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Perché il voto elettronico non può essere (ancora?) la risposta all’astensionismo

La segretezza del voto (e più in generale la riservatezza delle comunicazioni) è un pilastro della libertà. Oggi i cittadini – almeno apparentemente – sembrano molto più interessati a promuovere la propria visibilità sul web che a tutelare la propria privacy. Speriamo che si tratti di una infatuazione momentanea

La scarsa affluenza alle urne delle elezioni regionali in Lazio e Lombardia ci obbliga a rispondere ad una domanda cruciale sul futuro della democrazia politica nelle società digitali in cui siamo immersi.

Mi riferisco ai benefici e ai costi relativi dei processi di digitalizzazione delle elezioni politiche. Secondo Bruce Schneier, uno dei maggiori esperti al mondo di voto elettronico, esiste un “trade off” a cui è molto difficile rispondere.

La società civile e la politica si trovano a un bivio di portata storica. In questo link i lettori di Formiche.net possono trovare una delle  più recenti interviste in cui Schneier chiarisce bene i termini del dilemma.

Nel rispondere alle domande dell’ intervistatore il docente di Harvard spiega nitidamente perché a suo avviso si tratta di scegliere tra due opzioni  contrapposte: da un lato contrastare la tendenza all’astensionismo politico con l’introduzione generalizzata del voto elettronico; dall’ altro mantenere la segretezza del voto che sinora – almeno a giudizio del professor Schneier – può essere garantita soltanto dai seggi, dalle urne e dalle  schede elettorali cartacee.

Secondo Schneier le attuali tecnologie di e-voting non sarebbero, infatti, ancora in grado di garantire la totale segretezza del voto (per una serie di vulnerabilità tecniche irrisolte).

La più rilevante è la seguente: chi organizza le piattaforme tecnologiche per il voto elettronico (se dotato di capacità particolarmente sofisticate) ha la possibilità di identificare il voto espresso da ogni singolo elettore annullando di fatto la segretezza del voto.

È meglio aumentare la partecipazione dei cittadini con il voto elettronico si chiede Schneier o è meglio non mettere a rischio la segretezza del voto popolare?

Secondo Bruce Schneier il dilemma tecnologies versus policies non è per niente facile da risolvere e non spetta agli scienziati. Ho avuto modo di scambiare alcune mail con lui e gli ho chiesto quale è il pericolo peggiore. Ha risposto che non sa.

In ogni caso per lui la risposta non spetta ai tecnologi e sarebbe un errore grave non coinvolgere l’opinione pubblica in una discussione su come organizzare il futuro della democrazia politica che è oggi di fatto confinata tra pochi esperti di cybersecurity.

Oggi peraltro manca anche una stima realistica di quanto siano consistenti i rischi di violare la segretezza del voto. A mio avviso il dilemma non è solo come sostenuto da Schneier tra tecnologie e politiche pubbliche, ma tra tecnologia e politica tout court.

Il voto elettronico può andare bene solo a condizione che le piattaforme utilizzate garantiscono la segretezza del voto. I lettori si chiederanno perché Spid ed e-banking sì, il voto elettronico no. Per le prime due le piattaforme digitali per poter funzionare bene devono identificare la corrispondenza tra identità digitale e reale identità digitale fisica del citttadino o del cliente della banca. Quando invece voti, se la piattaforma è in grado di identificare voto e persona, il rischio che il voto non sia più segreto è alto e occorre adottare soluzioni tecniche molto più soft.

In italiano politics e policies si traducono con lo stesso termine: politica. Ma quando parliamo – ad esempio – di politica sanitaria ci riferiamo all’esame di un comparto delle politiche pubbliche.

Quando viceversa analizziamo la competizione tra partiti o i conflitti all’interno di un partito ci riferiamo alla dimensione politica come arena delle dinamiche di potere e/o della competizione dei valori tra diverse culture politiche.

A mio avviso la segretezza del voto (e più in generale la riservatezza delle comunicazioni) è un pilastro della libertà e il tema  non può restare confinato in una discussione tra specialisti.

Oggi i cittadini – almeno apparentemente – sembrano molto più interessati a promuovere la propria visibilità sul web che a tutelare la propria privacy. Speriamo che si tratti di una infatuazione momentanea.

In ogni caso prima di gettare nel cestino gli articoli 15 (riservatezza della corrispondenza) e 18 (segretezza del voto) della Costituzione sarebbe meglio pensarci due volte. Altrimenti il pericolo è quello di scivolare inconsapevolmente verso un sistema di sorveglianza tecnologica Credit System in vigore in Cina in Iran e/o le forme di controllo introdotte in Russia l’anno passato dopo l’invasione dell’Ucraina.

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