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A Roma (non a Parigi o Monaco) la diplomazia cinese ha trovato la strada in salita

Se Francia e Germania spingono per lasciare una porta aperta a Pechino, l’Italia di Meloni ha accolto Wang con freddezza (nonostante la Via della Seta). Ma attenzione: Xi sa usare bene il “divide et impera” con l’Ue

Olaf Scholz “ha dichiarato che la Germania svilupperà con decisione le relazioni economiche e commerciali con la Cina e si opporrà a qualsiasi forma di disaccoppiamento”. È quanto recita la ricostruzione offerta dall’agenzia di stampa statale Xinhua dell’incontro tra il cancelliere tedesco e Wang Yi, capo della diplomazia del Partito comunista cinese, a margine della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, in Germania.

“La Germania potrebbe essere più chiara?”, si è chiesto Elbridge Colby, oggi a capo della Marathon Initiative con un passato al Pentagono nell’amministrazione Trump contribuendo alla redazione Strategia nazionale di Difesa del 2018. “A questo punto, è onestamente colpa di Washington se gli americani pensano che la Germania si unirà in modo importante a una sfida contro la Cina”, ha aggiunto l’esperto di competizione tra superpotenze. Sotto al tweet di Colby è arrivata la risposta di Chen Weihua, firma del giornale China Daily di proprietà del Partito comunista cinese, noto sul social per le sue posizioni aggressive verso l’Occidente. “I leader tedeschi si sono opposti alla guerra in Iraq. Le auto tedesche sono state definite da [Donald] Trump una minaccia per la sicurezza nazionale. Nord Stream è stato ‘misteriosamente’ sabotato, probabilmente da un alleato. L’approvvigionamento energetico tedesco a basso costo è già in pericolo. Gli Stati Uniti sperano che la Germania uccida la propria economia, le imprese e i posti di lavoro con il decoupling?”, ha scritto.

Uno scambio che racconta molto della posta in gioco. Durante l’incontro a Monaco con Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Wang ha spiegato che Unione europea e Cina non sono “rivali” e che entrambe “le parti dovrebbero mantenere l’apertura, la cooperazione, resistere al disaccoppiamento e lavorare insieme per mantenere la stabilità delle catene di produzione e di approvvigionamento globali”. L’obiettivo di Pechino è il riavvio del maxi-accordo con l’Unione europea sugli investimenti bloccato dalla Commissione europea dopo le pressioni del Parlamento europeo.

E non è un caso che lo stesso abbia invitato, dal palco di Monaco, “gli amici in Europa” a rafforzare l’autonomia strategica europea indicando che “forze” non definite (gli Stati Uniti) non sono interessate alla pace in Ucraina. Il diplomatico ha giocato la carta dell’antiamericanismo e quella del pacifismo (con l’annunciato piano di risoluzione alla “crisi”, così la chiama Pechino, in Ucraina), ha osservato l’analista tedesco Ulrich Speck. “La Cina vede un’opportunità di divide et impera. L’obiettivo strategico principale della Cina è dividere una coalizione globale di Paesi liberali, con l’Occidente al centro. Più forte è questa coalizione, meno spazio di manovra ha la Cina per costruire la sua sfera di influenza e di controllo. Per Pechino deve essere preoccupante vedere come l’Europa e gli Stati Uniti si siano nuovamente avvicinati di fronte all’aggressione russa”, ha aggiunto.

Prima di raggiungere Monaco, terza tappa del suo tour europeo che proseguirà poi a Budapest e a Mosca, Wang è stato a Parigi e a Roma. Durante il loro incontro, il presidente francese Emmanuel Macron, sempre più interessato all’Indo-Pacifico, considera “molto importante” il dialogo strategico tra i due Paesi, recita una nota della diplomazia cinese. “Di fronte alla crescente complessità della situazione internazionale”, si legge ancora, “Francia e Cina devono collaborare per mantenere la stabilità e l’equilibrio, sostenere il multilateralismo, opporsi al confronto tra blocchi ed evitare la divisione del mondo”. “La Cina non può essere fuori, la Cina deve essere dentro. Questa è la differenza di vedute che abbiamo tra gli Stati Uniti e l’Europa”, ha detto il mese scorso Bruno Le Maire, ministro delle Finanze francese, al Forum economico mondiale di Davos.

A Roma, invece, Wang ha incontrato Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, e Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica. Da parte cinese gli obiettivi della visita erano due, mettendo sul piatto il tema degli scambi commerciali, ben conoscendo l’attenzione italiana verso l’export e il “made in Italy”. Primo: preparare il viaggio del presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Pechino dopo l’invito di Xi Jinping in occasione del bilaterale tenutosi a margine del G20 di Bali, in Indonesia. Secondo: assicurare il futuro del memorandum d’intesa sulla Via della Seta (sul quale Meloni ha sempre avuto una posizione contraria) che scade a marzo 2024 ma si rinnova automaticamente a fine di quest’anno a meno che una delle due parti non comunichi un passo indietro (le cui modalità però non sono specificate nel documento firmato nel 2019 dal governo gialloverde presieduto da Giuseppe Conte). Dopo l’incontro, Tajani ha dichiarato che è “ancora prematuro parlare dell’accordo sulla Via della Seta, ci sono altre urgenze ed emergenze” e ha invitato Pechino a far pressioni su Mosca per fermare l’invasione dell’Ucraina.

Forse è stato proprio il governo Meloni il meno caldo verso Wang che nel suo viaggio europeo ha rispolverato un classico della diplomazia cinese verso l’Unione europea: il divide et impera.



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