decide di fare un passo avanti: sospesa l’emissione di licenze per le esportazioni tecnologiche “made in Usa” al gruppo di Shenzhen accusato di spionaggio per conto del governo di Pechino
Martijn Rasser, direttore del programma Tecnologia e sicurezza nazionale del Center for a New American Security, l’ha definita “decisione davvero importante” commentando con il Financial Times l’ultima decisione dell’amministrazione Biden contro il colosso delle telecomunicazioni Huawei: il dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha deciso di sospendere l’emissione di licenze per le esportazioni tecnologiche “made in Usa” all’azienda cinese.
Per l’intelligence statunitense Huawei aiuta le autorità cinesi nelle attività di spionaggio. La società di Shenzhen nega qualsiasi coinvolgimento.
Già l’amministrazione Trump aveva imposto forti restrizioni e lanciato una campagna globale di sensibilizzazione di alleati e partner sull’utilizzo di apparecchiature Huawei, specie nel 5G. Nel 2019 l’amministrazione Trump ha inserito l’azienda cinese nella cosiddetta “entity list”, una sorta di lista nera. Ma il dipartimento del Commercio ha continuato a concedere licenze di esportazione ad alcune aziende, tra cui Qualcomm e Intel, per fornire a Huawei tecnologia non legata alle reti di telecomunicazione 5G.
Negli ultimi due anni, però, il presidente Joe Biden ha assunto una posizione ancora più dura nei confronti della Cina, in particolare nel settore delle tecnologie avanzate, osserva il Financial Times. A ottobre ha imposto forti restrizioni sulla fornitura di semiconduttori avanzati e macchinari per la produzione di chip a gruppi cinesi. Quella di Biden ora sembra essere una mossa definitiva: il presidente ha infatti incaricato Alan Estevez, capo dell’ufficio dell’industria e della sicurezza del dipartimento del Commercio, di rivedere le politiche commerciali verso la Cina, per ostacolare l’utilizzo di tecnologia statunitense nello sviluppo di armi, per esempio, spiega ancora il Financial Times. L’anno scorso Estevez aveva suggerito che gli Stati Uniti stavano esaminando una serie di altri settori. Interrogato sulle notizie secondo cui l’amministrazione starebbe prendendo in considerazione restrizioni sulla quantistica e sulla biotecnologia, aveva dichiarato al Center for a New American Security: “Se fossi uno scommettitore, punterei su questo”.
Le azioni del dipartimento del Commercio, ha spiegato Rasser, “sono in parte motivate dal fatto che Huawei, come azienda, è un soggetto molto diverso da quello che era quattro anni fa, quando si concentrava sul 5G”. L’esperto, ex funzionario della Cia, fa riferimento alla crescita in settori come i cavi sottomarini e il cloud computing. È anche grazie a loro che la società guidata oggi dal presidente Eric Xu è fiduciosa che il 2023 possa essere l’anno dell’inversione di tendenza, dopo il calo dei ricavi nel post pandemia. Gli analisti spiegano che nel 2022 l’azienda cinese è cresciuta nel ramo delle infrastrutture e che il calo del business dei dispositivi si è attenuato, mentre prosegue lo sviluppo del cloud computing.
L’amministrazione Biden, che nei giorni scorsi ha anche ottenuto uno storico accordo con Paesi Bassi e Giappone su chip e Cina, starebbe valutando la necessità di vietare tutte le vendite a Huawei. La reazione cinese alle notizie dei media americani è stata netta: Pechino “è seriamente preoccupata”, ha dichiarato Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese. “La Cina è fortemente contraria all’abuso di potere statale da parte degli Stati Uniti per ostacolare le aziende cinesi, distorcendo il concetto di sicurezza nazionale”, ha dichiarato, aggiungendo che il Paese proteggerà le sue aziende senza dire come. E la prossima settimana Antony Blinken, segretario di Stato americano, è atteso in Cina per un incontro che dovrebbe permettere alle due superpotenze di gestire la competizione in maniera responsabile come auspicato dai leader Biden e Xi Jinping.