Stato terrorista, tigre di carta, imperialismo e carneficina. Mateusz Morawiecki è un fiume in piena. Dalle colonne del Mundo e del Corriere, il premier polacco sprona gli alleati a una lotta senza quartiere contro gli invasori russi. E ne ha per tutti. Soprattutto per i “prudenti cugini tedeschi”. E sulla linea di Roma e Varsavia non ha dubbi: il suo governo e quello di Giorgia Meloni sono i più europeisti dell’intero continente
Tre giorni fa, Mateusz Morawiecki ha parlato al Mundo. E lo ha fatto in pieno stile polacco, offrendo la propria verità senza premurarsi di filtrarla attraverso il glossario diplomatico. Niente mezzi termini, solo appelli e sentenze radicali. Alleati (gli Usa of course) e nemici (Russia in primis). Così risposta dopo risposta, l’intervista assume le sembianze di un’escalation destinata a esaurirsi in un responso profetico: “Se l’Occidente abbandona l’Ucraina, prima o poi la guerra si sposterà a Berlino o a Parigi”.
Oggi, il Corriere della Sera (stesso gruppo editoriale) pubblica un ulteriore colloquio con il primo ministro polacco. E qui Morawiecki si scatena. Innanzitutto, ci tiene a difendere la Polonia e l’Italia dalle solite accuse lanciate da liberali e progressisti che non digeriscono l’idea di sovranismo edificata dai due governi.
“Né io, né il presidente del Consiglio Meloni siamo politici anti-Ue. Non ci sono forze politiche più pro-Ue di quelle che oggi criticano le fossilizzate istituzioni europee. La Brexit dovrebbe far riflettere tutti. L’Ue non è di proprietà dei burocrati di Bruxelles, ma appartiene alle nazioni che la compongono. E dobbiamo fare di tutto affinché i cittadini abbiano maggiore incidenza sulla direzione verso cui sta andando l’Europa. Solo così la proteggeremo dal disgregamento”. E se alcuni esitano e coltivano dubbi sull’invio di armi a Kiev, il premier polacco ritiene che il sostegno da parte degli Alleati “non può essere temporaneo”, anzi andrebbe incrementato per porre un punto definitivo alla politica di aggressione messa in campo da Vladimir Putin.
“Questi aiuti non possono limitarsi a esigue spedizioni di armi e a un pacchetto di sanzioni” avverte Morawiecki. “Sono felice non solo dell’invio di nuove attrezzature, ma della nostra unione. Questo è un segnale importante per Putin che l’Europa è risoluta”
Infatti, è proprio il premier a rivelare che, oltre alla fornitura di obici Krab, sistemi missilistici Piorun e migliaia di pezzi di munizioni di artiglieria, più di duecento carri armati polacchi stanno già prendendo parte alle operazioni militari in Ucraina.
“Non puntiamo il dito contro gli altri” incalza Morawiecki. “Ma diamo l’esempio di quanto si può fare per l’Ucraina. Se i paesi europei più forti fornissero un’assistenza della portata di quella polacca, questa guerra sarebbe finita molto tempo fa. Il sostegno a Kiev equivale a una lotta contro il tentativo russo di distruggere l’Euro-Comunità atlantica di valori e interessi”.
Parole forse apocalittiche e toni esacerbati, ma di certo consapevoli, dato che con l’imperialismo russo i polacchi hanno acquisito una certa esperienza.
“La storia ci ha insegnato che non ci si può fidare della Russia”. Secondo Morawiecki, una potenziale resa da parte di Kiev comporterebbe un allargamento del conflitto nel cuore del vecchio continente, come accadde nel 1939 quando l’Europa lasciò Varsavia schiacciata e inerme sotto il peso della croce uncinata.
Già, “la Russia è una tigre di carta, ma è pur sempre una tigre. I carri armati non basteranno per indurla a una ritirata. Ma se Putin vedrà che la nostra determinazione non sta scemando, alla fine giungerà alla conclusione che non può vincere questa guerra”.
Ecco perché Varsavia non intende fissare alcuna linea rossa in termini di aiuti ai vicini ucraini.
“In una situazione in cui in Ucraina vengono attaccati obiettivi civili, in cui muoiono donne e bambini, dove i prigionieri di guerra vengono brutalmente assassinati, tracciare una linea rossa sarebbe incoerente con la ragion di stato polacco ed europea” annuncia Morawiecki. “La nostra ragion d’essere è fermare la Russia. Da Madrid a Kiev, abbiamo un’Europa che vuole vivere in pace. Se non abbiamo la determinazione di difendere un solo Paese europeo, rischiamo di trasformare il nostro continente in una fortezza sotto assedio”.
E quando El Mundo crea un parallelismo tra l’invio di armi e un coinvolgimento diretto nello scontro bellico, il delfino di Jarosław Kaczyński non ci sta: “Non è così. Se le consegne di armi fossero sinonimo di guerra, significherebbe che l’Ucraina è in guerra con l’Iran, la Corea del Nord o la Bielorussia che stanno aiutando il Cremlino. Se accettassimo una simile interpretazione, saremmo già di fronte a un conflitto globale”.
Certo, Moraweicki non punta il dito contro nessuno, ma una frecciatina ai cugini tedeschi non può mancare. Anche perché “Berlino dichiara più aiuti di quanti ne dia effettivamente”. E Scholz? In lui permane un’idea sbagliata di Putin? A questa domanda, la punta centrale del PiS non ha problemi a sbottonarsi più del dovuto e chiude la parentesi Berlino con una replica netta: “In Germania erano convinti che fosse possibile distogliere Mosca dalle sue aspirazioni imperiali attraverso lo scambio commerciale e allo stesso tempo che non bisognasse “infastidire l’orso”. Entrambi i presupposti si sono rivelati fallaci. Per la Russia, le risorse energetiche svolgono la stessa funzione dei carri armati: sono strumenti per conquistare e rendere dipendenti”.
A rafforzare la postura di Varsavia, ben incastonata nella costellazione della NATO, sopraggiunge la notizia di una possibile visita di Joe Biden in terra polacca. Sabato il Presidente Andrzej Duda ha precisato: “La conferma spetta all’Amministrazione americana. Sicuramente, c’è un invito da parte nostra”.
In breve, la Polonia non intende smettere di presentarsi sulla scena europea come l’alleato più affidabile e strategico per gli americani, e mantiene il centro del mirino puntato sugli orologi dorati del Cremlino.